Umanità Nova, n.43 del 7 dicembre 2009, anno 89

La mannaia sulla città


Viviamo un momento delicato della lunga transizione o, se si vuole, controrivoluzione italiana. Il ritorno al governo della destra di Berlusconi nel 2008 con una maggioranza parlamentare schiacciante, ha consentito in questo anno e mezzo l'approvazione di una serie di norme grazie alle quali il passo verso una democrazia autoritaria e identitaria è stato accelerato. La parola chiave è "emergenza". In nome dell'emergenza ormai si legifera tutti i giorni e ciò che dovrebbe essere eccezionale diventa normale. In tempi di emergenza le decisioni devono essere rapide ed immediate: solo il governo ed il suo apparato, fatto di prefetti e commissari straordinari, paiono idonei ad assumere le decisioni appropriate "all'emergenza". Con la scusa dell'emergenza (rifiuti, sicurezza, terremoto), tra il maggio 2008 e il luglio 2009 sono state inserite nell'ordinamento norme che consentono la militarizzazione di parti di territorio, definite "di interesse strategico nazionale"; sono stati inviati i militari nelle strade (militari che, ricordiamolo, non sono soldati di leva, ma volontari e professionisti), è stato costruito l'apparato sanzionatorio dei vari "pacchetti sicurezza" che legittimano i sindaci ed i loro vigili urbani a comportarsi come sceriffi ed a moltiplicare i divieti di qualsiasi tipo in nome del "decoro cittadino"; che inaspriscono le pene ed il generale trattamento sanzionatorio per reati come il furto, la rapina, la violazione di domicilio, il danneggiamento, mentre i reati dei "colletti bianchi" sono puniti sempre meno; che stendono intorno ai migranti una rete di norme finalizzata solo a renderne impossibile l'esistenza, colpendoli per il loro semplice status, per quello che sono, non per quello che fanno.
La peculiarità della situazione presente è data dal fatto che l'ordito repressivo appena descritto trova consenso anche in gran parte dei partiti di opposizione rimasti in parlamento, nonché nella maggioranza del paese. Il lavorio di anni in cui i mass media, prima di tutto le televisioni, controllate da Berlusconi, hanno sparso il seme della paura, dell'insicurezza, ha fatto il suo effetto. La crisi economica ci ha messo del suo, così come la precarizzazione delle condizioni di lavoro di milioni di italiani. Insicurezza quindi sparsa a piene mani in ogni aspetto dell'esistenza, così da spostare l'accento sull'insicurezza data dalla "criminalità" e dagli "stranieri", prodotta sensazionalmente dai media, rispetto alla vera, quotidiana, materiale, insicurezza delle condizioni di lavoro, di istruzione, di vita.
Per di più, la tenaglia della paura indotta cancella ogni prospettiva di futuro perché costringe ad uno sguardo impietrito sul presente. Non c'è domani che non sia ripetizione all'infinito dell'oggi.
Nella situazione appena descritta possono capitare agli anarchici un paio di cose: di ritrovarsi ad essere l'unica opposizione sociale e contemporaneamente di rischiare di essere capro espiatorio e strumento dei giochi politico-mediatici altrui. In questi anni che hanno visto la scomparsa dalla scena politica italiana ed in particolare dal parlamento di tutti i partiti "a sinistra" del PD, gli anarchici hanno continuato ad affermare e praticare la loro visione della vita ed i principi in cui credono. Ritrovandosi così ad essere gli unici portatori di una visione alternativa all'esistente, giacché più nessuno contesta radicalmente l'attuale sistema politico-economico proponendo un diverso modello di società, praticando quel che propongono e non semplicemente enunciandolo come utopia di sogno. In una parola, gli anarchici, sulla base di radicali scelte etiche, fanno politica, sono gli unici a fare politica, che è sempre sovversione dell'oggi e costruzione del futuro, e non semplice amministrazione e gestione dell'esistente.
