Umanità Nova, n.41 del 22 novembre 2009, anno 89

informAzione


Torino. La libertà è una gabbia

Torino 9 novembre. Sono trascorsi solo pochi giorni dalle due notti di protesta e resistenza al CIE di Torino del 4 e 5 novembre (cfr. UN 40 in "informAzione"). Adel, Maathi e Mohamed sono stati arrestati il 6. Prima di portarli in carcere li hanno pestati ben bene. I loro aguzzini sperano che botte ed arresti ammorbidiscano Adel, che aveva denunciato gli alpini per le percosse subite dopo il tentativo di fuga fatto con altri tre a settembre. In tribunale ad attendere i vari antirazzisti che avevano annunciato la propria presenza solidale c'è un robusto manipolo di Digos. In aula i tre imputati sono in gabbia. Li interroga la giudice che deve decidere sulla convalida dell'arresto. A sentirla parrebbe impossibile. Invece è vera. Interroga Maathi, facendogli le domande di rito – città, residenza, lavoro – ma poi, subito, si allarga. Domanda del permesso di soggiorno, pur sapendo che i tre "vivevano" ormai da mesi al CIE. Chiede a lui, come agli altri due, se lavorasse in nero. Possibile che non sappia che in Italia c'è una legge che consente il diritto legale a risiedere nel nostro paese solo a chi ha un contratto di lavoro? Aggressiva, irritata, pungente incalza Maathi e, appreso che stava cercando di regolarizzarsi, essendo sposato con una cittadina italiana, gli domanda a bruciapelo "e allora perché non porta la fede?". Il ragazzo non risponde, sconcertato. Anche in aula passa un brivido di silente indignazione. Maathi dichiara di non aver rotto il vetro della "saletta". Come lui anche Adel e Mohamed diranno lo stesso. Il vetro lo hanno rotto altri, non loro. Anche tra chi lotta e resiste la solidarietà è un gusto che si fa fatica ad apprendere. Adel è da sei anni in Italia, dove lavora senza carte. Cerca di raccontare la sua vicenda, le botte prese, le minacce, la ragione dell'accanimento poliziesco nei suoi confronti. Alla giudice non interessano: vuole solo sapere di quel dannato vetro. Poi è la volta dell'algerino Mohamed, il più anziano dei tre, che, prima del CIE, lavorava a Torre del Lago come decoratore e, anche lui, viveva nel nostro paese da sei anni. La PM consegna le relazioni di due poliziotti, Francesco Dello Schiavo e Marco Costa, che accusano i tre immigrati alla sbarra. I poliziotti non sono in aula, la giudice prende in consegna le relazioni e, senza neppure fingere di leggerle, detta alla collega le sue decisioni. Tra il pubblico appare uno striscione contro i CIE. Forte si leva un grido solidale. Gli arresti sono convalidati ma gli imputati vengono rimessi in libertà. Per loro la libertà è una gabbia.  I quotidiani il giorno dopo dicono che la digos ha segnalato alla magistratura 16 antirazzisti presenti all'udienza. L'accusa è di oltraggio alla corte e interruzione di pubblico "servizio". Adel viene deportato in Tunisia il 14 novembre.

Ma. Ma.

