Umanità Nova, n.37 del 25 ottobre 2009, anno 89

La prossima crisi


Si moltiplicano i sintomi che segnalano il superamento del punto di minimo della fase recessiva. Qualcuno, forse con un ottimismo un po' anticipato, ha concluso che stiamo per uscire dalla crisi. La fase congiunturale che si sta aprendo in questo autunno del 2009 sarà particolarmente dolorosa per le classi sociali meno agiate. La disoccupazione, conseguente alla chiusura di numerose aziende, continuerà a mordere sempre più a fondo i lavoratori. La diminuzione della quota di reddito percepito dai ceti produttivi si tradurrà in una stagnazione dei consumi interni che penalizzeranno anche le imprese rimaste in attività. Il rischio di un avvitamento di tali andamenti non è stato ancora scongiurato.
Nel frattempo, per la prima volta nella storia italiana, chi ha acquistato dei titoli di Stato (i Bot trimestrali offerti in asta il 10 settembre) ha dovuto accollarsi un rendimento netto negativo. Proprio così. Il risparmiatore che ha prestato al governo italiano mille euro ne otterrà, alla scadenza, 999! È la conseguenza di un rendimento lordo dello 0,385% cui vengono detratte le imposte e le commissioni dovute alla banca. Torna in auge il vecchio suggerimento popolare di tenere il denaro contante sotto il materasso. Un bel problema per le persone che, volendo evitare investimenti rischiosi, cercano di difendere i propri sudati risparmi dall'inflazione.
Ben diversi si presentano i risultati conseguiti dalle grandi banche che, nel secondo trimestre di quest'anno, hanno archiviato bilanci con ricavi enormi: 32 miliardi di dollari per Bank of America, quasi 30 miliardi per Citigroup, 25 miliardi per JP Morgan, Goldman Sachs poco meno di 14 miliardi, etc. La prima considerazione riguarda la natura di questi profitti: secondo i calcoli di «Analisi mercati finanziari» del Sole 24 Ore, in media, il 59% dei ricavi ottenuti dalle grandi banche derivano da attività di trading, dividendi e commissioni. "Insomma: le banche mondiali assomigliano oggi più a fondi che a istituzioni creditizie. Più che finanziare imprese e famiglie, speculano sui mercati."(1) Non vi è dubbio che gli investimenti fatti dalle banche si siano rivelati molto più redditizi di quelli del piccolo risparmiatore che acquista Bot. Si tratta di abilità da parte degli istituti di credito o c'è qualche elemento sistematico che sta aiutando le banche nella loro performance reddituale?
Nell'arco degli ultimi dodici mesi, per fronteggiare il possibile collasso finanziario, le banche centrali hanno immesso sui mercati interbancari titanici flussi di liquidità a tassi di interesse da saldi di fine stagione. Tutto questo denaro a basso costo in circolazione ha permesso la ripresa di ogni tipo di mercato finanziario: obbligazionario, azionario e delle materie prime. Banche soprattutto, ma anche compagnie di assicurazioni e hedge fund non si sono fatti sfuggire l'occasione per rifarsi i conti. "Le banche – testimoniano ormai tutti gli operatori – approfittano dei tassi a breve termine bassissimi per realizzare guadagni quasi «automatici» sul mercato dei titoli di Stato. Basta prendere in prestito soldi dalla Bce (pagando l'1%) e comprare un titolo di Stato tedesco biennale (che ieri rendeva l'1,21%) per guadagnarci con rischi minimi."(2)  Beh, non è male. Purtroppo queste regole del gioco valgono solo per le grandi banche e non per i piccoli risparmiatori.
È suggestivo osservare che le manovre poste in essere dalle autorità pubbliche, invece di sanzionare gli istituti di credito, in buona parte responsabili della genesi della crisi attuale, consentano loro di tornare a fare affari come se non fosse successo nulla. Questo meccanismo dell'indebitamento a breve per investire a lungo termine alla ricerca di profitto è il fattore fondamentale sulla base del quale l'economista Hyman Minsky, uno dei più originali interpreti della lezione keynesiana, sosteneva che il sistema bancario opera costantemente in regime di speculazione.
Una marcata accentuazione della componente speculativa delle attività tipiche del settore creditizio, proprio all'indomani di un tracollo che solo grazie alle migliaia di miliardi di euro stanziate dai governi di tutto il mondo (con il denaro dei contribuenti) non si è trasformato nel definitivo collasso del sistema finanziario globale, appare quanto meno avventata. Anche alla luce della fase recessiva che, seppur in attenuazione, è tutt'ora in atto.
Si stanno gettando le basi del crollo prossimo venturo?

Toni Iero

Tratto da Cenerentola, n.117

1 Morya Longo, Dalla speculazione il 59% degli utili per le banche, Il Sole 24 Ore, 11 settembre 2009
2 Ibid.

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