Umanità Nova, n.36 del 18 ottobre 2009, anno 89

informAzione - 2


Bologna. Un altro sfratto bloccato!

L'8 ottobre, solo grazie al picchetto anti-sfratto organizzato dagli inquilini dell'AS.I.A.-RdB e dagli attivisti di Bologna Prende Casa è stata impedita l'esecuzione di uno sfratto per morosità ai danni di una famiglia monoreddito composta da padre madre e figlio minore in via Tagliamento.
È  stato ottenuto un rinvio di un mese, tempo che dovrà essere più che sufficiente perché vengano individuate delle soluzioni e perché ogni istituzione, dall'amministrazione comunale alla prefettura si assumano le loro responsabilità, passando dalle parole ai fatti. Parole che hanno visto il riconoscimento dell'emergenza sfratti da parte dell'assessore alla casa e la dichiarata disponibilità della prefettura a trattare il problema. Come associazione inquilini e assegnatari chiediamo che vengano convocati urgentemente dei tavoli fra le parti sociali per risolvere concretamente l'emergenza abitativa. Gli effetti della crisi sono visibili anche sul territorio bolognese con l'aumento della cassa integrazione e della disoccupazione, che hanno conseguenze immediate sul problema abitativo. Lo scontro tra diritto alla casa e rendita si manifesta con sempre più violenza a scapito dei diritti delle fasce popolari. I lavoratori, gli inquilini sono nel giusto e possono ottenere dei risultati quando difendono la propria esistenza con forme di lotta organizzate.
Uscire dall'emergenza abitativa vuol dire affitto calcolato in base al reddito, ovvero incremento dell'edilizia residenziale pubblica. L'assegnazione di una casa popolare non deve essere più considerato un lontano miraggio, ma deve diventare un diritto.

Associazione inquilini assegnatari (as.i.a.-RdB)
http://bolognaprendecasa.noblogs.org/

Bologna. «giornata dell'urlo»

Nel lontano 1589 l'ex-gesuita Giovanni Botero consigliava ai sovrani d'Europa tre modi per impedire la ribellione delle minoranze di etnia o religione diversa: «avvilirli d'animo, indebolirli di forze e togliere loro il modo di unirsi insieme, perché i sollevamenti nascono o da generosità di cuore, o da grandezza di forze, o da moltitudine unita insieme» («Ragion di Stato», V, 3).
Ascoltando gli interventi al presidio del Coordinamento Migranti di Bologna tenutosi la mattina del 10 ottobre si sarebbe potuto concludere che i metodi dello Stato sono sempre gli stessi. Coloro che hanno preso la parola al gazebo posto in piazza Nettuno hanno raccontato le maniere molteplici con cui lo Stato avvilisce, sfrutta, ricatta, discrimina e opprime le lavoratrici e i lavoratori migranti, costretti a versare cifre sempre maggiori per rinnovare i permessi di soggiorno, che spesso arrivano in ritardo o addirittura già scaduti. E oggi il «pacchetto sicurezza» mette ancor più in pericolo la libertà e la vita delle persone migranti incrementando le espulsioni, ostacolando i ricongiungimenti familiari, diffondendo incertezza e paura, ponendo a rischio l'esistenza di ragazzi nati e cresciuti in Italia, ma senza alcuna garanzia di poterci restare. Anche la crisi economica e i licenziamenti pesano drammaticamente sulle spalle dei e delle migranti, che possono trovarsi a un tratto, dopo anni e decenni di lavoro regolare e contributi versati, in condizione di clandestinità o detenuti in un lager. In questo contesto di violenza legale, «la proposta di concedere il voto amministrativo ai migranti risulta una beffa, in quanto nessun rappresentante istituzionale ha mostrato la minima volontà di dare risposte ai nostri problemi».
La scelta del Coordinamento Migranti è stata quella di portare in piazza questi racconti perché «il silenzio non paga, non si può più tacere»: non tanto per ottenere una generica solidarietà, quanto per far capire che le politiche razziste dello Stato sono solo il primo anello di una catena repressiva che investe e opprime tutti i lavoratori. Sul pericolo delle discriminazioni razziste in materia di sanità e sull'impianto discriminatorio del «pacchetto sicurezza» sono poi intervenuti i medici di Sokos e del Cestas.
Scopo del presidio è stato anche di promuovere la manifestazione del 17 ottobre a Roma contro il razzismo istituzionale e per bloccare la legge Bossi-Fini. Al di là delle specifiche parole d'ordine, si tratta di una manifestazione importante perché può contribuire a ridare orgoglio, forza e senso di solidarietà alle persone migranti, in un periodo cupo di razzismo aggressivo e di disciplinamento autoritario. Perché davvero le effettive trasformazioni sociali non possono nascere che «da generosità di cuore, o da grandezza di forze, o da moltitudine unita insieme».

