Torino 9 novembre. Sono trascorsi solo pochi giorni dalle due notti
di protesta e resistenza al CIE di Torino del 4 e 5 novembre (cfr. UN
40 in "informAzione"). Adel, Maathi e Mohamed sono stati arrestati il
6. Prima di portarli in carcere li hanno pestati ben bene. I loro
aguzzini sperano che botte ed arresti ammorbidiscano Adel, che aveva
denunciato gli alpini per le percosse subite dopo il tentativo di fuga
fatto con altri tre a settembre. In tribunale ad attendere i vari
antirazzisti che avevano annunciato la propria presenza solidale
c'è un robusto manipolo di Digos. In aula i tre imputati sono in
gabbia. Li interroga la giudice che deve decidere sulla convalida
dell'arresto. A sentirla parrebbe impossibile. Invece è vera.
Interroga Maathi, facendogli le domande di rito – città,
residenza, lavoro – ma poi, subito, si allarga. Domanda del permesso di
soggiorno, pur sapendo che i tre "vivevano" ormai da mesi al CIE.
Chiede a lui, come agli altri due, se lavorasse in nero. Possibile che
non sappia che in Italia c'è una legge che consente il diritto
legale a risiedere nel nostro paese solo a chi ha un contratto di
lavoro? Aggressiva, irritata, pungente incalza Maathi e, appreso che
stava cercando di regolarizzarsi, essendo sposato con una cittadina
italiana, gli domanda a bruciapelo "e allora perché non porta la
fede?". Il ragazzo non risponde, sconcertato. Anche in aula passa un
brivido di silente indignazione. Maathi dichiara di non aver rotto il
vetro della "saletta". Come lui anche Adel e Mohamed diranno lo stesso.
Il vetro lo hanno rotto altri, non loro. Anche tra chi lotta e resiste
la solidarietà è un gusto che si fa fatica ad apprendere.
Adel è da sei anni in Italia, dove lavora senza carte. Cerca di
raccontare la sua vicenda, le botte prese, le minacce, la ragione
dell'accanimento poliziesco nei suoi confronti. Alla giudice non
interessano: vuole solo sapere di quel dannato vetro. Poi è la
volta dell'algerino Mohamed, il più anziano dei tre, che, prima
del CIE, lavorava a Torre del Lago come decoratore e, anche lui, viveva
nel nostro paese da sei anni. La PM consegna le relazioni di due
poliziotti, Francesco Dello Schiavo e Marco Costa, che accusano i tre
immigrati alla sbarra. I poliziotti non sono in aula, la giudice prende
in consegna le relazioni e, senza neppure fingere di leggerle, detta
alla collega le sue decisioni. Tra il pubblico appare uno striscione
contro i CIE. Forte si leva un grido solidale. Gli arresti sono
convalidati ma gli imputati vengono rimessi in libertà. Per loro
la libertà è una gabbia. I quotidiani il giorno
dopo dicono che la digos ha segnalato alla magistratura 16 antirazzisti
presenti all'udienza. L'accusa è di oltraggio alla corte e
interruzione di pubblico "servizio". Adel viene deportato in Tunisia il
14 novembre.
Ma. Ma.
La mattina del 9 novembre a quattro antifascisti, tre già tra
i denunciati per i fatti di Pistoia di domenica 11 ottobre e uno verso
il quale fino ad ora non era stato preso alcun provvedimento, sono
stati notificati gli arresti domiciliari. Tutti sono già stati
interrogati dal Gip che si è preso tempo fino a mercoledì
18, quando ormai il giornale sarà in stampa, per convalidare o
meno il procedimento, i due livornesi per procura, si sono avvalsi
della facoltà di non rispondere; i due pistoiesi ascoltati
direttamente hanno invece risposto al giudice ribadendo la propria
estraneità ai fatti.
Immediata la risposta dei compagni che hanno organizzato tre presidi di
solidarietà e di controinformazione: uno il giorno stesso, uno
il giorno dell'interrogatorio presso il tribunale di Pistoia, e uno nel
pomeriggio di sabato sempre nel centro di Pistoia.
