Umanità Nova, n.44 del 13 dicembre 2009, anno 89

Bel lAvoro


A cura della Commissione Lavoro della Federazione Anarchica Milanese
bel-lavoro@federazioneanarchica.org

L'odissea dei lavoratori migranti a Dubai

Il boom edilizio che negli ultimi anni ha interessato gli Emirati arabi del Golfo, tra questi in particolar modo a Dubai, ha alla sua base un elemento ben poco noto ed assai meno edificante. Sono le centinaia di migliaia di immigrati che dall'India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Filippine in questi anni sono accorsi in cerca di lavoro e fortuna. Dopo avere affrontato i disagi di un viaggio di migliaia di chilometri, all'arrivo hanno però scoperto che l'Eldorado loro promesso era in realtà un Inferno fatto di giornate di lavoro di dodici ore e più, di passaporti sequestrati e diritti negati pena l'intervento della polizia e l'espulsione immediata, di paghe bassissime (Human Rights Watch cita come normale uno stipendio di 100 Sterline al mese contro le 1.500 pagate ai lavoratori locali). Per finire, debiti contratti con i datori di lavoro, riducendo i migranti in condizioni tali che nel solo 2007 si sono verificati un centinaio di casi di suicidio. Queste condizioni spaventose di lavoro hanno però sovente spinto gli immigrati ad organizzarsi per reclamare migliori condizioni di lavoro: ad esempio, già nel 2005 e nel 2006 si erano verificati scioperi nei cantieri. Ma il caso più noto si è verificato il 6 Novembre 2007 quando 4.500 lavoratori Indiani, impegnati nella costruzione del grattacielo più alto di Dubai, posarono gli attrezzi di lavoro chiedendo un immediato aumento di circa 130 dollari in aggiunta ai soli 190 dollari della loro paga. Una volta soddisfatte le richieste hanno spinto le autorità di Dubai, prese alla sprovvista e spaventate dalla rivolta, ad emanare una direttiva che obbligava i datori di lavoro a  garantire salari e condizioni di lavoro decenti ai loro dipendenti.

Lavoratore immigrato ucciso perché reclamava 3 mesi di stipendio

L'osceno clima di razzismo che regna in Italia ha inevitabilmente prodotto la sua ennesima vittima. Dopo Ion Cazacu, immigrato rumeno ucciso con il fuoco nel 2000 a Gallarate, perché aveva chiesto di essere regolarizzato, dopo Said, immigrato Egiziano ucciso a colpi di fucile dal figlio del suo datore di lavoro nel 2008 a Gerenzano (Va), perché aveva osato reclamare il pagamento degli stipendi arretrati, dopo altri casi in cui lavoratori immigrati, rimasti ignoti, sono stati ritrovati uccisi in qualche cantiere edile e poi abbandonati, oggi è toccato a Ibrahim M'bodi. Lavoratore edile senegalese di 35 anni che è stato ucciso ai primi di Dicembre con nove coltellate da Michele D'Onofrio. L'ennesimo padroncino schiavista che ha poi abbandonato il cadavere in un fosso delle risaie di Arborio (Vc) come se fosse un sacco a perdere. La colpa di Ibrahim? Aveva chiesto di essere pagato, aveva reclamato il salario arretrato di tre mesi di lavoro. Per questo è stato ucciso, in un Paese che, mentre sguinzaglia le forze dell'ordine alla caccia dell'immigrato irregolare in nome di Legge e Ordine, al tempo stesso permette, anzi, facilita lo sfruttamento più bestiale dei lavoratori migranti come Ibrahim. A costoro vengono riservate solo occupazioni in nero oppure al limite della tanto sbandierata "Legalità", con stipendi al minimo salariale e mansioni ormai rifiutate dagli Italiani. Esseri umani dei quali, quando non servono più al "Sistema Italia", ci si sbarazza volentieri, cacciandoli in un CIE oppure, come nel caso di Ibrahim, uccidendoli.

