Umanità Nova, n.43 del 7 dicembre 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
bel-lavoro@federazioneanarchica.org

Argentina: espropriata la Zanon, la fabbrica autogestita

"Dopo 9 anni di lotta, siamo riusciti a strappare l'esproprio definitivo".
Questo è il commento festoso e orgoglioso dei lavoratori della Zenon, uno dei simboli del movimento delle fabbriche occupate in Argentina, al momento della notizia. Il governo provinciale ha dovuto cedere, proclamando l'esproprio della fabbrica.
Nel 1998 hanno attivato la commissione interna per lottare contro i licenziamenti, i maltrattamenti, le umiliazioni, per le condizioni di sicurezza e igiene, per i salari. Nel 2000, con la pratica della democrazia diretta, hanno promosso un'organizzazione sindacale al servizio dei lavoratori.
La Zanon è una fabbrica di ceramiche che, dopo il fallimento del novembre 2001, ha riaperto grazie alla lotta dei suoi operai riunitisi nella cooperativa "Fabrica Sin Patrones" (fabbrica senza padroni). In questi anni la Zanon ha aumentato sia gli occupati da 300 a 450 operai, sia la produzione mensile, senza le sovvenzioni statali che il precedente proprietario riceveva ogni mese.
L' occupazione è stata sostenuta con la solidarietà delle comunità vicine, dei lavoratori nel territorio, delle Madri di Plaza de Mayo "adottandoli come loro figli", dalla solidarietà nazionale ed internazionale di compagni che inviavano fondi sciopero per resistere. È  stata consolidata l'unità operai-studenti, sia delle scuole che delle università.
"La nostra lotta si è sempre basata sulla pratica della lotta di classe, identificando i governi, i padroni e le burocrazie sindacali come il nemico dei lavoratori… consideriamo che questa conquista, da parte di tutto l'insieme della classe dei lavoratori, ha un valore enorme, e che questo governo che oggi vota l'esproprio della Zanon è lo stesso che ci ha represso e assassinato i nostri compagni".
"Consideriamo tutto ciò – concludono i lavoratori della Zanon – un contributo alla trasformazione della realtà, riprendendo il sogno di tutti i compagni: una società senza sfruttatori né sfruttati!!"

Moblitazioni contro la chiusura della Maflaw

La Maflaw, azienda metalmeccanica, che produce tubi per condizionamento per auto, leader mondiale nel settore, è una multinazionale con 330 lavoratori a Trezzano sul Naviglio (Milano), circa 100 dipendenti ad Ascoli Piceno, circa 2000 in Polonia, e un migliaio tra Messico, Brasile, Cina, Spagna, Francia.
Il gruppo ha accumulato circa 250 milioni di debiti; 140 milioni in Italia, in gran parte grazie ad una spericolata operazione finanziaria per cui il costo della acquisizione della Manuli da parte del fondo di "privaty equità ILP" è stato caricato sull'azienda acquistata.
La Maflow, come conseguenza di tale situazione finanziaria, si trova da tempo in amministrazione finanziaria straordinaria, con tre commissari nominati dal Ministero delle attività produttive che dovranno decidere delle sorti dei lavoratori dipendenti.
Lo stabilimento maggiormente a rischio è quello di Trezzano S.N. che prevede un suo trasferimento in Polonia, dove il costo del lavoro è più basso. Tutto questo in conseguenza della scelta da parte della BMW, il principale cliente, di sospendere la maggior parte degli ordinativi. Per questo i lavoratori dello stabilimento di Trezzano hanno promosso una mobilitazione di protesta, molto partecipata, sotto la sede del consolato tedesco, dove una delegazione ha richiesto un impegno al ripristino delle commesse da parte della BMW, che per 10 anni è stata servita in modo qualitativamente eccellente. I 330 lavoratori, tra i quali la Flmu–Cub è il sindacato di maggioranza, hanno già in programma un'assemblea in azienda aperta alla solidarietà della cittadinanza, dei lavoratori delle altre aziende, per far pressione anche nei confronti delle istituzioni.

