Qualche giorno fa ho ascoltato, sulle frequenze di una nota radio
milanese, la dichiarazione del gestore di un bar che affermava con un
certo orgoglio: "Nel mio locale, un bicchier d'acqua del rubinetto non
l'ho mai fatto pagare!" Qualcuno potrà commentare: "E vorrei
vedere che non fosse così ..!!" e non solo perché il
costo dell'acqua distribuita attraverso le condotte municipali a Milano
è tra i più bassi d'Italia. Del resto, fa parte del
senso comune l'idea che offrire dell'acqua ad un altro essere umano sia
da sempre un segnale di ospitale solidarietà, indipendentemente
dalla cultura, religione o paese di provenienza.
Ma sarà ancora così, in futuro? Probabilmente no, almeno
a giudicare da quanto deciso, con voto di fiducia, dall'attuale
maggioranza di governo. Ci riferiamo al decreto Ronchi (ministro per le
politiche europee) detto "salva infrazioni comunitarie" convertito in
legge n.166 dalla Camera lo scorso 20 novembre. All'interno di questo
pacchetto che accorpa una trentina di articoli, ufficialmente adottati
dallo stato italiano per evitare sanzioni legate al mancato rispetto
delle direttive europee, si trova anche il numero 15 che riguarda i
servizi idrici. Non ho le competenze giuridiche né m'interessa
verificare quanto sia reale la necessità di adeguamento ai
dictat europei perché, di fatto, con tale articolo, "banalmente"
inserito in mezzo ad altri, si mette in discussione un principio
fondamentale, quello per cui l'acqua è un bene pubblico, un
diritto a cui tutti gli esseri umani dovrebbero poter accedere.
Il condizionale è d'obbligo dato che tanti, ai vertici delle
gerarchie di comando, si riempiono la bocca parlando di civiltà
e democrazia, sostenendo che tutto debba essere regolato dal primato
del mercato in economia, ma poi paiono dimenticare quel miliardo e
cento milioni di persone che non hanno accesso ad acqua sicura o i due
miliardi e quattrocento milioni, ossia il 40% dell'umana popolazione,
che non dispongono di impianti igienici adeguati.
Per chi fosse più sensibile alle tragedie dell'infanzia aggiungo
che circa 5000 bambini, quotidianamente, muoiono per malattie causate
dall'utilizzo di acqua inquinata.
Se è vero che dalla parte del mondo di chi scrive vivono
comunque i privilegiati, quelli che l'acqua la sprecano e la inquinano,
per un principio etico ancor prima che economico è necessario
denunciare questo ulteriore passo verso la mercificazione di un bene
fondamentale quale è l'acqua.
Quanto recentemente sancito dal parlamento è, in realtà,
solo l'ultimo passaggio verso la completa privatizzazione di questo
indispensabile bene, infatti, già con la legge 36 del 1994
(Galli) che esordiva con l'enunciazione di buoni principi (vedi nota
1), si introduceva con l'art. 9, un'apertura alla gestione dei servizi
idrici per i privati. O meglio, allora gli enti potevano affidare le
reti idriche secondo tre modalità: attraverso una gara,
incaricando una società per azioni a capitale misto
pubblico-privato o direttamente ad una S.p.A. a totale capitale
pubblico.
Un altro colpo lo ha poi assestato la legge n.133 del 2008 (Tremonti)
quella dei tagli alla scuola, dell'ingresso delle fondazioni negli
atenei, della reintroduzione del nucleare e molto altro ancora che
scopriremo a mano a mano che si giungerà all'attuazione delle
norme previste.
In questo quadro, l'ultima legge n.166, definita comunemente sulla
privatizzazione dell'acqua, va semplicemente a specificare alcune norme
già contenute nell'art. 23 bis della 133/08 dove troviamo le
indicazioni che riguardano i "Servizi pubblici locali di rilevanza
economica". Testualmente si legge: "Le disposizioni del presente
articolo disciplinano l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici
locali di rilevanza economica al fine di favorire la più ampia
diffusione dei principi di concorrenza, [...] di libera prestazione dei
servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di
servizi di interesse generale in ambito locale [...] il conferimento
della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a
favore di imprenditori o di società in qualunque forma
costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza
pubblica". Dai successivi commi si deduce che è anche possibile
l'affidamento a società a partecipazione mista pubblica e
privata, a condizione che al socio sia attribuita una partecipazione
non inferiore al 40 per cento, da acquisire sempre attraverso la
procedura della gara.
L'unica deroga a questo impianto di liberalizzazione si trova al comma
3 ...".per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari
caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del
contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e
utile ricorso al mercato, l'affidamento può avvenire a favore di
società a capitale interamente pubblico"... che tradotto
significa: il pubblico è ancora ammesso nei casi in cui nessun
privato si accollerebbe l'onere della gestione in situazioni dove non
c'è possibilità di guadagno!
I precedenti mandati cesseranno alla scadenza naturale dei contratti
solo se si adegueranno alla nuova impostazione secondo una serie di
casistiche che è qui inutile riportare.