Redb

Palermo. Sciopero generale dei metalmeccanici

In 5000 sono scesi in piazza a Palermo in occasione dello sciopero generale dei metalmeccanici. Il corteo, partito alle 10 circa da piazza Marina, ha attraversato il centro storico della città arrivando sotto il palazzo della regione siciliana. Alla manifestazione, indetta dalla FIOM-CGIL, erano presenti diverse realtà di lotta: dagli operai della Fincantieri, ai precari della scuola, agli studenti universitari e medi. Al corteo erano presenti anche una decina di compagni del Coordinamento Anarchico Palermitano, dotati di striscione e di un volantino scritto per l'occasione. In risposta ai licenziamenti, alle delocalizzazioni, alla mancanza di commesse ed alla cassa integrazione, i compagni del Coordinamento hanno sottolineato la loro distanza dalle politiche di mediazione del conflitto tipiche dei sindacati, ribadendo la loro posizione chiara e distinta che verte sui metodi di lotta tipici di una prassi libertaria: l'autorganizzazione delle lotte per la libertà, l'autogestione della produzione e l'azione diretta.

 Nucleo FAS
"Giustizia e Libertà" - Palermo

Torino. Qui mangia brutta gente...

Se vi capita di passare in via Cecchi, sulle serrande del ristorante "Il Caminetto" vedrete una scritta nera: "Qua mangia brutta gente... Non venite".
Forse qualcuno non gradisce le passeggiate del sindaco Chiamparino in zona. Lo scorso mercoledì, prima dell'ennesimo giro di "ronda", il piccolo sceriffo subalpino pare si sia fermato proprio al "Caminetto" per penne all'arrabbiata e polpo.
Quando si è presentato ai giardinetti di via Cecchi, i residenti che si godevano il fresco dopo una giornata ancora estiva, vedendo la sua brutta faccia hanno pensato bene di andarsene.
Il giorno dopo il sindaco ha annunciato che il comune sta mettendo a punto il progetto di "riqualificazione" dei giardini di via Cecchi. In questi anni gli abitanti delle periferie hanno imparato cosa intenda l'amministrazione comunale per "riqualificazione": illuminazione stile carcere di massima sicurezza e telecamere ovunque. Ai fascisti e leghisti dei Comitati "spontanei" lampioni e occhi elettronici ovviamente non bastano. Loro vogliono una pulizia radicale. Etnica.

Qui trovate un paio di foto delle scritte al Caminetto:
http://piemonte.indymedia.org/article/5891

M. M.

Cosenza. Irruzione al campo rom

Giovedi 8 ottobre alle prime luci dell'alba un massiccio dispegamento di forze del disordine ha fatto irruzione nel campo rom di Via Popilia. Interi gruppi familiari, compresi i bambini e gli anziani malati, sono stati costretti ad estenuanti attese sotto il sole all' interno del campo, prima di essere deportati presso gli uffici della Questura di Cosenza. Il campo è in una situazione di assoluto degrado, infestato dai topi, circondato da discariche abusive di lamiere e amianto.
Ben note sono le responsabilità dell'amministrazione di Cosenza che ha finora negato il proprio intervento a proposito di acqua potabile, smaltimento dei rifiuti e questione sanitaria.
I giornalisti dal canto loro auspicano la cacciata dei rom e lo sgombero della "cittadella della vergogna", ma si guardano bene dal fare inchiesta sui veri mali che affliggono la nostra vallata.
Nonostante le televisioni nazionali raccontino di interi quartieri costruiti senza alcun controllo pubblico, di milioni e milioni di  euro dei finanziamenti europei spariti nelle casse degli studi professionali, di intrecci perversi tra malavita e politica, di inquinamento d'ogni genere e forma... i rom ed i rumeni rimangono al primo posto nella classifica della paura.  
Il peggio è stato evitato grazie alla tempestiva presenza di Enza, attivista antirazzista della Kasba, che è riuscita a impedire che almeno i bambini fossero portati in caserma. Al campo non è stato trovato nulla, né coltelli, né droga o armi. Tuttavia i rom sono stati intimati di allontanarsi dal territorio nazionale, pena tre anni di carcere. La motivazione sarebbe che 80 persone non riescono ha dimostrare come vivono - come tanti a Cosenza -  non hanno domicilio riconosciuto e quindi sono socialmente pericolose! Si tratta di una pulizia etnica a sfondo sociale!

