Umanità Nova, n.38 del 1 novembre 2009, anno 89

Ucciso dalla polizia senza un perché


Sono state rese pubbliche ad inizio ottobre le motivazioni della condanna per omicidio colposo dei quattro agenti della polizia ferrarese che all'alba del 25 settembre 2005 uccisero Federico Aldrovandi, diciottenne, di ritorno a casa dopo una serata a Bologna. «Morto senza una ragione», scrive il giudice, scontratosi solo e disarmato con i quattro poliziotti, colpito con tale ferocia e accanimento da spezzare i manganelli, poi ammanettato prono e compresso a terra con le ginocchia, fino a soffocarlo. Cosa abbia scatenato la violenza con cui i poliziotti si sono scagliati contro il giovane non è dato sapere: la stessa sentenza giudica «inattendibile» la versione fornita dagli imputati, e nonostante i fatti si siano svolti in una strada densamente abitata, solo due testimoni hanno avuto il coraggio di parlare, senza fornire però elementi tali da chiarire pienamente la dinamica dei fatti.
Sta di fatto che Federico, "Aldro", quella sera fu fermato da una volante della Polizia di Stato e non ne uscì vivo. Nei primi giorni successivi alla morte, la questura ferrarese tentò in ogni modo di depistare e insabbiare i fatti, la versione ufficiale parlava di un'aggressione agli agenti da parte di Aldro, descritto come un energumeno fuori controllo e in preda alle droghe. Aveva sì assunto stupefacenti durante la serata, rileveranno poi le perizie tossicologiche, ma in misura assolutamente insufficiente a concorrere al decesso, né tale da spiegare iperattività e atteggiamento aggressivo.
Sulle prime fasi di indagine è stata aperta una nuova inchiesta, ed è atteso a breve il pronunciamento del gup sulla richiesta di rinvio a giudizio di tre agenti per favoreggiamento e omissione di atti d'ufficio.
Il caso sarebbe stato rapidamente insabbiato se non fosse stato per la determinazione della madre, Patrizia Moretti, che raccontando la morte di suo figlio su un blog riuscì nel gennaio successivo ad ottenere l'attenzione di Indymedia Italia, dell'emittente antagonista bresciana Radio Onda d'Urto e di Checchino Antonini del quotidiano Liberazione, che iniziarono a cercare di far luce sul caso. La ribalta pubblica, raggiunta a partire dai circuiti di informazione indipendente, rese impossibile continuare a occultare: la procura aprì un nuovo fascicolo, che porterà all'inizio del processo nell'ottobre 2007, conclusosi lo scorso luglio con la condanna degli imputati a tre anni e sei mesi per "eccesso colposo in omicidio colposo".
Querele e intimidazioni di vario genere si sono moltiplicate, negli anni, nei confronti di tutti i numerosi reporter indipendenti e i videomaker che si sono occupati del caso. Particolarmente grave la notizia giunta il 15 ottobre scorso di una minaccia di morte lasciata in segreteria telefonica alla scrittrice Francesca Boeri, a due giorni dalla presentazione del suo romanzo Aldro.
La vicenda di Federico Aldrovandi ha anche ispirato Zona del Silenzio, una graphic novel scritta da Antonini e disegnata da Alessio Spataro, presentata con la presenza degli autori mercoledì 14 al centro sociale bolognese Vag61 nell'ambito di un'iniziativa del sito di informazione Zero in Condotta (solo un'omonimia con la casa editrice milanese). Sul sito (www.zic.it) è pubblicata parte della registrazione della serata, alcune tavole di Spataro e il racconto di Antonini, già uscito a puntate su Liberazione, da cui è tratta la graphic novel, oltre a vari approfondimenti sul processo prodotti negli anni dal giornale stesso.
In attesa del processo di appello e dell'eventuale processo-bis, possiamo intanto registrare che la giustizia di stato ha scritto una sua verità, secondo la quale quella mattina a Ferrara la Polizia ha assassinato. Analogamente, una pur blanda sentenza di condanna in primo grado per omicidio colposo è stata pronunciata lo scorso gennaio sul caso di Riccardo Rasman, trentaquattrenne triestino un po' matto a cui la naja aveva lasciato in eredità l'assoluto terrore di ogni divisa. Il 27 ottobre del 2006 festeggiava la sua assunzione come netturbino, ballando nudo sul balcone di casa sua. I vicini, non gradendo, chiamarono la Polizia, Riccardo si barricò in casa, gli agenti la aprirono con un piede di porco e con quello e altri strumenti contundenti infierirono su di lui, uccidendolo.
Molto più spesso i tribunali chiudono gli occhi, difendono i servitori dello stato al punto da negare l'evidenza, dimostrare improbabili traiettorie di proiettili deviati da un sasso, inventare «malori attivi» per spiegare voli dalle finestre di questure e caserme - come ieri Pinelli più di recente Aufi Farid, algerino di 25 anni, trovato morto sul marciapiede di un posto dei carabinieri a Genova.
E da quando iniziò a circolare la lettera di Patrizia Moretti, per intuire cosa potesse essere successo quella mattina a Ferrara, a quattro anni dalla mattanza del g8 genovese, a molti non servì certo attendere che si pronunciasse un tribunale per raggiungere una convinzione cruda quanto ovvia: un'altra volta il corpo parafascista posto a difendere ad ogni costo i rapporti di potere esistenti, la Polizia di Stato, ha picchiato e ucciso.

bzK

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