Fuoco! Il quieto vivere di Atene e di molte altre grandi
città elleniche è svanito da un giorno all'altro,
incendiato dalle molotov dei rivoltosi e soffocato dai lacrimogeni
della polizia. Domenica era il 6 dicembre, anniversario dell'omicidio
di Aleaxandros "Alexis" Grigoropoulos, quindicenne freddato dalla
pallottola di un poliziotto il 6 dicembre 2008, e nessuno si è
presentato impreparato. Non le migliaia di anarchici e comunisti pronti
per scendere in piazza e attrezzati di tutto punto. Non le centinaia di
attivisti arrivati nei giorni precedenti nel paese, con grande
apprensione delle autorità. Non i mediattivisti: sono decine i
blog e i siti di controinformazione che, da subito, riportano
aggiornamenti in svariate lingue, fotografie, video. E nemmeno la
polizia: diecimila uomini solo nella capitale, le squadre in
motocicletta delle Delta forces pronte a caricare i cortei, e
soprattutto decine di arresti preventivi già nella giornata di
sabato, tra cui cinque compagni italiani.
Le cronache della giornata di domenica, come riportateci dal sito dei
comunisti libertari londinesi, parlano dell'attacco della polizia al
corteo previsto alle ore 13, ancora prima della partenza, e della
pronta risposta dei manifestanti a suon di barricate in fiamme e
sassaiole. Due i feriti tra i compagni. Scontri anche a Salonicco,
Larissa, Patrasso e Heraklion. Anche nella giornata di lunedì,
mentre chiudiamo il giornale, si stanno verificando scontri tra
manifestanti e polizia, distrutte vetrine, cabine del telefono e
fermate del bus.
Sembra di essere tornati a un anno fa, alle tre settimane di rivolta
ininterrotta che tennero sotto scacco la Grecia e galvanizzarono gli
spiriti ribelli di mezzo mondo. Ma in Grecia intanto qualcosa è
cambiato. Lo slogan "Merry Crisis and Happy New Fear" con cui alla
vigilia di natale si concludeva la fase più accesa della rivolta
faceva riferimento allora ad una debacle economica internazionale
ancora agli inizi, le cui conseguenze stavano solo iniziando a uscire
dall'iperboreo mondo della finanza e a farsi sentire sulle vite
quotidiane dei popoli. Un anno dopo la situazione nel paese ellenico
è precipitata, e non c'è traccia di quegli "accenni di
ripresa" di cui si riempiono la bocca molti leader occidentali. Il Pil
continua a calare. La disoccupazione sfiora il 10%, si stima che il
debito pubblico possa superare nel 2010 il 120% del prodotto interno
lordo. L'Ocse si dice preoccupata, la Commissione Europea ha avviato
una procedura d'infrazione per deficit eccessivo. La finanziaria in
discussione in questi giorni prevede il blocco delle assunzioni nel
settore pubblico e il congelamento delle pensioni e dei salari dei
dipendenti pubblici sopra i 2000€. Un provvedimento che interesserebbe
circa 900.000 persone, un cittadino su dodici.
In questo contesto, le cronache hanno riportato, nell'ultimo anno, la
ripresa della lotta armata da parte di gruppi marxisti e anarchici in
clandestinità e, per contro, l'adozione di politiche xenofobe
con la nuova legge sull'immigrazione voluta dal governo uscente, a cui
è seguito un rafforzamento elettorale dell'estrema destra (al 7%
alle elezioni di ottobre).
L'altra grossa differenza è che ad affrontare questa crisi non
ci sono più i conservatori, ma i socialisti del Pasok, secondo
molti analisti aiutati nella loro affermazione nelle consultazioni
dello scorso ottobre dai moti di piazza dell'inverno precedente.
Qualche anima bella potrebbe sognare una maggiore apertura verso le
istanze dal basso. Ma quando mai! Socialisti e socialdemocratici
europei, ben lungi dall'aver mai avvicinato per via riformista la
giustizia sociale, hanno invece una lunga tradizione di nemesi dei moti
popolari, comunisti o libertari. Senza bisogno di scomodare le infamie
staliniste, dalla repressione della rivoluzione spagnola in poi, basti
ricordare cosa avvenne in Germania, dove il socialdemocratico Gustav
Noske per reprimere le sollevazioni tedesche del 1918-19 non
esitò a far rapire e assassinare Rosa Luxembourg e Karl
Liebknecht, e dove le forze socialiste aprirono la strada con
l'inazione all'ascesa nazista del 1933, o in Italia, dove il Psi
e il neonato Pci furono prima i pompieri del biennio rosso e poi fecero
di tutto per depotenziare il movimento degli Arditi del Popolo, ultima
speranza di frenare l'ascesa fascista, fino al tradimento degli ideali
rivoluzionari di cui era permeata la resistenza, negli anni '50 e '60.
Così oggi nella Grecia sull'orlo della bancarotta governata dal
Pasok la repressione della sollevazione strada per strada è
ancora più feroce, determinata e violenta dell'anno scorso.
Ancora una volta, più crisi, più paura. Ma i rivoltosi,
da quel che ci giunge dalle strade greche, non sembrano troppo
impauriti. E se la lezione argentina di inizio decade ci ha insegnato
qualcosa, possiamo prevedere che con l'economia al collasso non tutte
le simpatie popolari vadano ai governanti e ai loro birri.
bzK
Aggiornamenti in inglese dalla Grecia:
www.occupiedlondon.org/blog
www.libcom.org
http://athens.indymedia.org/?lang=en