Buona la partecipazione dei compagni, una quarantina e buona anche la
risposta dei passanti, nonostante il clima da caccia alle streghe che
istituzioni e giornali locali stanno montando sulla vicenda.
Innanzi tutto viene da chiedersi quali siano le motivazioni di questa
ennesima azione repressiva, giacchè è difficile
immaginare che tale misura cautelare abbia come base vuoi la
possibilità di reiterazione del reato, vuoi il pericolo di fuga,
piuttosto che l'inquinamento delle prove dato che è trascorso
quasi un mese dai fatti. Ancora meno veritiera pare la
possibilità di un reale riconoscimento tardivo da parte dei due
fascisti in doppiopetto presenti, ma si sa la memoria fa brutti
scherzi, soprattutto a chi non ne ha.
Esemplare l'atteggiamento della stampa locale (Tirreno e Nazione) che
si è prodigata celermente a stampare foto e dati anagrafici per
esteso, accostandoli a titoli tipo "cresce la tensione in
città", "scritte minacciose e offensive nella notte" e robe
varie, incitando alla solidarietà alle forze dell'ordine e alla
magistratura quasi fossero queste ultime a dover essere processate.
Ancora una volta quindi non ci può essere alcuna comprensione e
solidarietà, e soprattutto stima, ad una categoria di
lavoratori, pennivendoli e replicatori di veline costretti a riempire
pagine di parole vuote solo perché pagati per farlo.
Intanto nella notte tra venerdì e sabato una scritta realmente
minacciosa "G… infame per te solo le lame" è comparsa, per mano
dei "soliti ignoti" sotto casa di un "noto" antifascista pistoiese tra
i più impegnati nella campagna difensiva dei compagni, ma
chiaramente ben difficilmente questa notizia verrà riportata, e
ben difficilmente la questura aprirà un'inchiesta sul fatto.
L'antifascismo non si processa, no alle intimidazioni, no alla repressione: liberi tutti, liberi ora!
redC (in PT)
L'eredità anarchica nella musica, nella letteratura e nella
storia Questo il titolo dell'iniziativa realizzatasi a Reggio Calabria
sabato 7 novembre, nel pomeriggio nella Sala Biblioteca alla
provincia.
Organizzata da Amnesty International, ha visto la presentazione
del disco: Sacco O Vanzetti, edito da Relief Records in Italia e
Stati Uniti, dedicato alla memoria dei nostri compagni migranti. Del
disco di Kento, un rapper che affronta i temi dell'emigrazione,
della mafia, del potere, dell'ipocrisia, è stata prodotta un
bello ed efficace videoclip disponibile anche in rete, che reitera il
messaggio di lotta e di ribellione: "La giustizia non fa parte di un
sistema di potere" Sono intervenuti alla presentazione il compagno Pino
Vermiglio, invitato a parlare della raccolta, da lui recentemente
curata, delle poesie di Bruno Misefari: Schiaffi, Carezze ed altro, tra
le più belle poesie dell'ingegnere anarchico, e che annovera
opere di 16 artisti anarchici e libertari che hanno voluto, in
tal modo, rendere omaggio all'Anarchico di Calabria. Nel suo semplice
intervento ha considerato il contesto storico-politico da cui si
sviluppò la vicenda dei nostri compagni, ricordando l'assassinio
del compagno Andrea Salsedo, fatto volare dal 14° piano, pochi
giorni prima l'arresto di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Si è soffermato sull'attività di mobilitazione condotta
da Misefari, fra i primi (1921) ad organizzare
manifestazioni per la liberazione di Sacco e Vanzetti,
leggendo un volantino del gruppo anarchico La Folgore di
Napoli, diffuso durante il comizio tenuto per l'occasione dallo stesso
Bruno Misefari. È stata sottolineata, inoltre, la comune scelta
antimilitarista di Sacco e Vanzetti, scappati in Messico insieme a
tutto il collettivo anarchico, e quella di Bruno Misefari fuggito
dalla prigione di Benevento e disertando in Svizzera.
