Umanità Nova, n.37 del 25 ottobre 2009, anno 89

Ddl Aprea e scuola-azienda


Negli ultimi 7-8 anni ho partecipato ininterrottamente all'organizzazione e alla riuscita di scioperi, incontri, assemblee e mobilitazioni nazionali e locali su queste questioni. Quello che mi ha personalmente arricchito, e che è stato elemento di "qualità" per la riuscita delle mobilitazioni stesse, è in qualche modo dovuto al fatto di aver lavorato dal "punto di vista" sindacale (cioè dal punto di vista di chi nella scuola e nell'università ci lavora) piuttosto che direttamente dal punto di vista del rispetto dei diritti previsti a tutela dello studente.
Un punto di vista valido come gli altri ma forse di più ampio respiro. In che senso?
In questi giorni leggevo con soddisfazione, e anche con un pizzico di autostima, che oggi non esiste una piattaforma in cui non si chieda il ritiro immediato del Ddl Aprea (1). Già a partire dalle mobilitazioni d'epoca morattiana, e poi in maniera più marcata con Fioroni ministro, ricordo benissimo che nel denunciare quell'idea di sistema formativo elaborato da Aprea venivamo considerati un po' dei matti, come se fossimo svincolati dal reale e dalla battaglia in corso, e quindi spesso attaccati non solo da CGIL-CISL-UIL ma anche dalle loro organizzazioni giovanili (UdS, UdU, etc.)
Non tutti sapevano che quell'impianto era contenuto in un libro di Valentina Aprea intitolato La scuola che non c'è edito da Mondadori nel 1998 con prefazione di Silvio Berlusconi [...]
Il modello di sistema scolastico ed universitario esposto in quel testo, in perfetta sintonia con il liberismo dilagante e con tutta la miseria politica e sociale che esso produce, è stato il filo conduttore – passo dopo passo, un pezzetto alla volta, attuato un po' per volta – dall'autonomia a Moratti a Fioroni a Gelmini, fino al rischio di vedercelo trasformato in legge dello stato.
C'è stata dunque una cecità (o convenienza?) di molti nel non vedere un percorso che, in vista di un obbiettivo da raggiungere, ha sviluppato nel tempo tutte le premesse per la sua stessa attuazione. E questo percorso, come dicevo prima, era ben visibile leggendo i fatti dal punto di vista del lavoratore di quel particolare sistema, nelle dinamiche del conflitto capitale-lavoro in cui sono immersi i lavoratori di quel settore (all'epoca, le mode del movimento non ci definivano precari bensì "cognitari").
In qualche modo, però, troviamo ora alcuni dei vecchi sostenitori di quel modello contro di esso (speriamo non in termini strumentali), e questo è senza dubbio un passo importante, perché porta molti a schierarsi definitivamente contro il modello aziendalistico e contro il concetto stesso di scuola o università "azienda" e/o di formazione "merce"; sembra, in pratica, che non serpeggi più nelle assemblee l'idea fino a qualche anno fa diffusa di azienda "buona", forse perché il dirigente stava con il centrosinistra o perché era diventato dirigente perché era stato un pezzo grosso del sindacato (per lo più CISL e CGIL).
Io penso che questo passo in avanti sia il frutto non solo delle conseguenze delle pesanti condizioni che vivono i lavoratori e della diffusione della precarietà di massa e della disoccupazione, ma anche di un buon lavoro fatto dai sindacati di base, tutti, nel non mollare sulla questione nonostante sconfitte su sconfitte e vertenze perse.
Inoltre, al di là delle polemiche purtroppo sempre vive […] ciò è stato ovviamente anche merito di tutti quei movimenti che hanno saputo operare connettendo il proprio agire in questa direzione, saldando con le analisi di cui sopra un certo tipo di gestione del conflitto-progetto (do per scontato il nesso scuola azienda - perdita di qualità dell'educazione intesa quale potente mezzo di crescita culturale, di sviluppo di capacità critiche e di denuncia dell'esistente, di elemento d'emancipazione sociale).
Personalmente, e sottolineo, parlo al di là di ogni polemica in corso, ho lavorato e lavoro molto bene con le uniche realtà di base presenti sul mio territorio, cobas e unicobas, e mi sento in tutta sincerità di consigliare non solo agli studenti, ma soprattutto ai lavoratori di scuola e università, di essere presenti in queste battaglie e di continuare a mettere al centro di esse proprio la questione del Ddl Aprea, in quanto elemento di unione e al contempo "contenitore" di tante contraddizioni, a partire da quella tra qualità della vita/del lavoro/dell'educazione ed economia capitalista.

Edo

1 Le "Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti", contenute nel Ddl Aprea, mirano sostanzialmente a fare della scuola un'azienda, all'insegna del regionalismo, dell'entrata dei privati, del mercato, della riduzione della rappresentanza sindacale. Così fondazioni, consigli di amministrazione e consulenti privati diventano i protagonisti del "rinnovamento della scuola", tutte le norme per il reclutamento e la carriera dei docenti vengono riscritte, gli spazi di contrattazione sindacale sono ridimensionati e le RSU scuola abolite. Viene istituita una rappresentanza sindacale unitaria regionale per i docenti e l'area contrattuale della docenza. Cfr. anche http://www.unicobas.it/cost18708.htm  [ndr]

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