A Milano  la "rimozione forzata" si blocca per 48 ore

Dall'ora zero della mezzanotte tra venerdì e sabato 5 dicembre, fino alle 24 di domenica 6 dicembre 2009, per un totale di 48 ore, i lavoratori di DOM-PLA Srl e della CAMAR, le ditte che svolgono la cosiddetta "rimozione forzata" degli autoveicoli per conto del Comune di Milano e in ausilio della Polizia Locale, hanno scioperato. "Vogliamo ricordare che questo servizio è essenziale per la rimozione delle auto per le fughe di gas, fermi mezzi ATM e ausilio ai vigili del fuoco" – sottolineano i responsabili di CUB-Trasporti – che hanno indetto la mobilitazione. I motivi principali dello sciopero risiedono nel fatto che il 31/12/2009 termina la deroga dell'appalto e può essere procrastinata al massimo per il mese di gennaio 2010, senza che si sappia niente sulla gara di appalto.
Tutto questo rappresenta una grave incognita sul futuro dei lavoratori occupati. Pertanto viene chiamato in causa la responsabilità del vice sindaco De Corato, con la sua recente nomina come responsabile ai trasporti, affinché "dia risposte concrete alla cittadinanza e ai lavoratori, e alle loro famiglie, che, a un mese della scadenza del citato appalto, il Comune non ha ancora reso noto". Sabato mattina, dalle ore 10, i lavoratori in sciopero si sono trovati in piazza Fontana per rendere pubblica la loro protesta.
Alla Alfa di Arese i lavoratori resistono contro la FIAT
Una vecchia conoscenza del capitalismo italiano, la Fiat: un'azienda che negli anni ha accumulato enormi profitti e che mai ha avuto il minimo di interesse e attenzione verso i propri lavoratori. Con il passare del tempo, naturalmente, la situazione non è migliorata. Adesso i vertici del colosso di Torino hanno fissato le loro attenzioni sull'enorme possibilità speculativa offerta dal polo Alfa Romeo di Arese. In questa zona, nel 2015, si terrà l'Expo e per i rapaci avvoltoi della Fiat l'occasione di business è assai ghiotta. Nonostante accordi e promesse, anche con le amministrazioni, mille posti di lavoro a rischio: l'idea è quella di un licenziamento di massa per lasciare, dove sorge ora lo storico stabilimento, solo un museo, a triste ricordo del passato. Per fortuna agli operai dell'Alfa non difetta la determinazione e la voglia di lottare e anche la scorsa settimana sono state diverse le scadenze di lotta e di protesta per difendere la storica fabbrica e i relativi posti di lavoro. La prima iniziativa, insieme agli operai della Innova Service (la società che ha assunto circa 70 lavoratori ex Fiat anch'essi a rischio licenziamento) ha bloccato la portineria sud ovest dello stabilimento e da lì si è diretta, attraverso la trafficata arteria della "Varesina" verso il vicino comune di Garbagnate Milanese, dove in un'affollata assemblea coi cittadini del paese (molti dei quali hanno lavorato all'Alfa) è stata spiegata la  vertenza. Nello stesso giorno una delegazione dello Slai Cobas ha chiesto la parola ad un incontro con le rappresentanze dei comuni proprio sul tema dei programmi Alfa Romeo – Expo 2015. Infine, lunedì scorso una nuova manifestazione di fronte all'ingresso principale dell'Alfa. Gli operai non mollano, il progetto speculativo della Fiat non passerà tanto facilmente.

I lavoratori dell'Adelchi in lotta per la riapertura della fabbrica

Prendono soldi dallo stato, cercano qualche complice più o meno credibile, licenziano, e vanno a speculare nel terzo mondo. Sarebbe ridicolo se non fosse tragico e non riguardasse la vita di più di 2000 persone. La crisi non c'entra perché commesse e fatturato sono in aumento e i profitti vanno a gonfie vele. Eppure i padroni chiudono le fabbriche e le trasferiscono in paesi dove lo sfruttamento è ancora più facile e impunito. La lunga tradizione calzaturiera del Salento conta poco per l'avidità dei nostri capitalisti. Tricase, Casarano e altri centri della provincia di Lecce stanno subendo un vero e proprio attacco alla dignità dei lavoratori. Le istituzioni locali, che hanno sempre concesso finanziamenti e benefici, non fanno nulla per frenare questa vergogna, i sindacati confederali danno l'ok ai licenziamenti e al calzaturificio Adelchi hanno addirittura approvato un accordo che a fronte di 806 persone in cassa integrazione e 2000 licenziati prevede  il reintegro in fabbrica di 10 operai!  Pare che i padroni del Salento stiano ancora brindando... Per fortuna qualcuno sceglie di non piegare la testa e di reagire. Sostenuti dalla CUB, i lavoratori dell'Adelchi chiedono l'immediata riapertura della fabbrica (con tutti i 2.800 lavoratori) e la restituzione di tutti i soldi che, con la scusa di creare occupazione, i padroni hanno ricevuto in tutti questi anni dallo stato.

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