Umanità Nova, n.38 del 1 novembre 2009, anno 89

informAzione - 1


Sciopero generale. Venerdì 23 ottobre 2009


1. Milano. Corteo
Partendo dal centro di Milano per finire in periferia davanti al Provveditorato agli Studi, si è snodato un lungo corteo espressione dello sciopero generale indetto dalle organizzazioni del sindacalismo di base aderenti al Patto di Base (Confederazione Unitaria di Base – Confederazione Cobas – Sindacato dei Lavoratori) a cui hanno aderito anche altre organizzazioni di base.
Il corteo ha visto la partecipazione congiunta di studenti e lavoratori portando in piazza diverse decine di migliaia di persone.
Un corteo eterogeneo che vedeva in prima fila gli studenti denunciare la contro-riforma Gelmini, gli insegnanti e i precari di Rete Scuole contro il decreto Aprea e la politica di tagli e smantellamento progressivo della scuola pubblica. Seguiva un nutrito spezzone autorganizzato per rivendicare il diritto alla casa e per condannare le politiche di sgombero, manu militari, adottate dalla giunta comunale Moratti-DeCorato, delle realtà occupanti nella città di Milano.
A seguire la presenza significativa del Comitato Antirazzista Milanese in solidarietà con le rivolte dei migranti reclusi all'interno dei lager "CIE" e ora sotto processo.
Confederazione Cobas e SdL, avendo preferito considerare l'appuntamento romano come prioritario, hanno fatto sì che la componente prettamente sindacale del corteo fosse caratterizzata completamente dalla CUB.
Molto partecipati gli spezzoni della Sanità (pubblica e privata) e di altre realtà in lotta come i metalmeccanici.
La  partecipazione libertaria al corteo si è caratterizzata dalla presenza delle bandiere rosso-nere dei compagni dell'U.S.I.-A.I.T.  e dal lungo striscione, su stessi colori, della Federazione Anarchica Milanese – F.A.I.  che ha raccolto le maggiori attenzioni di passanti e fotografi.
A differenza di altri cortei, anche di carattere sindacale, caratterizzati solo dai sound-system, questa volta il corteo è stato molto comunicativo e rivendicativo. Dalle diverse postazioni audio si sono susseguiti interventi a spiegazione delle ragioni dello sciopero generale riassumibili nel "loro sono la crisi – noi siamo la soluzione" e a conferma che politiche concertative e cogestionarie, così come prospettate dai sindacati confederali, non sono percorribili ma altresì si è ribadita la necessità di ulteriore radicalizzazione delle lotte e dell'estensione del conflitto sociale ove, la scadenza del 23, rappresenta solo un punto di partenza.

P.M.

2. Parma. Presidio alla SPX
Nella giornata dello sciopero generale del 23 ottobre la sezione di Parma dell'USI/AIT ha organizzato un presidio davanti alla SPX di Sala Baganza, fabbrica in lotta contro il licenziamento di 45 lavoratori, i quali hanno gradito la nostra solidarietà portata direttamente sul posto.
La SPX è uno delle tante aziende sane e ha un buon fatturato, però per calcoli d'interesse economico di dirigenti e azionisti si è pensato bene di spostare la produzione in Germania.
Il presidio si è svolto dalle 9.30 del mattino con la partecipazione, oltre degli organizzatori, di esponenti dell'RdB, della CUB, di militanti della FAI e di Rifondazione, con la presenza durante la mattinata di una quarantina di persone circa.
La mobilitazione s'inserisce in un percorso voluto dalle tre sigle sindacali di base della Provincia di Parma (USI/AIT, RdB, CUB), diretto a coinvolgere le varie realtà in crisi nella zona parmense, colpita anch'essa dall'ondata di crisi provocata dal crollo finanziario e poi del mondo del lavoro. Ne è a dimostrazione l'aumento della Cassa Integrazione nella nostra Provincia e la chiusura di piccole e grandi ditte e attività commerciali.
Tutto questo non è altro che una conseguenza del liberismo e del sistema globalizzazione. Negli ultimi anni abbiamo visto l'aumentare dell'utilizzo del lavoro nero (spesso di migranti: più sfruttabili, ricattabili e meno coscienti dei propri diritti), del lavoro a tempo determinato e del lavoro interinale. Di conseguenza ci sono stati un abbassamento del salario, l'inconciliabilità con il costo della vita e la difficoltà nel privato di fare una famiglia e avere una casa. In questo modo si è provocata una graduale disgregazione del tessuto sociale e produttivo di vari settori.

