Umanità Nova, n.42 del 29 novembre 2009, anno 89

Materiale per il dibattito. La fiaccola e i tempi bui


Ho letto con interesse l'articolo di Antonio Cardella  (Rompere l'isolamento dei tempi bui) in U.N. dell'8 novembre. Del resto, sono stato io a suggerire che il numero di novembre di Cenerentola fosse dedicato al tema della democrazia. Perché parlare di democrazia? Per il semplice fatto che il degrado delle istituzioni poste a garanzia dei principi democratici e liberali, che dovrebbero essere i pilastri costitutivi delle società dell'Occidente capitalista, sta procedendo ad un ritmo preoccupante.
Certo, sappiamo che i principi democratici e liberali sono un sottile velo dietro cui si cela la vera essenza del potere, ossia l'oppressione e lo sfruttamento imposti, in definitiva, con la forza fisica e mediatica. Tutto giusto. Eppure ... è sensato assistere passivamente al fenomeno della marea montante dell'autoritarismo e della violenza di Stato, tanto più pericolosa in quanto assecondata da una opinione pubblica stordita dalla televisione e accecata dall'ansia di difendere il relativo benessere conquistato negli ultimi decenni?
Condivido le considerazioni di Antonio relative al comportamento sempre più invasivo da parte del governo. Ritengo inaccettabile che il presidente del consiglio si consideri al tal punto inattaccabile (neanche fosse un Papa), per cui qualsiasi critica nei confronti del suo operato debba essere considerata come un attacco alle istituzioni.
Certo, vedere una testata come Repubblica, che fa parte di un grande gruppo finanziario e riceve fior di contributi statali, organizzare una manifestazione in difesa della libertà di stampa può far sorridere. Eppure ... si sta costruendo un clima in cui chiunque disapprovi le azioni intraprese dall'esecutivo è automaticamente considerato come un pericoloso eversore dell'ordine repubblicano. Al tradizionale equilibrio tra i poteri si sta cercando di sostituire la prepotenza del governo, spacciato come istituzione consacrata direttamente da una presunta volontà popolare.
Tutto ciò avviene nell'indifferenza, se non con il beneplacito, di una fetta notevole dell'opinione pubblica. Non è qui la sede dove discutere gli errori compiuti dalla sinistra (e anche da noi) che hanno favorito il successo della Lega Nord nell'Italia Settentrionale e degli altri partiti di destra nelle restanti aree del paese. Tuttavia, l'effetto finale di tali dinamiche è stato uno spostamento della sensibilità politica di buona parte degli italiani a favore dell'autoritarismo.
Non si tratta di astratte preoccupazioni di natura sociologica o di capricci a sfondo culturale. Il collasso finanziario e la crisi economica che sta montando (non illudiamoci, il peggio, per i lavoratori, deve ancora arrivare) avrà un impatto notevole sulle società europee. Ricordiamoci come, in occasione della Grande Depressione degli anni '30, molti popoli europei si volsero a destra e il vecchio continente divenne un ricettacolo di regimi autoritari (Italia, Spagna, Russia, Germania, etc.). Oggi, l'orientamento degli italiani, costruito sapientemente anche dai mass media, rappresenta un'occasione che le componenti più reazionarie non si sono fatte sfuggire. Dalla sistematica opera di infiltrazione delle organizzazioni dell'estrema destra tra le tifoserie calcistiche con l'intento di creare vivai di picchiatori, fino alla deriva fascista di consistenti settori delle forze dell'ordine: le giornate "cilene", durante il G8 di Genova, sono state un preambolo ai comportamenti emersi, per esempio, in occasione della inaccettabile morte di cittadini arrestati da polizia e carabinieri (Aldrovandi e Cucchi). Vi è poi il pericolo maggiore costituito dalla diffusione dell'ideologia, di simboli e di atteggiamenti fascisti all'interno delle forze armate, emergenza segnalata con allarme anche da alcuni (purtroppo pochi) alti ufficiali. Tale perverso processo di radicalizzazione politica cui sono state fatte oggetto le citate organizzazioni statali ha riflessi inquietanti.
Ecco perché oggi la difesa della democrazia e dei principi liberali rappresenta una sorta di extrema ratio cui non ci si può sottrarre. Su questo terreno dobbiamo cercare alleati in tutte quelle forze politiche e quelle personalità sinceramente contrarie ad involuzioni autoritarie. In questo senso, il nostro movimento deve essere presente e riconoscibile in ogni battaglia a favore della libertà, dell'uguaglianza e della dignità delle persone.
Concordo con le conclusioni di Antonio: abbiamo la necessità di essere visibili attraverso una propositività magari minimale ma concreta e, aggiungo, di battere il tentativo (fino ad ora, purtroppo, piuttosto riuscito) di rappresentare il movimento anarchico come un ristrettissimo circolo di stralunati fabbricatori di petardi.
Una svolta libertaria rappresenta l'unica seria via d'uscita dalla crisi (che non è solo economica) in cui sono cadute le società capitaliste dell'Occidente. Abbiamo una buona carta in mano, proviamo almeno a giocarcela.

Toni Iero

Nota redazionale
Pubblichiamo anche questo contributo al dibattito che sottolinea e rafforza alcuni concetti espressi in un precedente intervento di Antonio Cardella. Per il dibattito, appunto, affinché sui temi sollevati si sviluppi un confronto e si elaborino delle modalità di azione per contrastare la canea montante.
Andrebbe da sé che le argomentazioni sono responsabilità di chi le scrive ma aggiungiamo queste note per rispondere ad alcune polemiche e "mal di pancia" che ci sono giunte.
La scelta di dare spazio a questi interventi attiene alla nostra responsabilità. Lo facciamo perché riteniamo utile il confronto.
Da questo non scaturisce alcuna "linea". Così come quando abbiamo pubblicato (e ancora lo faremo) interventi sulla "crisi" del sindacalismo di base non abbiamo sposato a priori nessuna linea; però qualcuno, stupidamente, ha voluto vederci una posizione filo-CUB, attaccando, in modo ancor più improprio, la FAI ed il convegno sul mondo del lavoro che si è tenuto a Milano alcune settimane fa.
Se linea mai ci dovesse essere questa è quella del giornale secondo l'interpretazione che ne dà l'attuale redazione e la nostra linea è quella di dare il massimo spazio possibile all'azione pratica che le compagne ed i compagni sviluppano nel conflitto sociale; alle riflessioni che da questa scaturiscono; all'analisi dei fatti contemporanei ed alla critica delle strategie di dominazione.
Quindi eventuali repliche ai concetti di democrazia e liberalismo che in questi due interventi vengono espressi e che, anche a noi, paiono un po' appiattiti sul senso comune, possono trovare spazio nel "materiale per il dibattito". Così come la frase «stralunati fabbricatori di petardi» la interpretiamo come una umoristica metafora. Ma non avrebbe nessun senso, per noi, il censurarla.

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