Da una comunicazione di Oreste

 

Torino. Antimilitaristi in piazza... e gli alpini se ne vanno

Torino 8 ottobre. Nessuna pace per chi fa guerra
L'appuntamento è tra corso Brescia e corso Giulio Cesare. In quest'angolo di Barriera di Milano da qualche tempo c'è una postazione fissa di alpini. Camionetta, uomini in mimetica, armi. Come in Afganistan. D'altra parte gli uomini sono gli stessi: sei mesi a far la guerra in Asia, sei mesi a far la guerra nelle nostre periferie.
Lo spazio antimilitarista apre intorno alle sei di sera. Gli alpini sono all'angolo scortati da una camionetta di poliziotti e da un fitto nugolo di uomini della Digos.
Gli antimilitaristi non fanno in tempo a piazzare banchetti e striscioni che gli alpini se la filano via, lasciando libera la zona. Per una sera questo scampolo di quartiere è restituito a chi ci vive.
Vengono issati gli striscioni "Fuori i militari dai quartieri!", "Fuori i razzisti. Casa per tutti", "basta retate". Chi passa si ferma, legge i volantini, da un'occhiata alla mostra sul pacchetto sicurezza e i pannelli "Sicuri da morire" con foto sulle torture e le violenze dei "nostri" militari in missione di pace.
Molti gli immigrati che leggono, scambiano quattro chiacchiere, ringraziano per il – purtroppo momentaneo – allontanamento degli alpini. Non poteva mancare un saluto al ministro dell'Interno Maroni, che ha trasformato un incubo in realtà. Fare la guerra e chiamarla sicurezza.
Uno striscione giallo con la scritta "offri un... a Maroni" e, in mezzo, ben visibile, un dito medio levato, ha fatto la sua comparsa in strada. Ben tre triscioni "gemelli" di quello erano stati strappati a forza dalla polizia ma nuovi cloni compaiono di tanto in tanto. Gli antimilitaristi hanno salutato con calore il ministro di polizia: "Maroni leghista sei il primo della lista!", "A piazzale Loreto c'è ancora tanto posto... Maroni, baffetto, per te c'è un angoletto!" Ma in quell'angolo ci torneremo perché anche questo è un modo per mettersi in mezzo. Per fermare la guerra non basta la testimonianza perché la guerra è qui, nelle nostre città, nei quartieri dove uomini armati pattugliano le strade. È guerra interna. Contro i poveri, gli immigrati, i senza casa. Quante case, ambulatori, asili nido si potrebbero aprire con i soldi usati per tenere gli alpini all'angolo di una strada?
Questa non è sicurezza, è occupazione militare.
Cacciamoli via.

Foto a quest'indirizzo:
http://piemonte.indymedia.org/article/5949
Con quest'iniziativa è partito un lungo ottobre antimilitarista, contro la mostra mercato dell'industria di guerra. Si prosegue il 14 con un incontro antimilitarista, il 17 con un presidio in piazza, il 24 e 25 con il meeting antimilitarista. E poi ogni giorno in giro per la città.
M.M.

