Volenti o nolenti, spesso e volentieri la realtà
metropolitana di una città come Milano diventa privilegiato
osservatorio per comprendere le dinamiche politiche e sociali in atto.
In questi ultimi mesi si è assistito ad una recrudescenza delle
politiche e pratiche repressive perpetrate dallo stato italiano, nelle
sue articolazioni amministrative di tipo locale, nei confronti di
chiunque rappresenti diversità (popolazioni migranti, Rom,
antagonisti, ecc.).
Emblematico, per comprendere i riferimenti di modello per questa casta
dirigente, semplicemente leggere l'elenco delle candidature per
l'Ambrogino d'oro, onorificenza data dal Comune di Milano ai suoi
cittadini "illustri" e d'esempio per la collettività.
Ne basta nominare solo due, ma la lista prosegue sullo stesso stile: si
va da Marina Berlusconi – primogenita di Mr. Silvio – presidente di
Mondadori ossia di quella azienda su cui grava una sospensione di
condanna e pena di risarcimento multimilionario nei confronti del
gruppo DeBenedetti per le procedure di acquisizione della holding dalla
famiglia fondatrice; alla famigerata squadraccia "Puma" della Polizia
locale salita alle cronache per le proprie scorribande sui mezzi
pubblici milanesi alla caccia di cittadini migranti sprovvisti di
documenti e da caricare su gabbie a quattro ruote fornite dalla solerte
ATM-spa per la deportazione nel lager di Via Corelli.
Scartati dalla "nomination" gli operai della INNSE e lo scrittore-giornalista Saviano.
In breve sintesi il loro modello di cittadino "modello" è
l'imprenditore corrotto e corruttore o lo sgherro al proprio servizio.
Le cronache di questi ultimi giorni, se se ne voleva conferma,
evidenziano la profonda alleanza e legame tra le varie articolazioni
dei poteri dello stato: potere politico locale, organi di polizia,
magistratura.
Ogni azione di contestazione alla situazione attuale viene
stigmatizzata preventivamente dal puntuale comunicato dello "sceriffo"
De Corato a cui fa seguito l'operazione militare di varie polizie con
conseguente rinvio a giudizio da parte di solerti magistrati – gli
stessi che il "premier" si ostina a chiamare comunisti, toghe rosse,
ecc. – verso i malcapitati a cui tocca, sempre più come normale
prassi, essere condotti in Questura e in carcere in attesa di
"giudizio".
È il caso di cinque giovani compagni impegnati nella lotta,
soprattutto all'interno dell'Università statale di Milano, e ora
agli arresti con l'accusa, surreale se non vi fossero potenziali
condanne oltre i quattro anni, di rapina per non aver pagato qualche
centinaio di fotocopie ad una libreria a gestione "Comunione e
Liberazione" su cui sarà necessaria una capillare e vasta
operazione di controinformazione.
È il caso di due giovani studenti rinviati a giudizio per
direttissima con l'accusa di resistenza e lesioni a seguito di una
caccia all'uomo in stile cileno condotta da polizia e carabinieri a
conclusione di un corteo studentesco a difesa del diritto allo studio e
per la sopravvivenza delle scuole civiche serali dismesse dal Comune
privando così, materialmente, chi ha necessità di
lavorare per mantenersi agli studi.
Ben sappiamo, da quella tragica e assassina notte del 15 dicembre 1969,
come sia pericoloso trascorrervi anche un solo minuto in questi
ambienti.
L'attacco preventivo contro le realtà antagoniste, contro
chiunque esprima dissenso, attuato per "decapitare" una possibile
reazione politica alla crisi economico-sociale in atto con sbocchi di
reale e continuato conflitto sociale, si attua con duplice
modalità.
Ove non è possibile la repressione tout-court, si tolgono spazi
e agibilità fisica all'interno della città con continui
sgomberi degli spazi occupati o con la vendita, per cartolarizzazioni a
vantaggio di esigue casse comunali indebitatesi per spregiudicati
giochi in Borsa, di locali adibiti a sedi di associazioni, sindacati,
ecc.
È il caso della sede nazionale dell'U.S.I.-A.I.T. di Viale
Bligny venduta dal Comune all'Università "Bocconi" ed ora,
essendo in stato di "occupante" arriveranno denunce e condanne di tipo
economico di centinaia di migliaia di euro.
È quello che potrebbe verificarsi nei confronti della
Federazione Anarchica Milanese – F.A.I. per la propria storica
sede di Viale Monza ceduta dal Comune ad un fondo immobiliare straniero
e sicuramente messa in vendita a partire dall'1 gennaio 2010.
Il loro tentativo di "normalizzazione" della vita sociale della
città, da attuarsi per la loro vetrina "Expo 2015", si
attuerà quindi con manganelli e ruspe e spetta quindi a noi
provvedere ad una reale pratica, in primis, di tipo resistenziale per
rivendicare il diritto elementare ad esistere.
Una resistenza che abbia volontà e capacità di esprimersi
oltre il normale, e purtroppo sempre più esiguo, circuito
militante ma che si dipani alla città tutta.
Una protesta lucida, determinata ma che abbia parole d'ordine di
proposta per una reale vita alternativa all'interno della metropoli.
Una vita realmente libera, solidale, mutualistica, autogestionaria e
chi, meglio del movimento anarchico può indicare questa strada e
modalità per percorrerla.
Da oltre un secolo abbiamo ai piedi le scarpe giuste, ora non ci resta che metterci in cammino.
Paolo Masala