Umanità Nova, n.44 del 13 dicembre 2009, anno 89

La Grecia torna a incendiarsi


Fuoco! Il quieto vivere di Atene e di molte altre grandi città elleniche è svanito da un giorno all'altro, incendiato dalle molotov dei rivoltosi e soffocato dai lacrimogeni della polizia. Domenica era il 6 dicembre, anniversario dell'omicidio di Aleaxandros "Alexis" Grigoropoulos, quindicenne freddato dalla pallottola di un poliziotto il 6 dicembre 2008, e nessuno si è presentato impreparato. Non le migliaia di anarchici e comunisti pronti per scendere in piazza e attrezzati di tutto punto. Non le centinaia di attivisti arrivati nei giorni precedenti nel paese, con grande apprensione delle autorità. Non i mediattivisti: sono decine i blog e i siti di controinformazione che, da subito, riportano aggiornamenti in svariate lingue, fotografie, video. E nemmeno la polizia: diecimila uomini solo nella capitale, le squadre in motocicletta delle Delta forces pronte a caricare i cortei, e soprattutto decine di arresti preventivi già nella giornata di sabato, tra cui cinque compagni italiani.
Le cronache della giornata di domenica, come riportateci dal sito dei comunisti libertari londinesi, parlano dell'attacco della polizia al corteo previsto alle ore 13, ancora prima della partenza, e della pronta risposta dei manifestanti a suon di barricate in fiamme e sassaiole. Due i feriti tra i compagni. Scontri anche a Salonicco, Larissa, Patrasso e Heraklion. Anche nella giornata di lunedì, mentre chiudiamo il giornale, si stanno verificando scontri tra manifestanti e polizia, distrutte vetrine, cabine del telefono e fermate del bus.
Sembra di essere tornati a un anno fa, alle tre settimane di rivolta ininterrotta che tennero sotto scacco la Grecia e galvanizzarono gli spiriti ribelli di mezzo mondo. Ma in Grecia intanto qualcosa è cambiato. Lo slogan "Merry Crisis and Happy New Fear" con cui alla vigilia di natale si concludeva la fase più accesa della rivolta faceva riferimento allora ad una debacle economica internazionale ancora agli inizi, le cui conseguenze stavano solo iniziando a uscire dall'iperboreo mondo della finanza e a farsi sentire sulle vite quotidiane dei popoli. Un anno dopo la situazione nel paese ellenico è precipitata, e non c'è traccia di quegli "accenni di ripresa" di cui si riempiono la bocca molti leader occidentali. Il Pil continua a calare. La disoccupazione sfiora il 10%, si stima che il debito pubblico possa superare nel 2010 il 120% del prodotto interno lordo. L'Ocse si dice preoccupata, la Commissione Europea ha avviato una procedura d'infrazione per deficit eccessivo. La finanziaria in discussione in questi giorni prevede il blocco delle assunzioni nel settore pubblico e il congelamento delle pensioni e dei salari dei dipendenti pubblici sopra i 2000€. Un provvedimento che interesserebbe circa 900.000 persone, un cittadino su dodici.
In questo contesto, le cronache hanno riportato, nell'ultimo anno, la ripresa della lotta armata da parte di gruppi marxisti e anarchici in clandestinità e, per contro, l'adozione di politiche xenofobe con la nuova legge sull'immigrazione voluta dal governo uscente, a cui è seguito un rafforzamento elettorale dell'estrema destra (al 7% alle elezioni di ottobre).
L'altra grossa differenza è che ad affrontare questa crisi non ci sono più i conservatori, ma i socialisti del Pasok, secondo molti analisti aiutati nella loro affermazione nelle consultazioni dello scorso ottobre dai moti di piazza dell'inverno precedente. Qualche anima bella potrebbe sognare una maggiore apertura verso le istanze dal basso. Ma quando mai! Socialisti e socialdemocratici europei, ben lungi dall'aver mai avvicinato per via riformista la giustizia sociale, hanno invece una lunga tradizione di nemesi dei moti popolari, comunisti o libertari. Senza bisogno di scomodare le infamie staliniste, dalla repressione della rivoluzione spagnola in poi, basti ricordare cosa avvenne in Germania, dove il socialdemocratico Gustav Noske per reprimere le sollevazioni tedesche del 1918-19 non esitò a far rapire e assassinare Rosa Luxembourg e Karl Liebknecht, e dove le forze socialiste aprirono la strada con l'inazione all'ascesa nazista del 1933, o in Italia, dove  il Psi e il neonato Pci furono prima i pompieri del biennio rosso e poi fecero di tutto per depotenziare il movimento degli Arditi del Popolo, ultima speranza di frenare l'ascesa fascista, fino al tradimento degli ideali rivoluzionari di cui era permeata la resistenza, negli anni '50 e '60.
Così oggi nella Grecia sull'orlo della bancarotta governata dal Pasok la repressione della sollevazione strada per strada è ancora più feroce, determinata e violenta dell'anno scorso. Ancora una volta, più crisi, più paura. Ma i rivoltosi, da quel che ci giunge dalle strade greche, non sembrano troppo impauriti. E se la lezione argentina di inizio decade ci ha insegnato qualcosa, possiamo prevedere che con l'economia al collasso non tutte le simpatie popolari vadano ai governanti e ai loro birri.

bzK

Aggiornamenti in inglese dalla Grecia:
www.occupiedlondon.org/blog
www.libcom.org
http://athens.indymedia.org/?lang=en

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