Tutte le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate
secondo la modalità cosiddetta "in house", vale a dire a
completa gestione pubblica, cessano, improrogabilmente e senza
necessità di deliberazione da parte dell'ente affidante, alla
data del 31 dicembre 2011.
Perciò, ferma restando la proprietà pubblica delle reti,
la loro gestione sarà affidata, nella quasi totalità, ai
soggetti privati.
Per l'Antitrust, quanto deciso in parlamento è "un buon
provvedimento perché dà luogo a una liberalizzazione da
tanto tempo auspicata". Per Antonio Catricalà: "L'acqua rimane
un bene pubblico e quanto legiferato non significa che necessariamente
si avrà una privatizzazione, ma si apre ai privati la
possibilità di entrare nell'esercizio di questo servizio
essenziale". La proprietà pubblica degli impianti, continua il
numero uno dell'Antitrust, "rimane tale laddove è pubblica.
Rimane da chiarire chi sarà l'autorità che dovrà
verificare e stabilire gli standard di qualità minimi essenziali
e che vigilerà sulle tariffe". Un particolare che a lor signori
appare evidentemente trascurabile, al di là della sottile
finezza secondo cui l'acqua non è privatizzata in quanto
sostanza, ma lo sarà solo la sua captazione, distribuzione,
depurazione.
Intendiamoci, la "gestione pubblica statale" dell'acqua non è
per principio priva di pecche, gli enti pubblici sono infiltrati dai
partiti politici e l'efficienza delle reti distributive è spesso
lontana da standard accettabili. Basti esaminare i dati del Co.Vi.Ri,
il Comitato per la Vigilanza sull'uso delle Risorse idriche, secondo il
quale la quantità di acqua immessa nel sistema idrico nel 2008,
riferita a 36,5 milioni di abitanti, è di 5,308 miliardi di
metri cubi che, rapportata ai 60 milioni di abitanti dell'intero
territorio nazionale, implica un totale di 8,72 miliardi di metri cubi
in circolazione nelle tubazioni, purtroppo le condotte sono soggette a
perdite medie del 30%, in pratica lasciano per strada qualcosa come 2,6
miliardi di metri cubi.
Ma per quale motivo non si fanno investimenti per evitare questo
spreco? Semplice, anche per le gestioni cosiddette in house, secondo le
leggi del mercato, non c'è convenienza poiché dovendo,
fino ad oggi, rispettare dei tetti tariffari che impediscono aumenti
superiori al 5%, non si avrebbe l'adeguata remunerazione degli
investimenti finalizzati a tamponare le perdite. Possiamo quindi
immaginare cosa succederà quando tutto sarà liberalizzato.
C'è qualcuno che sinceramente pensa che i privati entreranno
nell'affare acqua per fare beneficenza? Qualcuno che ha il coraggio di
sostenere che il servizio sarà di maggior qualità mentre
i costi diminuiranno?
Da questo punto di vista è sufficiente verificare i dati dei
comprensori (ATO) in cui il servizio idrico è da tempo in mano
ai privati per avere tutte le risposte. Il business che riguarda l'oro
blu è uno degli affari del presente, ma soprattutto del futuro,
ben lo sanno le multinazionali del settore che hanno fatto sentire la
loro disinteressata influenza al 5° World Water Forum (Forum
Mondiale dell'Acqua) svoltosi ad Istanbul nel marzo di quest'anno dove
30 mila congressisti, tra cui una ventina di capi di Stato e circa 180
ministri dell'Ambiente provenienti da tutto il globo, hanno stilato il
solito elenco di buoni propositi da dare in pasto agli organi della
comunicazione di massa per farci sapere quanto sono sensibili e attenti
ai problemi che riguardano le risorse idriche e gli equilibri tra il
nord e il sud del mondo. Peccato che nel loro documento finale non
siano andati oltre l'affermazione secondo la quale l'accesso all'acqua
"è un bisogno fondamentale umano" .... un bisogno quindi, non un
diritto!
Di fronte alla logica di chi si frega le mani per ogni occasione utile
allo sfruttamento dell'uomo e delle risorse naturali del pianeta per
incrementare il proprio profitto, facciamo nostre le parole di quanti
si battono da anni contro la mercificazione dell'acqua, costituente
fondamentale per ogni forma di vita e diritto umano universale
inalienabile. Insistiamo sulla necessità di garantire la
solidarietà fra le generazioni presenti e le generazioni future.
Rifiutiamo qualsiasi forma di privatizzazione e ribadiamo che la
gestione e il controllo dell'acqua debbono essere di tipo pubblico,
sociale, cooperativo, equo e al di fuori di ogni logica di profitto.
MarTa
(Nota 1)
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e
costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata
secondo criteri di solidarietà.
2. Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le
aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un
integro patrimonio ambientale.
3. Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle
risorse per non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità
dell'ambiente, l'agricoltura, la fauna e la flora acquatiche, i
processi geomorfologici e gli equilibri idrologici
Altri articoli sul tema:
Umanità Nova, n.42 del 29 novembre 2009
Umanità Nova, n.22 del 7 giugno 2009
Umanità Nova, n.13 del 5 aprile 2009
Umanità Nova, n.35 del novembre 2008
Umanità Nova, n.24 dell'8 luglio 2007