Pistoia. Presidi contro gli arresti

La mattina del 9 novembre a quattro antifascisti, tre già tra i denunciati per i fatti di Pistoia di domenica 11 ottobre e uno verso il quale fino ad ora non era stato preso alcun provvedimento, sono stati notificati gli arresti domiciliari. Tutti sono già stati interrogati dal Gip che si è preso tempo fino a mercoledì 18, quando ormai il giornale sarà in stampa, per convalidare o meno il procedimento, i due livornesi per procura, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere; i due pistoiesi ascoltati direttamente hanno invece risposto al giudice ribadendo la propria estraneità ai fatti.
Immediata la risposta dei compagni che hanno organizzato tre presidi di solidarietà e di controinformazione: uno il giorno stesso, uno il giorno dell'interrogatorio presso il tribunale di Pistoia, e uno nel pomeriggio di sabato sempre nel centro di Pistoia.
Buona la partecipazione dei compagni, una quarantina e buona anche la risposta dei passanti, nonostante il clima da caccia alle streghe che istituzioni e giornali locali stanno montando sulla vicenda.
Innanzi tutto viene da chiedersi quali siano le motivazioni di questa ennesima azione repressiva, giacchè è difficile immaginare che tale misura cautelare abbia come base vuoi la possibilità di reiterazione del reato, vuoi il pericolo di fuga, piuttosto che l'inquinamento delle prove dato che è trascorso quasi un mese dai fatti. Ancora meno veritiera pare la possibilità di un reale riconoscimento tardivo da parte dei due fascisti in doppiopetto presenti, ma si sa la memoria fa brutti scherzi, soprattutto a chi non ne ha.
Esemplare l'atteggiamento della stampa locale (Tirreno e Nazione) che si è prodigata celermente a stampare foto e dati anagrafici per esteso, accostandoli a titoli tipo "cresce la tensione in città", "scritte minacciose e offensive nella notte" e robe varie, incitando alla solidarietà alle forze dell'ordine e alla magistratura quasi fossero queste ultime a dover essere processate.
Ancora una volta quindi non ci può essere alcuna comprensione e solidarietà, e soprattutto stima, ad una categoria di lavoratori, pennivendoli e replicatori di veline costretti a riempire pagine di parole vuote solo perché pagati per farlo.
Intanto nella notte tra venerdì e sabato una scritta realmente minacciosa "G… infame per te solo le lame" è comparsa, per mano dei "soliti ignoti" sotto casa di un "noto" antifascista pistoiese tra i più impegnati nella campagna difensiva dei compagni, ma chiaramente ben difficilmente questa notizia verrà riportata, e ben difficilmente la questura aprirà un'inchiesta sul fatto.
L'antifascismo non si processa, no alle intimidazioni, no alla repressione: liberi tutti, liberi ora!

redC (in PT)
 

Reggio Calabria. Sacco e Vanzetti vivono

L'eredità anarchica nella musica, nella letteratura e nella storia Questo il titolo dell'iniziativa realizzatasi a Reggio Calabria sabato 7 novembre, nel pomeriggio nella Sala Biblioteca  alla provincia.
Organizzata da Amnesty International, ha visto la presentazione  del disco: Sacco O Vanzetti,  edito da Relief Records in Italia e Stati Uniti, dedicato alla memoria dei nostri compagni migranti. Del disco di Kento, un rapper che  affronta i temi dell'emigrazione, della mafia, del potere, dell'ipocrisia, è stata prodotta un bello ed efficace videoclip disponibile anche in rete, che reitera il messaggio di lotta e di ribellione: "La giustizia non fa parte di un sistema di potere" Sono intervenuti alla presentazione il compagno Pino Vermiglio, invitato a parlare della raccolta, da lui recentemente curata, delle poesie di Bruno Misefari: Schiaffi, Carezze ed altro, tra le più belle poesie dell'ingegnere anarchico, e che annovera opere di  16 artisti anarchici e libertari che hanno voluto, in tal modo, rendere omaggio all'Anarchico di Calabria. Nel suo semplice intervento ha considerato il contesto storico-politico da cui si sviluppò la vicenda dei nostri compagni, ricordando l'assassinio del compagno Andrea Salsedo, fatto volare dal 14° piano, pochi giorni prima l'arresto di  Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Si è soffermato sull'attività di mobilitazione condotta da  Misefari, fra i primi (1921) ad organizzare manifestazioni  per la liberazione di Sacco e Vanzetti, leggendo  un volantino del gruppo anarchico  La Folgore di Napoli, diffuso durante il comizio tenuto per l'occasione dallo stesso Bruno Misefari. È stata sottolineata, inoltre, la comune scelta antimilitarista di Sacco e Vanzetti, scappati in Messico insieme a tutto il collettivo anarchico, e quella  di Bruno Misefari fuggito dalla prigione di Benevento e disertando in Svizzera.
Ha parlato poi Fabio Cuzzola, autore del libro Cinque anarchici del sud. Una storia negata, pubblicato qualche anno fa. Ha ricordato gli avvenimenti  che hanno attraversato la Calabria, partendo dalla morte dei 5 compagni anarchici, nel 1970, in uno strano incidente automobilistico, sulla strada per Roma e ha evidenziato anche i i fermenti politici di quegli anni e il '68 vissuto in Calabria. È intervenuto successivamente il rappresentante  reggino di Amnesty, ricordando le battaglie della associazione contro la tortura e la pena di morte nel mondo. La nipote di Nicola Sacco, Fernanda ha voluto idealmente essere presente inviando una lettera di saluto, la cui lettura ha molto emozionato. Di seguito le parole finali, attorno alle quali ritrovarsi per le future lotte contro tutte le ingiustizie: "A voi tutti, ed in particolare ai  giovani presenti, voglio dire con tutto il cuore: siete chiamati a  proiettare nel tempo questa storia dolorosa che avete conosciuto, affinchè certe violenze non si ripetano. Tutti insieme, con le nostre diversità di lingua, di razza di religione, di tradizioni possiamo costruire un mondo migliore".
Diversi interventi di studenti e docenti presenti all'iniziativa, fra gli altri: il vecchio compagno Angelo Crea (Bonzo), ricordando la militanza con i compagni della Baracca (Angelo Casile, Rian, Aricò, Scordo) e le attuali  forme di intervento degli anarchici sul sociale.
Il prof. Tonino Perna, docente di sociologia economica, amico dei 5 compagni anarchici e cugino di Gianni Aricò, entusiasta della numerosa partecipazione e dall'interesse dimostrato anche dai giovani artisti e non intenti a recuperare il patrimonio storico e libertario.
Nella serata, il concerto di Kento, che ha devoluto l'incasso ad Amnesty.