Milano: Esselunga "La cassiera e il mobbing inventato" (*)

2 febbraio 2008, al supermercato Esselunga di Viale Papiniano a Milano una delle cassiere chiede la sostituzione per poter andare in bagno. La risposta del responsabile è negativa. Dopo poco la richiesta viene nuovamente avanzata, ma la risposta è sempre negativa. La cosa si protrae per ben un ora e mezza finché, alla fine, la signora non riesce più a contenersi e si bagna mentre sta servendo l'ennesimo cliente. Ma le viene ugualmente proibito di muoversi dal suo posto, tanto che potrà cambiarsi solo a fine turno, alle 21,30. Il fatto finì sulle pagine dei giornali, sollevando un notevole vespaio di polemiche.
Ci furono ulteriori e infuocate polemiche e, come risposta, una nutrita manifestazione di solidarietà dinanzi al supermercato, dopo che, il 28 delle stesso mese, la cassiera venne aggredita da uno sconosciuto negli spogliatoi del supermercato, riportando pesanti lesioni (trauma cranico facciale, distorsione cervicale, ecchimosi alle gambe e contusione al braccio destro).
Ed ora, a distanza di mesi, la sentenza: archiviazione!
Vengono assolti il direttore, il vicedirettore, il capo cassiere e l'addetto alla sorveglianza. La GIP ha accolto la richiesta del PM, il quale, udite, udite, ha sostenuto la «totale mancanza di attività o volontà persecutoria» da parte dei denunciati. Non è da considerare un reato (perbacco) vietare per un'ora e mezzo al dipendente bisognoso di andare al gabinetto. Quanto poi alle lesioni subite «l'autore del fatto non è stato identificato e pertanto va accolta la richiesta di archiviazione». In sostanza non si può parlare di mobbing dato che «le problematiche che la vittima ha evidenziato appaiono legate ai disturbi psichici e al suo stato di sofferenza psicologica».
A conti fatti, se ti costringono a fare la pipì addosso mentre lavori e poi pure ti menano, non sono loro i cattivi, sei tu che sei fuori di testa.
(*) osceno e fuorviante titolo dell'articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 17/11/2009

Quando il caporalato si maschera da cooperativa

Il sistema delle cooperative è del tutto simile al caporalato, una copertura legalizzata da leggi e accordi sindacali per avere lavoratori superflessibili e mal pagati. I ricatti e le condizioni di lavoro sono ai limiti dello schiavismo, perché ti possono cacciare da un momento all'altro, non hai alcuna tutela (neppure la cassa integrazione) e se sei immigrato rischi anche l'espulsione, a causa della disgustosa Bossi/Fini. Reagire e ribellarsi è difficile, per lottare ci vuole coraggio e la legislazione tutela i padroni. Alla Pigna di Bergamo, amministrata dall'onorevole Jannone del PDL, a fine ottobre due operai pakistani, assunti appunto tramite cooperativa da ben cinque anni, sono stati brutalmente licenziati, anche a seguito degli accordi sottoscritti dai sindacati concertativi.
Per fortuna ogni tanto qualcuno trova la forza e il coraggio di rispondere a queste meccanismo infernale. I due operai hanno iniziato una vertenza per riconquistare il posto di lavoro e smascherare la reale funzione di caporalato che queste cooperative troppo spesso svolgono. L'FLMU–CUB (insieme alla Cub immigrazione) sta sostenendo questa battaglia, che rientra nella più generale difesa dei posti di lavoro e della lotta contro il precariato. Per mettere gli operai immigrati, ancora disoccupati, nelle condizioni più favorevoli per resistere fino alla conclusione positiva della vertenza, è stata anche aperta una raccolta di fondi.

Una strage d'amianto

Nel corso della Conferenza mondiale sull'amianto tenutasi a Taormina (Messina) i ricercatori Ispesl (Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro) denunciano che in Italia ci sono 4 mila morti l'anno per esposizione all'amianto e che il dato è destinato a crescere. Tra il 2015-2018 è previsto un picco di vittime.
"Uno degli obiettivi principali della conferenza – si sottolinea dai ricercatori – è quello di bandire l'amianto a livello internazionale per non creare discrepanze tra i paesi industrializzati e i paesi in via di sviluppo. Intendiamo sollecitare interventi di bonifica e di prevenzione per la sicurezza e la salute dei lavoratori e degli ambienti di vita in quanto sono previsti in Italia più di 27 mila siti contaminati da amianto".

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