Cisco per l'USI/AIT di Parma

3. Roma. Corteo
A Roma c'è stata la manifestazione nazionale delle componenti sindacali del così detto "patto di base" (Rdb/Cub – Sdl intercategoriale – Confederazione Cobas). 150.000 secondo gli organizzatori i partecipanti al corteo. Sicuramente tanti venuti da molte città d'Italia coi pullman (lo sciopero anche nelle ferrovie ha inciso significativamente sul trasporto pubblico).
Lo slogan della manifestazione "Unificare le lotte per non pagare la crisi". Oltre alle tre principali organizzazioni, erano in piazza ampi spezzoni dell'autoorganizzazione sia del mondo della scuola e dell'Università che del sociale, non ultimi i così detti Blocchi Precari Metropolitani che sul terreno della lotta per la casa sviluppano conflitto e mobilitazione.
Al termine della manifestazione si sono sviluppate altre iniziative di lotta: sit-in al ministero dell'economia per ricordare a Tremonti che "il reddito non è una lotteria"; presidio all'ambasciata spagnola per rivendicare la liberazione dei sindacalisti baschi arrestati con l'accusa di essere membri dell'ETA.
In un comunicato Rdb/Cub valuta in oltre 2 milioni il numero dei lavoratori che il 23 ottobre hanno scioperato. È probabile che questo numero sia prudenziale vista la buona riuscita delle manifestazioni di Milano e Torino e il fatto che numerosi lavoratori in sciopero non hanno partecipato a queste manifestazioni per la lontananza dalle proprie residenze. La logica delle "grandi" manifestazioni può dare visibilità politica ma non rappresenta la reale composizione del movimento di lotta e, soprattutto, non radica il conflitto nei territori e nei luoghi di lavoro.

WS

Ravenna. Parata anti pacchetto sicurezza

"Nell'ultimo anno di teatro mediatico è stata messa in scena la pantomima della sicurezza! L'intenzione è quella che caratterizza ogni periodo di crisi economica: distogliere gli individui dai problemi reali creando una situazione di emergenza attraverso la paura derivata dall'identificazione di un finto nemico."
Con queste frasi iniziava il comunicato di lancio della Parata Anti Pacchetto Sicurezza che si è svolta sabato 24 ottobre a Ravenna.  Il corteo, convocato dal Centro Sociale Autogestito Spartaco, ha visto la partecipazione di circa ottanta persone, in gran parte studenti delle scuole superiori: è stato il primo corteo autogestito da svariati anni, un  buon inizio – e molto comunicativo – in vista delle prossime mobilitazioni. Partendo da Piazza San Francesco (luogo della tomba di Dante) attorno alle 17, la parata ha attraversato il centro storico di Ravenna per più di due ore, scandendo slogan contro il pacchetto sicurezza, i militari nelle città, i CIE e il razzismo in generale ("Con i migranti solidarietà, fuori i militari dalle città" "Siamo tutt* clandestin*"; "Nel Cie lo stato rinchiude l'immigrato noi lo chiamiamo lager di stato"; "Ma quale sicurezza, si chiama repressione, questa è strategia della tensione") contro il fascismo e la lega nord ("siamo tutt* antifascist*", "leghisti carogne tornate nelle fogne"). Alcuni slogan hanno anche voluto sottolineare il ruolo di complicità dello stato italiano nella violenza contro le donne migranti ("nel CIE lo stato stupra l'immigrata"). I cori sono stati scanditi spesso con accompagnamento musicale, offerto da una banda improvvisata di chitarre e tamurre, che ha partecipato a tutta la parata.
La parata si è fermata varie volte in diverse piazze del centro (che essendo sabato era molto affollato) per leggere il comunicato di convocazione e spiegare i motivi del corteo. Si è tenuto a sottolineare i risvolti locali del pacchetto sicurezza e più in generale del clima razzista e sicuritario: "Lo abbiamo visto quest'estate con la caccia all'uomo sulle spiagge, i venditori che scappavano come potevano per garantirsi la libertà e gli spicci per tirar a vivere; lo abbiamo visto con gli sgomberi di case occupate e di campi rom, già vittime di attacchi incendiari da parte dei soliti ignoti; le ronde per le strade; la caccia ai "viados" e le ordinanze antidegrado che riducono le strade a vuoti labirinti inanimati."  Gli interventi hanno sottolineato anche più in generale la natura razzista del pacchetto sicurezza nel suo complesso (paragonato alle leggi razziali mussoliniane), l'aumento dei poteri dei sindaci, l'uso di militari come forza di controllo territoriale (ricordando il '77 bolognese), le pene aumentate per reati come oltraggio a pubblico ufficiale (fino a sei anni) o rifiuto di esibizione dei documenti (fino a un anno e 2000 euro di multa). Gli interventi hanno ribadito, come gli slogan sopra citati, che il cambio di nome da CPT a CIE non cambia la sostanza dei luoghi che denotano: quello di lager.
L'ultima fermata della parata prima di tornare verso Piazza San Francesco, luogo di conclusione del corteo, è stata in Piazza del popolo, sede del comune, dove dopo la lettura del comunicato la banda ha eseguito canti popolari e di lotta nel centro della piazza. La parata è poi tornata in Piazza San Francesco, dove si è conclusa con distribuzione gratuita di castagne e vin brulè. Più tardi quella sera al CSA Spartaco si è svolta una festa bellavita, ovvero una serata autogestita senza soldi in cui i partecipanti alla festa portano da bere e mangiare e partecipano attivamente allo svolgimento della serata. Questo era la seconda di tre giorni di iniziative di autogestione allo Spartaco, preceduto venerdì da una giornata di skate e seguito domenica da una gara autogestita di cucina vegana.
Quest'iniziativa vuole essere un primo passo verso un rilancio delle lotte a Ravenna, città che negli ultimi anni ha visto un appiatimento del conflitto sociale in tutte le sue forme. La conclusione del comunicato esprime bene questo spirito di ripresa: "Lo spettacolo della sicurezza è un teatro per pochi ricchi, noi preferiamo calargli il sipario, rischiando all'aria aperta un futuro diverso."