Pino Vermiglio

Reggio Calabria. Gravi intimidazioni al centro sociale "A. Cartella"

Imbrattamenti e minacce di stampo neonazista sono state ritorvate sui muri del centro sociale schierato in prima linea nella battaglia contro il ponte sullo stretto [...]  Gli atti vandalici compiuti ai danni del centro sociale di Gallico, punto di riferimento irrinunciabile per la crescita sociale, politica e culturale della provincia reggina, non fermerà l'impegno dei suoi attivisti finalizzato a preparare, con la dovuta attenzione, la manifestazione contro il ponte che si terrà il 19 di questo mese. Mentre giungono al CSOA Cartella attestati di solidarietà dai partiti della sinistra, dalle associazioni laiche e cattoliche e dai sindacati  si pensa ad  organizzare l'iniziativa solidale del 17. "L'avevamo accolta con ironia e senza allarmismo l'azione di imbrattamento della scorsa notte - scrivono in un documento gli attivisti del centro sociale - salvo svegliarci ieri mattina e scoprire che in città erano stati "avvistati" alcuni manifestini, gli stessi che abbiamo trovato affissi alla nostra porta. Se la forma linguistica è piuttosto sgrammaticata, il messaggio però risulta essere abbastanza chiaro. Con questo comunicato intendiamo rivolgerci a tutte le compagne ed i compagni, alle associazioni, ai comitati, alle tante persone che abbiamo incrociato in questi anni e con le quali abbiamo collaborato per "costruire un futuro migliore", ma anche alla cittadinanza tutta, non credendo che possa essere un motivo di festeggiamento la nostra "fine".
Lo spazio che occupiamo è la struttura del Parco Cartella, a Gallico (costata all'epoca circa 1,7 miliardi delle vecchie lire) che più di 7 anni fa abbiamo sottratto all'incuria e al degrado in cui era stato abbandonato, e trasformandolo in luogo di aggregazione e di propulsione per battaglie di libertà e dignità, oltre che di promozione artistica e culturale".
Ma l'analisi  contenuta nel documento non si ferma solo ai disturbi arrecati ai "dominatori sociali" dall'attività del centro; si parla anche degli appetiti speculativi di consorterie politico-mafiose che non rinunciano al sogno di mettere le mani su questa struttura. La straordinaria coincidenza tra l'idea di una manifestazione contro l'apertura dei cantieri del Ponte (che è stata lanciata proprio in una partecipata assemblea promossa dal CSOA Cartella) e il verificarsi di atti ignobili di intimidazione e minaccia la dice lunga sulla necessità che i poteri forti hanno di instaurare in Italia (e nel Sud in particolare) un clima di conformismo sociale capace di annullare ogni azione liberatoria, per preservare gli interessi speculativi contro l'uomo ambiente e i suoi inalienabili desideri di vita.