Così, facendo politica, in questo scampolo di autunno 2009, a Torino succede che a due antirazzisti sia data la sorveglianza speciale; che le case occupate siano minacciate di sgombero; che sui compagni della FAI-TO – ma non solo – piovano – oltre alle "solite" multe – denunce per reati legati alle lotte antirazziste, antifasciste, antimilitariste. Si va dalla "violenza privata" per chi osa parlare di fronte ad un'assessore, al vilipendio alla bandiera sino alle minacce a nazisti dichiarati come Borghezio.
Sullo sfondo, a livello locale, la partita tutta aperta delle elezioni regionali della prossima primavera, l'imminente inizio dei sondaggi per il TAV, i futuri "eventi" della Torino "che non sta mai ferma": ostensione della sindone nel 2010 e celebrazioni dei centocinquanta anni dell'unità d'Italia nel 2011. Si mescolano contingenza e prospettive politiche di lungo periodo, ma tutto si raccoglie nella faccia del sindaco di Torino Chiamparino che è l'icona del disfacimento della politica ai tempi della peste: l'amministrazione fine a se stessa. Il presente va benissimo come è, si tratta solo di gestirlo, nel senso di posizionarsi negli snodi dove passano i flussi di denaro e di potere: e di restarci. Un uomo per il quale la ricetta per affermarsi e restare al potere è stato ed è rincorrere la destra più becera sul suo stesso terreno, ponendosi in aperta alternativa con essa facendosi portatore delle stesse "idee": indifferenza ai destini del mondo del lavoro; affermazione di un modello di amministrazione che fa leva sulla gestione di grandi opere e grandi eventi; intolleranza nei confronti di tutti coloro che non accettano di allinearsi e continuano anche solo a parlare di un diverso modo di vivere e lo praticano in prima persona; piena sintonia con il razzismo istituzionale e pervicace sottolineatura del tema sicurezza in modo da lucrare sulla paura indotta da quegli stessi che già detengono il potere.
La Torino dei processi amianto e Thyssen-Krupp è un deserto politico e sociale, in cui gli anarchici, oggi come ieri, lottano con la stessa convinzione e determinazione per ciò in cui credono. Ma quel che rischiano oggi è di essere ristretti nella loro libertà non per ciò che hanno fatto, ma per quel che potrebbero fare (e gli viene applicata la sorveglianza speciale); quel che rischiano oggi è di veder cancellata l'esperienza di occupazioni ultradecennali solo perché un sindaco triste e mediocre possa presentarsi più di destra della destra; quel che rischiano oggi è che a chiamare le cose con il loro nome (ad esempio, nazista Borghezio o assassino l'esercito) si rischiano procedimenti penali.
Inizia un altro inverno, è caduta la prima neve sulle montagne intorno a Torino, dalle valli scende a tratti il primo vento freddo, pungente. Dalla Val di Susa torna a levarsi la voce che dice: "A sarà dura".
Forse la verità è che la Torino vetrina di Chiamparino è una balla bella e buona, perché tutte queste luci restino accese e la vetrina splenda, ci vuole la fatica di migliaia e migliaia di sfruttati; forse la verità è che la Torino operaia è sempre lì al suo posto: certo parla lingue diverse, ha facce straniere, abita le case ed i quartieri che avevano abitato gli immigrati dal meridione degli anni '50 e '60; ha la faccia del precario a vita della pubblica amministrazione o del lavoratore "in affitto" ed interinale o a giornata.
Forse la Torino ribelle ha il merito di non essersi mai piegata e, nelle sue varie componenti, di continuare, con la sua sola esistenza, con le sue pratiche, con i suoi valori, a dire tutti i giorni che "Il re è nudo" e che per quanti sforzi si faccia, la voglia di libertà, di lottare per e praticare la libertà, è assolutamente indomabile ed è quanto di più umano gli uomini abbiano. E che è contagiosa, molto contagiosa…

Federazione Anarchica Torinese – FAI

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