È da poco uscito per i tipi di Sensibili alle foglie il libro
di Nicoletta Poidimani Difendere la "razza". Un libro utile ed attuale,
e non certo per banali considerazioni metaforiche tra il Duce e il
Cavaliere che tanto sono di moda attualmente tra le "democratiche"
opposizioni parlamentari.
Sin dal titolo l'urgenza di relazionare termini quali "razza" e
"politiche sessuali" rimanda alla quotidianità, agli stupri
ormai sempre più "etnicizzati" per rimuoverne lo storico ambito
familiare di appartenenza, e agli appelli fascisti a preservare la
casta integrità italiana contro lo stupratore immigrato pronto a
violarla. Un esercito di patrioti, spesso e volentieri stupratori delle
"proprie" donne, pronti a difendere il sangue, il suolo e la vergine
tricolorata.
Nell'indagine di Nicoletta sulla conquista mussoliniana dell'Africa
ricorrono gli stessi indici culturali, in un contesto storico
profondamente mutato, ma che ancora oggi sembra "soffrire" il rifiuto
del meticciato.
L'analisi storica prende le mosse dal dibattito sulle politiche
coloniali del giovane Stato unitario italiano, rievocandone alcuni
protagonisti - oggi definiti eroi liberali – come Sonnino, preoccupato
del "dissanguamento" della patria per i molti emigranti (quindi per i
molti profitti) finiti all'estero, e convinto della necessità
immediata di offrire loro la terra promessa cercata altrove.
Se la nascita dell'Italia come nazione rende possibile una politica
imperialista – seppure un po' stracciona – e pone all'ordine del giorno
la politica coloniale, di pari passo si svolge il simmetrico dibattito
sull'inferiorizzazione post-unitaria del Meridione. Inizia così
ad approfondirsi il problema dell'omogeneità e della purezza
della "razza". Concetto antico ma, notoriamente, di difficile
definizione, nella sua accezione moderna deve offrire la
capacità di "classificare", quindi di "gerarchizzare" la natura
umana in modo scientifico. Il positivismo consente quindi alla "razza"
di usufruire di una ideologia sistematica per diventare ben presto
norma statale e principio amministrativo. Sembra incredibile che un
concetto astrattamente indeterminato e metafisico come "la razza" possa
essere stato, per gli studi accademici tra il XIX e la prima
metà del secolo XX, uno dei laboratori interdisciplinari
più fecondi. A definire (senza riuscirci e disattendendo uno dei
principi cardine delle scienze, l'universalità come presupposto
di verità) il concetto di "razza" contribuiranno la linguistica,
la craniologia, l'anatomia, la criminologia, la storia ma anche
l'antropologia, la teologia, la sociologia, l'economia, la demografia
(disciplina largamente sviluppata, guarda caso, nel fascismo), ecc.
Impossibile recuperare un benché minimo senso di
omogeneità all'ambizione più grande dello scientismo
razziale, ed i veri problemi – emersi dalla precisa analisi del libro
di Nicoletta – nascono quando si cerca di legiferare e imporre
un'astrazione indeterminata come la "razza" su corpi storicamente
determinati.
Le contraddizioni più grandi saranno rese evidenti dal pasticcio
cultur-prop mussoliniano di forgiare italiani produttivi e riproduttivi
e italiane madri infaticabili. Si avrà subito - nel mito
coloniale costruito ad arte per offrire ai tanti braccianti privi di
terra la possibilità immediata di diventare "proprietari" - uno
strappo ideologico lacerante tra l'iniziale sensuale conquista della
terra vergine (non a caso definita come una pagina di "porno-tropic
tradition" da Anne McClintock), e il successivo pericolo del meticciato.
Il regime tenterà quindi di trasformare l'iniziale promessa
della Vergine nera, ipersessualizzata, pronta ad essere conquistata
(qualsiasi cosa questo potesse significare), nella sua riduzione a
schiava, invisibile alterità meno che oggettiva, portatrice sana
o malata di sifilide, priva di qualunque voce giuridica. Si
giungerà a perseguire penalmente i maschi italiani conviventi
con donne africane, e un'aggravante determinante per la condanna
sarà la manifestazione dell'affectio maritalis, in ossequio agli
ordini perentori di mussoliniana virilità procreativa e
virtù paterna. Nella sostanza per le donne si apriranno le porte
dello sfruttamento sessuale e dello stupro, quando non riusciranno a
usare a proprio favore la legge contro i rapporti di "indole coniugale"
come strumento di resistenza alla violenza e alla schiavitù
sessuale.
Quindi difendere il "meticciato" è impossibile, pena la perdita
di "senso" del colonialismo, fondato su un'invalicabile e irriducibile
distinzione tra colonialista e colonizzato: differenza razziale farcita
inesorabilmente di conseguenti differenze di genere e classe, italiani
colonialisti e africane colonizzate, italiani proprietari e africani-e
espropriati delle proprie terre.
Se questo intreccio di "razza", sesso e genere parla un linguaggio
conosciuto ancora oggi, significa che i dispositivi di controllo del
conflitto e della produzione-riproduzione agiscono ancora su e contro
gli stessi soggetti: migranti, donne, colpevoli di essere poveri-e.
Solo un sadico potrebbe divertirsi, in periodo di recessione, ad
insistere nel legare il diritto di esistenza (chiamato permesso di
soggiorno) ad un contratto di lavoro, foglio ormai sconosciuto anche ai
nativi e ancor più alle native del Belpaese.
L'estrema attualità ed urgenza dell'analisi di Nicoletta va
forse oltre i contenuti storici del libro, e risiede nell'aver offerto
spunti fecondi di approfondimento a chi ancora riesce a leggere il
passato in ciò che ha di fronte, e di farlo senza facili e
opportunistiche sovrapposizioni, utili a salvare la barbarie quando ha
un diverso copyright.
Per dirla con le sue parole: «che gli italiani in colonia
facessero della "coscienza di razza" una "seconda natura" ne garantiva
ciò che Foucault definisce "governamentalità",
cioè l'interdipendenza tra le tecnologie del dominio sugli altri
e le tecnologie del sé».
Se il fascismo è anche un "metodo" di controllo, oltre che di
repressione, non possiamo che offrire i nostri metodi di
"indigenamento" e "insabbiamento" per meticciare ogni più
piccolo ambito di conflitto e autodifesa.
Margue.
Nicoletta Poidimani, «Difendere la "razza". Identità
razziale e politiche sessuali nel progetto imperiale di
Mussolini», Ed. Sensibili alle foglie, 2009, 208 pagine, Euro 16.