Torino. I "portoghesi" del tram 4

Un viaggio in tram a Torino ormai da anni rischia di trasformarsi in una brutta avventura per tanti di quelli che ci viaggiano. Controllori/sceriffi spesso accompagnati da vigili e poliziotti provano a fare cassa sulle spalle della povera gente e vanno a caccia di immigrati senza carte.
Negli ultimi tempi hanno preso di mira il tram 4.  Mercoledì pomeriggio un gruppo di antirazzisti sono saliti su numerosi tram della linea 4: qualcuno distribuiva volantini mentre altri, con un piccolo megafono, parlavano con i viaggiatori. Tanti, tantissimi gli immigrati e gli italiani. Molti hanno apprezzato l'iniziativa, raccontando a loro volta le proprie storie.
Facciamo un passo indietro. La linea degli scrocconi. Così l'ha chiamata qualche giorno fa "La Stampa", la "busiarda – bugiarda" come la chiamano da sempre i torinesi. Con il 4 si va dalla Falchera a Mirafiori, passando per Barriera e Porta Palazzo. Chi ci va, stretto stretto con le borse della spesa in mano, di solito conta il centesimo per arrivare alla fine del mese. Pensionati, lavoratori, studenti, tutta gente che il biglietto a volte non ce la fa a pagarlo, perché la crisi – dicono che sta passando, ma nessuno se ne accorge – morde la vita di tanti. Di troppi. E, come sempre, quando molti tengono la testa bassa, la crisi dei padroni la paga chi lavora, magari in nero, magari rischiando la vita e la salute. Si sono spesi miliardi per le Olimpiadi: i soliti noti – amici e compari di chi governa - hanno mangiato e digerito già da un pezzo la loro fetta di torta. C'è bisogno di fare cassa ed ecco frotte di controllori sui tram, così i buchi di bilancio li fanno pagare alla povera gente. 70 euro a capoccia, 25 se li sganci subito. È tempo che la crisi la paghino i padroni: trasporti pubblici gratuiti per tutti!
Ci raccontano la favola triste che la colpa di tutto è dei più poveri, degli immigrati che fanno i lavori che nessun italiano fa più, di quelli che lavorano senza carte nei cantieri o si occupano per pochi soldi dei nostri vecchi. Tanti cascano nella trappola e battono le mani quando sui tram con i controllori salgono vigili o poliziotti a caccia di chi non ha documenti, di esseri umani come noi, nati in paesi dove la povertà è ancora più nera che qui. Gente che ha affrontato deserto, prigioni, torture e stupri in Libia, carrette del mare e mercanti d'uomini, pur di dare un futuro ai propri figli.
Pochi anni fa gli immigrati venivano dal sud, dal Veneto, dal Friuli per costruirsi una vita diversa, forse migliore. Allora dicevano che i meridionali erano tutti delinquenti, mafiosi e camorristi. Oggi dicono lo stesso di marocchini, nigeriani, cinesi... Eppure, la maggior parte di loro, la gente dei quartieri popolari, la vede partire ogni mattina per andare al lavoro. Proprio come i loro genitori.
Anche allora era dura: in fabbrica e nei quartieri, dove non c'erano servizi, scuole, case. Anche allora il razzismo verso gli ultimi divideva la gente, ma poi, poco a poco, tutti compresero che il nemico non era l'immigrato meridionale, ma i padroni che si arricchivano sulla pelle di tutti.
La guerra tra poveri fa comodo a chi vuole che gli ultimi siano divisi, incapaci di reagire, di lottare per un futuro migliore di questo presente, che non da prospettive a nessuno, italiano o immigrato, con le carte o senza le carte. Con il biglietto o senza il biglietto. Anche una corsa in tram può essere un'occasione. Un'occasione per puntare sulla solidarietà contro il razzismo. Un'occasione per dare una mano a chi rischia molto più di una multa: chi non ha le carte viene rinchiuso in un CIE – Centro di identificazione e Espulsione - anche per sei mesi prima della deportazione in un paese dove non vuole e non può più vivere. In questi ultimi mesi nei CIE, le galere per immigrati, come quello di corso Brunelleschi a Torino, decine di uomini e donne hanno tentato la fuga, si sono ribellati, facendo lo sciopero della fame, tagliandosi le braccia per non essere riportati verso carestia, guerra, persecuzioni.
I controllori della GTT collaborano attivamente alle retate, lavorando fianco e fianco con vigili e polizia. Ogni tanto interi autobus vengono bloccati per dare la caccia ai clandestini.  Chi sta a guardare e non fa nulla, chi addirittura plaude, diventa complice dei razzisti, di chi divide la gente in uomini e no.
È tempo che ciascuno decida da che parte stare.

M. M.

Per info e contatti con: "Resistere al razzismo"; mail noracism@inventati.org; tel. 338 6594361

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