Ho letto con interesse l'articolo di Antonio Cardella (Rompere
l'isolamento dei tempi bui) in U.N. dell'8 novembre. Del resto, sono
stato io a suggerire che il numero di novembre di Cenerentola fosse
dedicato al tema della democrazia. Perché parlare di democrazia?
Per il semplice fatto che il degrado delle istituzioni poste a garanzia
dei principi democratici e liberali, che dovrebbero essere i pilastri
costitutivi delle società dell'Occidente capitalista, sta
procedendo ad un ritmo preoccupante.
Certo, sappiamo che i principi democratici e liberali sono un sottile
velo dietro cui si cela la vera essenza del potere, ossia l'oppressione
e lo sfruttamento imposti, in definitiva, con la forza fisica e
mediatica. Tutto giusto. Eppure ... è sensato assistere
passivamente al fenomeno della marea montante dell'autoritarismo e
della violenza di Stato, tanto più pericolosa in quanto
assecondata da una opinione pubblica stordita dalla televisione e
accecata dall'ansia di difendere il relativo benessere conquistato
negli ultimi decenni?
Condivido le considerazioni di Antonio relative al comportamento sempre
più invasivo da parte del governo. Ritengo inaccettabile che il
presidente del consiglio si consideri al tal punto inattaccabile
(neanche fosse un Papa), per cui qualsiasi critica nei confronti del
suo operato debba essere considerata come un attacco alle istituzioni.
Certo, vedere una testata come Repubblica, che fa parte di un grande
gruppo finanziario e riceve fior di contributi statali, organizzare una
manifestazione in difesa della libertà di stampa può far
sorridere. Eppure ... si sta costruendo un clima in cui chiunque
disapprovi le azioni intraprese dall'esecutivo è automaticamente
considerato come un pericoloso eversore dell'ordine repubblicano. Al
tradizionale equilibrio tra i poteri si sta cercando di sostituire la
prepotenza del governo, spacciato come istituzione consacrata
direttamente da una presunta volontà popolare.
Tutto ciò avviene nell'indifferenza, se non con il beneplacito,
di una fetta notevole dell'opinione pubblica. Non è qui la sede
dove discutere gli errori compiuti dalla sinistra (e anche da noi) che
hanno favorito il successo della Lega Nord nell'Italia Settentrionale e
degli altri partiti di destra nelle restanti aree del paese. Tuttavia,
l'effetto finale di tali dinamiche è stato uno spostamento della
sensibilità politica di buona parte degli italiani a favore
dell'autoritarismo.
Non si tratta di astratte preoccupazioni di natura sociologica o di
capricci a sfondo culturale. Il collasso finanziario e la crisi
economica che sta montando (non illudiamoci, il peggio, per i
lavoratori, deve ancora arrivare) avrà un impatto notevole sulle
società europee. Ricordiamoci come, in occasione della Grande
Depressione degli anni '30, molti popoli europei si volsero a destra e
il vecchio continente divenne un ricettacolo di regimi autoritari
(Italia, Spagna, Russia, Germania, etc.). Oggi, l'orientamento degli
italiani, costruito sapientemente anche dai mass media, rappresenta
un'occasione che le componenti più reazionarie non si sono fatte
sfuggire. Dalla sistematica opera di infiltrazione delle organizzazioni
dell'estrema destra tra le tifoserie calcistiche con l'intento di
creare vivai di picchiatori, fino alla deriva fascista di consistenti
settori delle forze dell'ordine: le giornate "cilene", durante il G8 di
Genova, sono state un preambolo ai comportamenti emersi, per esempio,
in occasione della inaccettabile morte di cittadini arrestati da
polizia e carabinieri (Aldrovandi e Cucchi). Vi è poi il
pericolo maggiore costituito dalla diffusione dell'ideologia, di
simboli e di atteggiamenti fascisti all'interno delle forze armate,
emergenza segnalata con allarme anche da alcuni (purtroppo pochi) alti
ufficiali. Tale perverso processo di radicalizzazione politica cui sono
state fatte oggetto le citate organizzazioni statali ha riflessi
inquietanti.
Ecco perché oggi la difesa della democrazia e dei principi
liberali rappresenta una sorta di extrema ratio cui non ci si
può sottrarre. Su questo terreno dobbiamo cercare alleati in
tutte quelle forze politiche e quelle personalità sinceramente
contrarie ad involuzioni autoritarie. In questo senso, il nostro
movimento deve essere presente e riconoscibile in ogni battaglia a
favore della libertà, dell'uguaglianza e della dignità
delle persone.
Concordo con le conclusioni di Antonio: abbiamo la necessità di
essere visibili attraverso una propositività magari minimale ma
concreta e, aggiungo, di battere il tentativo (fino ad ora, purtroppo,
piuttosto riuscito) di rappresentare il movimento anarchico come un
ristrettissimo circolo di stralunati fabbricatori di petardi.
Una svolta libertaria rappresenta l'unica seria via d'uscita dalla
crisi (che non è solo economica) in cui sono cadute le
società capitaliste dell'Occidente. Abbiamo una buona carta in
mano, proviamo almeno a giocarcela.
Toni Iero
Nota redazionale
Pubblichiamo anche questo contributo
al dibattito che sottolinea e rafforza alcuni concetti espressi in un
precedente intervento di Antonio Cardella. Per il dibattito, appunto,
affinché sui temi sollevati si sviluppi un confronto e si
elaborino delle modalità di azione per contrastare la canea
montante.
Andrebbe da sé che le
argomentazioni sono responsabilità di chi le scrive ma
aggiungiamo queste note per rispondere ad alcune polemiche e "mal di
pancia" che ci sono giunte.
La scelta di dare spazio a questi
interventi attiene alla nostra responsabilità. Lo facciamo
perché riteniamo utile il confronto.
Da questo non scaturisce alcuna
"linea". Così come quando abbiamo pubblicato (e ancora lo
faremo) interventi sulla "crisi" del sindacalismo di base non abbiamo
sposato a priori nessuna linea; però qualcuno, stupidamente, ha
voluto vederci una posizione filo-CUB, attaccando, in modo ancor
più improprio, la FAI ed il convegno sul mondo del lavoro che si
è tenuto a Milano alcune settimane fa.
Se linea mai ci dovesse essere questa
è quella del giornale secondo l'interpretazione che ne dà
l'attuale redazione e la nostra linea è quella di dare il
massimo spazio possibile all'azione pratica che le compagne ed i
compagni sviluppano nel conflitto sociale; alle riflessioni che da
questa scaturiscono; all'analisi dei fatti contemporanei ed alla
critica delle strategie di dominazione.
Quindi eventuali repliche ai concetti
di democrazia e liberalismo che in questi due interventi vengono
espressi e che, anche a noi, paiono un po' appiattiti sul senso comune,
possono trovare spazio nel "materiale per il dibattito". Così
come la frase «stralunati fabbricatori di petardi» la
interpretiamo come una umoristica metafora. Ma non avrebbe nessun
senso, per noi, il censurarla.