Umanità Nova, n.38 del 1 novembre 2009, anno 89

Il prezzo delle "mele marce"


La differenza con "L.A. Confidential" di James Ellroy è che i poliziotti corrotti erano tre, mentre per la nota vicenda del Governatore della Regione Lazio, Piero Marrazzo, i carabinieri corrotti sono quattro, uno in più. Soltanto uno? E quanti, se no? Per il momento, non ci è dato saperlo, e poi – si sa – le mele marce in un cesto non possono che essere poche, come ha spiegato il comandante provinciale dei Carabinieri di Roma, il generale Vittorio Tomasone: «Si tratta di un fatto circoscritto.» Sicuro. Ma quanto "circoscritto"? E che dire del verminaio fatto di collusione fra forze dell'ordine, stampa sensazionalistica, criminalità organizzata, prostituzione, traffico di droga e potere politico?
Certo è che la vicenda di via Gradoli (do you remember?) ha sollevato, e solleverà molta polvere in modo da non far più intravedere la distinzione netta fra ricattati e ricattatori, poiché ogni qual volta il sistema d'informazione del potere usa l'arma dello scandalo è sempre per coprire uno scandalo ancor più scandaloso. Lo hanno fatto prima con le escort di Berlusconi, lo fanno ora con i trans di Marazzo: vizi privati che infangano virtù pubbliche, a dimostrazione che i politici li si può – li si deve – accusare per quello che sono, più che per quello che fanno. Così, se non fosse per le loro "umane debolezze", potrebbero anche essere delle persone rispettabili, affidabili e addirittura capaci di fare bene il proprio mestiere.
Ma il problema sta proprio nel "mestiere", perché se una escort fa bene il proprio mestiere la si definisce una puttana, e così pure se un trans ci sa fare. Ma chi fa il politico, chi fa il tutore dell'ordine, quando fa bene il suo mestiere che fa? E come riconoscergli bravura e maestria nell'esercizio delle sue funzioni, quando – per di più – lo si accusa di essere una "mela marcia"?
Al contrario di Marco Travaglio e della gogna mediatica della sua corte dei miracoli, crediamo che i Cuffaro, i Mastella, i Bassolino, i Tanzi, i Fiorani, i Berlusconi, i Dell'Utri, i Marrazzo (e, ci permettiamo, di aggiungere, i De Gennaro, i Manganelli, i Bertolaso, i...) non sono affatto "mele marce", soggetti al ricatto perché a loro volta ricattatori, elementi corrotti di un sistema purtroppo contaminato da un modus operandi malavitoso e criminale. Eliminare le "mele marce" dalla politica, dalla giustizia, dall'esercito, dalla chiesa, dalla polizia, dai carabinieri, sicuramente rinforza e dà maggiore credibilità alle istituzioni, ma soprattutto evita di mettere in discussione l'utilità, la necessità di queste stesse istituzioni, poiché non si vuole – non si deve -  riconoscerne l'essenza, la bravura, la maestria: quella di esercitare il comando discriminando, ricattando, incriminando.
Va da sé: ci sono servi e servitori dello Stato. I secondi sono più scaltri dei primi e posseggono più savoir-faire, non sono mica facce da galera; sono anche più preparati, sanno che la violenza è sporca e pertanto usano i guanti, così come sanno che l'esercizio del potere è ricatto e quindi sono per natura pronti a barattare. Del resto, potere è sapere: sapere chi, come e quando ricattare. Ma soprattutto che prezzo chiedere.
Per la miseria: vuoi forse vedere che le "mele marce" si sono sbagliate sul prezzo?

gianfranco marelli

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti