A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
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Nella firma del contratto dei metalmeccanici da parte della Cisl e Uil di categoria si evidenziano tre punti fondamentali:
1) L'aumento salariale è sostanzialmente una presa in giro: si
tratta di 13 euro netti, per il 2010, per i lavoratori di 3°
livello, categoria maggioritaria nei metalmeccanici.
2) È stata sottoscritta, in modo unilaterale, una modifica delle
modalità contrattuali, in applicazione dell'accordo che
dà corso al "nuovo modello di relazioni sociali", con il
passaggio dalla "concertazione" alla "collaborazione", come previsto
dall'accordo quadro riforma assetti contrattuali sottoscritta il 22
gennaio da Cisl e Uil.
3) Il rinnovo contrattuale sarà applicato a tutti i lavoratori
metalmeccanici, sottraendosi alla approvazione dei lavoratori stessi.
Come risposta immediata ci sono stati scioperi spontanei in molte
aziende, dove i lavoratori hanno fermato la produzione, sono usciti dai
cancelli, improvvisando presidi e blocchi stradali. Questo si è
verificato nelle principali città: Torino, Milano, Genova,
Livorno, Napoli, Reggio Emilia, Brescia, Bologna, Forlì, Porto
Marghera, Firenze, Padova, Vicenza, Terni, ecc. Sono state coinvolte le
principali aziende, dalla Fiat di Mirafiori alla Marcegaglia
(proprietà dell'omonimo presidente di Confindustria).
Massimiliano Murgo, RSU Flmu-Cub della Marcegaglia Buildtech di Milano,
ha dichiaro: "Alla notizia della firma la RSU è immediatamente
scesa nei reparti e bloccato le linee. Un buon numero di operai si
è fermato e ha presidiato per un'ora i cancelli.
Siamo rientrati in fabbrica per programmare, insieme agli altri metalmeccanici, iniziative più incisive e conflittuali.
Questa volta non devono passare! Anche contro questo accordo di merda
dobbiamo mobilitare quanti più lavoratori possibili nella
giornata del 23 ottobre."
Il 13 ottobre, nella giornata del passaggio definitivo alla nuova
proprietà della INNSE, si è rischiato per un momento che
potesse andare tutto all'aria. Si era sparsa la voce che Silvano Genta
(il vecchio proprietario) stava bloccando la trattativa, perché
non voleva riconoscere i 150 mila euro reclamati dagli operai per
diritti pregressi (ferie, assegni familiari, chiusura non concordata,
ecc.)
A questo punto una ventina di lavoratori del presidio fuori dai
cancelli decidono di entrare in fabbrica, dove il figlio Armando stava
raccogliendo i rottami per sgomberare il campo al nuovo proprietario,
trattenendolo in ostaggio fino alle sette e mezzo di sera (per due
ore), quando è arrivata la comunicazione che Genta padre aveva
firmato.
"Gli operai della INNSE sono stati tutti riassunti, 12 sono
rientrati a lavorare, gli altri sono in cassa integrazione
finché saranno rimesse in moto le macchine smontate da Genta e
finché non verranno completate le operazioni di manutenzione
straordinaria della fabbrica."
Nell'incontro che si terrà in Prefettura Genta dovrà
spiegare alla delegazione degli operai INNSE la sua resistenza a
saldare "ai suoi ex dipendenti i salari arretrati".
Nello stesso incontro si chiederà al Prefetto "il ritiro delle
decine di multe arrivate ai sostenitori della INNSE, per il blocco
della tangenziale est".
Si intende che, in caso di risposta negativa, si "troverà spazio
e modo di esprimersi" per una protesta non più contenibile.
I lavoratori dell'Akzo Nobel di Lodi (MI), in totale 184, per
difendere il loro posto di lavoro, come estremo atto di protesta da
lunedì 19 sono in sciopero della fame davanti alla fabbrica.
L'azienda, leader nella produzione di vernici, filiale italiana di un
gruppo olandese, è occupata dai lavoratori dallo scorso mese di
settembre (vedi Bel Lavoro n.33), dopo la decisione improvvisa della
direzione aziendale di chiudere l'attività entro il 31 dicembre.
Dopo le "salite sui tetti" da parte di molti lavoratori e il ricorso,
come in questo caso, allo sciopero della fame, è auspicabile che
si passi alla ribellione generalizzata.
Se non ora… quando?
Lo stesso identico lavoro, nel medesimo luogo, a condizioni contrattuali e salariali fortemente penalizzanti e precarie.
E questa volta senza neppure la scusa della crisi, ma solo con
l'evidente intenzione di una "innovazione" che consenta di risparmiare
sul costo del lavoro.
Per 24 dei 74 lavoratori del gruppo alberghiero Monrif, i dirigenti,
sostenuti dalla Confcommercio di Bologna, vogliono il passaggio a
cooperative di servizi; se non accettano, partono i soliti ricatti:
licenziamento e vita difficile sul posto di lavoro.
Ma la resistenza dei lavoratori è difficile da piegare: sono
già arrivati al settimo giorno di sciopero e non hanno nessuna
intenzione di arrendersi. In occasione dell'ultima giornata di
astensione dal lavoro si sono ritrovati di fronte alle sede della
Confcommercio di Bologna e hanno deciso di occuparla per tenervi al suo
interno un'assemblea. I padroni si sono innervositi: il boss di
Confcommercio Alessandro Tonelli, incazzato nero, la prima cosa che ha
fatto, non è stata quella di ascoltare le ragioni dei
lavoratori, ma di correre subito al balcone per strappare le bandiere
di RdB che nel frattempo i lavoratori avevano esposto.
Poi, da bravo padrone impaurito, ha chiamato la polizia. Tagliano il
salario minacciando il licenziamento, ricattano e se protesti chiamano
la polizia.
Niente di nuovo sotto il sole: questa è l'etica dei padroni.
Il 7 ottobre si è avuta un'altra giornata di lotta (vedi Bel
Lavoro n.34) da parte dei lavoratori organizzati dalla Cub, con
manifestazione davanti alla sede dell'Hotel Hilton. Contro il
licenziamento a primavera di 30 lavoratori e lavoratrici, sostituiti
con addetti di cooperative esterne, per aver una mano d'opera meno
pagata e più precaria.
Il 15 ottobre le lavoratrici e i lavoratori hanno organizzato una
mobilitazione serale e notturna davanti all'albergo, con gazebo, musica
e un camper per ribadire che i licenziamenti non debbono passare.
Ricordiamo che l'Hotel Hilton ha già subito una condanna per
"attività antisindacale per la sostituzione con personale a
termine delle dipendenti scioperanti durante lo sciopero del 22 maggio".
La lotta, che vede le donne immigrate in prima fila, continua… fino alla vittoria.