La differenza con "L.A. Confidential" di James Ellroy è che i
poliziotti corrotti erano tre, mentre per la nota vicenda del
Governatore della Regione Lazio, Piero Marrazzo, i carabinieri corrotti
sono quattro, uno in più. Soltanto uno? E quanti, se no? Per il
momento, non ci è dato saperlo, e poi – si sa – le mele marce in
un cesto non possono che essere poche, come ha spiegato il comandante
provinciale dei Carabinieri di Roma, il generale Vittorio Tomasone:
«Si tratta di un fatto circoscritto.» Sicuro. Ma quanto
"circoscritto"? E che dire del verminaio fatto di collusione fra forze
dell'ordine, stampa sensazionalistica, criminalità organizzata,
prostituzione, traffico di droga e potere politico?
Certo è che la vicenda di via Gradoli (do you remember?) ha
sollevato, e solleverà molta polvere in modo da non far
più intravedere la distinzione netta fra ricattati e
ricattatori, poiché ogni qual volta il sistema d'informazione
del potere usa l'arma dello scandalo è sempre per coprire uno
scandalo ancor più scandaloso. Lo hanno fatto prima con le
escort di Berlusconi, lo fanno ora con i trans di Marazzo: vizi privati
che infangano virtù pubbliche, a dimostrazione che i politici li
si può – li si deve – accusare per quello che sono, più
che per quello che fanno. Così, se non fosse per le loro "umane
debolezze", potrebbero anche essere delle persone rispettabili,
affidabili e addirittura capaci di fare bene il proprio mestiere.
Ma il problema sta proprio nel "mestiere", perché se una escort
fa bene il proprio mestiere la si definisce una puttana, e così
pure se un trans ci sa fare. Ma chi fa il politico, chi fa il tutore
dell'ordine, quando fa bene il suo mestiere che fa? E come
riconoscergli bravura e maestria nell'esercizio delle sue funzioni,
quando – per di più – lo si accusa di essere una "mela marcia"?
Al contrario di Marco Travaglio e della gogna mediatica della sua corte
dei miracoli, crediamo che i Cuffaro, i Mastella, i Bassolino, i Tanzi,
i Fiorani, i Berlusconi, i Dell'Utri, i Marrazzo (e, ci permettiamo, di
aggiungere, i De Gennaro, i Manganelli, i Bertolaso, i...) non sono
affatto "mele marce", soggetti al ricatto perché a loro volta
ricattatori, elementi corrotti di un sistema purtroppo contaminato da
un modus operandi malavitoso e criminale. Eliminare le "mele marce"
dalla politica, dalla giustizia, dall'esercito, dalla chiesa, dalla
polizia, dai carabinieri, sicuramente rinforza e dà maggiore
credibilità alle istituzioni, ma soprattutto evita di mettere in
discussione l'utilità, la necessità di queste stesse
istituzioni, poiché non si vuole – non si deve -
riconoscerne l'essenza, la bravura, la maestria: quella di esercitare
il comando discriminando, ricattando, incriminando.
Va da sé: ci sono servi e servitori dello Stato. I secondi sono
più scaltri dei primi e posseggono più savoir-faire, non
sono mica facce da galera; sono anche più preparati, sanno che
la violenza è sporca e pertanto usano i guanti, così come
sanno che l'esercizio del potere è ricatto e quindi sono per
natura pronti a barattare. Del resto, potere è sapere: sapere
chi, come e quando ricattare. Ma soprattutto che prezzo chiedere.
Per la miseria: vuoi forse vedere che le "mele marce" si sono sbagliate sul prezzo?
gianfranco marelli