Ha parlato poi Fabio Cuzzola, autore del libro Cinque anarchici del
sud. Una storia negata, pubblicato qualche anno fa. Ha ricordato gli
avvenimenti che hanno attraversato la Calabria, partendo dalla
morte dei 5 compagni anarchici, nel 1970, in uno strano incidente
automobilistico, sulla strada per Roma e ha evidenziato anche i i
fermenti politici di quegli anni e il '68 vissuto in Calabria. È
intervenuto successivamente il rappresentante reggino di Amnesty,
ricordando le battaglie della associazione contro la tortura e la pena
di morte nel mondo. La nipote di Nicola Sacco, Fernanda ha voluto
idealmente essere presente inviando una lettera di saluto, la cui
lettura ha molto emozionato. Di seguito le parole finali, attorno alle
quali ritrovarsi per le future lotte contro tutte le ingiustizie: "A
voi tutti, ed in particolare ai giovani presenti, voglio dire con
tutto il cuore: siete chiamati a proiettare nel tempo questa
storia dolorosa che avete conosciuto, affinchè certe violenze
non si ripetano. Tutti insieme, con le nostre diversità di
lingua, di razza di religione, di tradizioni possiamo costruire un
mondo migliore".
Diversi interventi di studenti e docenti presenti all'iniziativa, fra
gli altri: il vecchio compagno Angelo Crea (Bonzo), ricordando la
militanza con i compagni della Baracca (Angelo Casile, Rian,
Aricò, Scordo) e le attuali forme di intervento degli
anarchici sul sociale.
Il prof. Tonino Perna, docente di sociologia economica, amico dei 5
compagni anarchici e cugino di Gianni Aricò, entusiasta della
numerosa partecipazione e dall'interesse dimostrato anche dai giovani
artisti e non intenti a recuperare il patrimonio storico e libertario.
Nella serata, il concerto di Kento, che ha devoluto l'incasso ad Amnesty.
Pino Vermiglio
Imbrattamenti e minacce di stampo neonazista sono state ritorvate
sui muri del centro sociale schierato in prima linea nella battaglia
contro il ponte sullo stretto [...] Gli atti vandalici compiuti
ai danni del centro sociale di Gallico, punto di riferimento
irrinunciabile per la crescita sociale, politica e culturale della
provincia reggina, non fermerà l'impegno dei suoi attivisti
finalizzato a preparare, con la dovuta attenzione, la manifestazione
contro il ponte che si terrà il 19 di questo mese. Mentre
giungono al CSOA Cartella attestati di solidarietà dai partiti
della sinistra, dalle associazioni laiche e cattoliche e dai
sindacati si pensa ad organizzare l'iniziativa solidale del
17. "L'avevamo accolta con ironia e senza allarmismo l'azione di
imbrattamento della scorsa notte - scrivono in un documento gli
attivisti del centro sociale - salvo svegliarci ieri mattina e scoprire
che in città erano stati "avvistati" alcuni manifestini, gli
stessi che abbiamo trovato affissi alla nostra porta. Se la forma
linguistica è piuttosto sgrammaticata, il messaggio però
risulta essere abbastanza chiaro. Con questo comunicato intendiamo
rivolgerci a tutte le compagne ed i compagni, alle associazioni, ai
comitati, alle tante persone che abbiamo incrociato in questi anni e
con le quali abbiamo collaborato per "costruire un futuro migliore", ma
anche alla cittadinanza tutta, non credendo che possa essere un motivo
di festeggiamento la nostra "fine".
Lo spazio che occupiamo è la struttura del Parco Cartella, a
Gallico (costata all'epoca circa 1,7 miliardi delle vecchie lire) che
più di 7 anni fa abbiamo sottratto all'incuria e al degrado in
cui era stato abbandonato, e trasformandolo in luogo di aggregazione e
di propulsione per battaglie di libertà e dignità, oltre
che di promozione artistica e culturale".