RedB

Torino. Azioni antimilitariste alle fabbriche d'armi

Antimilitaristi in azione a Torino.
Striscioni, scritte, sagome, strade chiuse, mani insanguinate e un monumento effimero in memoria delle vittime dei bombardamenti di tutte le guerre sono comparsi presso gli stabilimenti Fiat Avio di Rivalta e Torino, all'Alenia, alla Moreggia, all'Iveco. Tutte industrie impegnate nella produzione bellica.
Qui le foto e il reportage di un cronista sovversivo di passaggio:
http://piemonte.indymedia.org/article/6070

Fiat Avio – stabilimenti di Rivalta e Torino – strade chiuse, striscioni, sagome.
Alla cancellata della Fiat Avio di Rivalta nella notte tra il 21 e il 22 ottobre è stato appeso uno striscione con la scritta "Nessuna pace per i mercanti di morte!". Accanto la sagoma di una vittima di guerra e mani insanguinate.
La strada privata che porta al centro ricerche della Fiat Avio in strada del Drosso a Torino è stata chiuso. Ben visibile la scritta "Avio: assassini!".
Per chi non lo sapesse…
La Fiat Avio costruisce e fa la manutenzione di motori per velivoli ed elicotteri militari.
I più importanti propulsori militari di programmi europei (RB 199 per "Tornado", EJ200 per "Typhoon" e T700 per elicotteri NH90 ed EH101) montano una trasmissione Avio
I principali caccia europei, "Typhoon" e "Tornado", hanno una turbina di bassa pressione Avio
Un business milionario. Un business di morte.

Alenia – monumento alla memoria dei bimbi uccisi dai bombardieri costruiti lì
Sotto al cacciabombardiere AMX che troneggia sulla rotonda di fronte ad uno degli ingressi dell'Alenia a Torino sono comparsi una trentina di lumini a rischiarare una scena di guerra. Bimbi morti, abiti stracciati, scarpe abbandonate, un giocattolo. Sullo sfondo il cartello "alle vittime delle guerre".
Per chi non lo sapesse…
La "missione" dell'Alenia è fare aerei. I velivoli militari sono il fiore all'occhiello di questo colosso. Fanno l'Eurofighter Thypoon e lo stesso AMX. Le ali dei cacciabombardieri F35 sono di fabbricazione Alenia.
Un business milionario. Un business di morte.

Moreggia di Collegno e Torino – scritte e mani insanguinate
La scritta "Moreggia: mercanti di morte" è comparsa sui muri dello stabilimento "Moreggia" di Collegno, in corso Pastrengo. Accanto anche la sagoma e le mani insanguinate di una vittima di guerra.
La scritta "Moreggia assassini" è apparsa sulla sede della Moreggia in via Borgone 25 a Torino.
Per chi non lo sapesse…
Alla Moreggia fanno comandi volo, porte esterne ed interne di aereo e rotori per elicotteri. Da guerra.
Un business milionario. Un business di morte.

Iveco – striscione gigante e sagoma
Alla cancellata dello stabilimento Iveco di lungo Stura Lazio è stato appeso un lungo striscione con la scritta "stop blindati per la guerra". Anche qui la sagoma e le mani insanguinate di una vittima delle industrie belliche.
Per chi non lo sapesse…
L'Iveco, nello stabilimento di Bolzano, produce veicoli per scopi militari, primo fra tutti il Light Multi Role Vehicle (LMV), per la "Difesa Attiva". Poi c'è il Light Utility Vehicle (LUV), il Trakker 8x8 con cabina blindata e l'Astra 6x6.
Un business milionario. Un business di morte.

Il Piemonte vanta una consolidata tradizione nel campo dell'industria bellica e, in particolare, di quella aerospaziale della quale il 28 e 29 ci sarà la mostra/mercato all'Oval Lingotto.
Le radici della guerra, i posti dove fanno i bombardieri che uccidono nelle guerre che insanguinano il pianeta, sono anche dietro casa nostra.
Chiuderle per riconvertirle a usi civili è un dovere politico e morale.
Nessuna pace per chi fa guerra!

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