A.P.

Firenze. Contro l'apartheid in Palestina

Sabato 14 novembre si è tenuta a Firenze una manifestazione contro l'apartheid in Palestina promossa dalla Comunità Palestinese, dall'Associazione di Amicizia Italo-palestinese e da varie associazioni, centri sociali, partiti e gruppi dell'estrema sinistra. L'iniziativa rientrava nel quadro della settimana di mobilitazione contro il muro dell'apartheid in Palestina e rispondeva ad un appello lanciato dai movimenti di base palestinesi.
L'obbiettivo era fare opera di denuncia contro "la politica di dominio e ghettizzazione adottata da Israele con il sistema del muro" e altresì "denunciare la repressione criminale del popolo che resiste, lottando contro la costruzione di questo muro". La manifestazione era anche in appoggio alla campagna internazionale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro l'economia militarizzata di Israele e la politica di sterminio dei palestinesi. Il corteo partito da Piazza della Repubblica e che ha attraversato le vie del centro di Firenze, è stato decisamente contenuto nei numeri: erano presenti circa 150 persone. Al di là delle molte sigle formalmente aderenti all'inziativa, la presenza reale era composta principalmente dall'associazione Italo-Palestinese, poi vi erano alcune decine di compagni del Centro Popolare Autogestito di Firenze Sud ed infine una dignitosa presenza di una quindicina di compagni anarchici venuti da varie località (Firenze, Volterra, Arezzo, Livorno, Pisa) e appartenenti a vari gruppi e circoli della Toscana. La presenza anarchica si è caratterizzata con alcune bandiere rosso-nere, mentre il Kronstadt Anarchico Toscano ha distribuito un suo volantino "Vita terra e libertà per la gente di Palestina". Il volantino dopo aver ricordato tutti gli orrori passati e presenti che hanno funestato e funestano le popolazioni palestinesi, ha sottolineato l'alto valore del movimento di azione diretta unitaria contro l'apartheid della Cisgiordania (comitati di villaggio palestinesi + ribelli israeliani + attivisti intenazionali). In particolare si sono sottolineate la pratica dell'autorganizzazione di villaggio e la ferma volontà di quel movimento a non farsi dettare tempi e modi della lotta da strutture para-militari esterne. Nel volantino si è anche messo in luce che il movimento della Cisgiordania è idealmente e praticamente alternativo sia al partito di Hamas che a quello di Fatah e si è auspicato che movimenti simili possano un giorno estendersi anche alla martoriata striscia di Gaza. Infine si è affermato che la campagna internazionale di Boicottaggio, Disivestimento e Sanzioni (BDS) può rapppresentare un importante strumento purchè si mantenga autonoma da ogni Potere. Nel suo complesso la manifestazione, pur ridotta nei numeri, è stata estremamente comunicativa. Numerosi i cartelli esplicativi e continua l'opera di informazione dettagliata, tramite megafono, delle conseguenze tragiche che il muro dell'apartheid ha sulla vita dei palestinesi. Molta è stata la curiosità da parte delle persone che affollavano il centro fiorentino nel sabato pomeriggio di shopping, nonchè dei numerosi turisti. Una iniziativa piccola quindi, ma che ha avuto il grande merito di dare continuità all'opera di denuncia sull'orrore mediorientale che ultimamente ha avuto un brusco calo di attenzione generale.

Claudio Strambi - Pisa

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