Umanità Nova, n.37 del 25 ottobre 2009, anno 89

Meritocrazia e selezione di classe


La retorica della meritocrazia ha sempre imperversato nel mondo accademico. Anche nell'ambito delle mobilitazioni studentesche dello scorso anno erano in molti a partire dal presupposto che la meritocrazia, in una società dominata da clientelismo e corruzione, fosse la panacea di tutti i mali. Anche se il movimento era composto da diverse correnti di pensiero, coloro che avevano un atteggiamento critico nei confronti del meccanismo meritocratico venivano spesso attaccati in quanto la loro visione sembrava 'poco pragmatica', ideologica ed utopistica.
In realtà quello meritocratico è un sistema tutt'altro che innovativo e tutt'altro che idilliaco. E' un sistema fortemente radicato a vari livelli sia in università che nel resto della società. In ambito universitario il sistema, già attualmente in vigore, ha pesanti ripercussioni sulla vita degli studenti.

La soggettività del merito
Innanzitutto bisogna chiarire un punto fondamentale: il termine 'merito' si rifà inevitabilmente ad una visione soggettiva, in quanto ciò che per una persona può essere degno di lode, per un'altra potrebbe non esserlo o addirittura essere degno di biasimo. Considerando che in un sistema meritocratico ogni riconoscimento viene assegnato esclusivamente in base al merito individuale, ecco che diviene di fondamentale importanza capire in base a quali parametri si svolge la valutazione. Questi parametri non sono espressione di un giudizio universalmente accettato, ma di una ben precisa idea della società e dei rapporti che la regolano. I criteri che al giorno d'oggi vengono utilizzati per valutare il rendimento dello studente universitario vanno quindi interpretati sulla base delle logiche che regolano il sistema universitario.

Incentivi e disincentivi: come si penalizzano gli studenti-lavoratori.
Se uno studente passa molti esami con voti alti, può godere di una riduzione delle tasse, mentre se non si laurea in tempo e va fuori corso si trova a dover pagare una somma aggiuntiva.
Un sistema di questo tipo può andar bene per uno studente con reddito medio-alto, che ha la possibilità di studiare a tempo pieno (anche se questo può precludergli la possibilità di svolgere attività esterne al corso di laurea). Ma lo stesso non si può dire per gli studenti meno abbienti, per i quali anche le borse di studio ed altri incentivi sono vincolati ai voti e al numero di esami conseguiti. In tale situazione lo studente si ritrova obbligato a tenere un determinato ritmo di studio, che spesso risulta troppo frenetico per permettere una buona assimilazione dei contenuti delle materie.
Ovviamente coloro che più sono penalizzati da questo sistema sono gli studenti-lavoratori. E' chiaro che uno studente che deve lavorare per mantenersi non può riuscire a seguire corsi, preparare esami e fare stage non retribuiti, alla stregua di uno studente a tempo pieno. In Italia stentano a venir approvati provvedimenti per incentivare coloro che lavorano e vogliono contemporaneamente seguire l'università. Al contrario, invece, questi studenti vengono sempre più penalizzati. Non solo sono sfavoriti dal punto di vista economico, in quanto non rientreranno mai negli standard richiesti per gli incentivi, ma ci sono anche altri fattori che contribuiscono a sfavorire chi non può seguire le lezioni. In molti corsi a frequenza obbligatoria gli studenti sono costretti ad essere presenti a lezione, pena l'impossibilità di dare gli esami; in altri invece i professori penalizzano chi non frequenta incentrando i loro esami su quanto spiegato in classe invece che su quanto si trova nei libri di testo. E ovviamente gli orari dei corsi non sono mai pensati in modo che studio e lavoro si possano conciliare.

Corsi a numero chiuso: come si limita la libertà di scelta.
Un'ulteriore forma di discriminazione che si cela sotto un sistema apparentemente meritocratico è l'introduzione di sempre più corsi a numero chiuso, che limitano pesantemente le possibilità di scelta dei singoli. Si tratta di un meccanismo che dovrebbe favorire i più competenti, ma invece di valutare il rendimento dello studente in quella facoltà, fa una sorta di controllo 'preventivo' sulle sue conoscenze, prima che questo vi possa accedere. L'impegno del singolo spesso non è sufficiente per garantirne l'ammissione. Infatti anche una persona che risulta idonea può venire esclusa se ci sono troppi candidati e la qualità dell'educazione ricevuta negli anni precedenti gioca un ruolo molto importante. Le recenti devastanti politiche in tema di scuola pubblica influiranno, quindi, sempre di più sulle possibilità di accesso all'università.
Inoltre i quiz spesso non sono per nulla pertinenti con l'oggetto di studio del corso e richiedono conoscenze che difficilmente si acquisiscono nelle scuole superiori. Queste selezioni sembrano quindi avere come unico scopo quello di limitare l'accesso ad un determinato numero di persone. Le uniche che avranno poi la possibilità di accedere ad una determinata professione.
Insomma, tutta questa tanto incensata 'meritocrazia' in realtà non è altro che il frutto di una vecchia logica gerarchica, che insegue un'idea di merito e di eccellenza basata sulla competizione, in linea con la logica dell'attuale sistema economico. La vera conoscenza si dovrebbe basare sulla cooperazione e non dovrebbe essere utilizzata come mezzo di prevaricazione. Invece in questa ottica il sapere non è più considerato un diritto da condividere, ma un privilegio da conquistare, in un clima di competizione serrata. A farne le spese saranno sempre le persone più svantaggiate e in questo modo si riprodurranno nel campo del sapere le stesse logiche classiste che vigono nell'economia capitalistica.

Valentina

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