Ma l'analisi contenuta nel documento non si ferma solo ai
disturbi arrecati ai "dominatori sociali" dall'attività del
centro; si parla anche degli appetiti speculativi di consorterie
politico-mafiose che non rinunciano al sogno di mettere le mani su
questa struttura. La straordinaria coincidenza tra l'idea di una
manifestazione contro l'apertura dei cantieri del Ponte (che è
stata lanciata proprio in una partecipata assemblea promossa dal CSOA
Cartella) e il verificarsi di atti ignobili di intimidazione e minaccia
la dice lunga sulla necessità che i poteri forti hanno di
instaurare in Italia (e nel Sud in particolare) un clima di conformismo
sociale capace di annullare ogni azione liberatoria, per preservare gli
interessi speculativi contro l'uomo ambiente e i suoi inalienabili
desideri di vita.
A.P.
Sabato 14 novembre si è tenuta a Firenze una manifestazione
contro l'apartheid in Palestina promossa dalla Comunità
Palestinese, dall'Associazione di Amicizia Italo-palestinese e da varie
associazioni, centri sociali, partiti e gruppi dell'estrema sinistra.
L'iniziativa rientrava nel quadro della settimana di mobilitazione
contro il muro dell'apartheid in Palestina e rispondeva ad un appello
lanciato dai movimenti di base palestinesi.
L'obbiettivo era fare opera di denuncia contro "la politica di dominio
e ghettizzazione adottata da Israele con il sistema del muro" e
altresì "denunciare la repressione criminale del popolo che
resiste, lottando contro la costruzione di questo muro". La
manifestazione era anche in appoggio alla campagna internazionale di
Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro l'economia
militarizzata di Israele e la politica di sterminio dei palestinesi. Il
corteo partito da Piazza della Repubblica e che ha attraversato le vie
del centro di Firenze, è stato decisamente contenuto nei numeri:
erano presenti circa 150 persone. Al di là delle molte sigle
formalmente aderenti all'inziativa, la presenza reale era composta
principalmente dall'associazione Italo-Palestinese, poi vi erano alcune
decine di compagni del Centro Popolare Autogestito di Firenze Sud ed
infine una dignitosa presenza di una quindicina di compagni anarchici
venuti da varie località (Firenze, Volterra, Arezzo, Livorno,
Pisa) e appartenenti a vari gruppi e circoli della Toscana. La presenza
anarchica si è caratterizzata con alcune bandiere rosso-nere,
mentre il Kronstadt Anarchico Toscano ha distribuito un suo volantino
"Vita terra e libertà per la gente di Palestina". Il volantino
dopo aver ricordato tutti gli orrori passati e presenti che hanno
funestato e funestano le popolazioni palestinesi, ha sottolineato
l'alto valore del movimento di azione diretta unitaria contro
l'apartheid della Cisgiordania (comitati di villaggio palestinesi +
ribelli israeliani + attivisti intenazionali). In particolare si sono
sottolineate la pratica dell'autorganizzazione di villaggio e la ferma
volontà di quel movimento a non farsi dettare tempi e modi della
lotta da strutture para-militari esterne. Nel volantino si è
anche messo in luce che il movimento della Cisgiordania è
idealmente e praticamente alternativo sia al partito di Hamas che a
quello di Fatah e si è auspicato che movimenti simili possano un
giorno estendersi anche alla martoriata striscia di Gaza. Infine si
è affermato che la campagna internazionale di Boicottaggio,
Disivestimento e Sanzioni (BDS) può rapppresentare un importante
strumento purchè si mantenga autonoma da ogni Potere. Nel suo
complesso la manifestazione, pur ridotta nei numeri, è stata
estremamente comunicativa. Numerosi i cartelli esplicativi e continua
l'opera di informazione dettagliata, tramite megafono, delle
conseguenze tragiche che il muro dell'apartheid ha sulla vita dei
palestinesi. Molta è stata la curiosità da parte delle
persone che affollavano il centro fiorentino nel sabato pomeriggio di
shopping, nonchè dei numerosi turisti. Una iniziativa piccola
quindi, ma che ha avuto il grande merito di dare continuità
all'opera di denuncia sull'orrore mediorientale che ultimamente ha
avuto un brusco calo di attenzione generale.
Claudio Strambi - Pisa