Umanità Nova, n.45 del 20 dicembre 2009, anno 89

Un Nobel alla guerra psicologica


In un discorso parlamentare del 1919 il primo ministro francese Georges Clemanceau parafrasò una famosa frase di Karl Von Clausewitz, quella che diceva che la guerra non è altro che la politica condotta con altri mezzi. Clemanceau arrivò ad affermare che anche la pace non è altro che la guerra condotta con altri mezzi.
Con Barack Obama si è andati oltre anche questa affermazione di Clemanceau, poiché, grazie all'attuale presidente USA, persino il Nobel per la Pace è diventato uno strumento bellico, cioè un'arma di guerra psicologica, cioè un modo per demoralizzare e confondere il nemico. La chiave del discorso di accettazione del Nobel da parte di Obama si trova infatti nella riaffermazione e nella rinnovata rivendicazione del ruolo di sbirro/boia internazionale da parte del governo statunitense: nel mondo c'è il male, e siamo noi a decidere cos'è bene e cos'è male. Per il governo USA gli Affari sono il Bene, e l'opposizione agli affari, di conseguenza, è il Male.
L'intreccio tra militarismo e affarismo è efficacemente illustrato dal business dell'oppio afgano, coltivato dalla NATO in Afghanistan e poi esportato dalla NATO in tutto il mondo sotto la copertura delle sue basi militari. Ma c'è anche il business dei rifiuti tossici, che la NATO scarica in Campania, all'ombra del segreto militare previsto dalla Legge 123/2008.
 E c'è anche il business della cocaina, che gli USA esportano tramite le loro basi militari in Colombia. Non dimentichiamo poi il business delle bombe. Il contribuente americano è chiamato a finanziare con il suo pubblico denaro non solo le banche, ma anche le aziende private che producono bombe, e visto che gli obiettivi militari non bastano, anche gli obiettivi civili sono OK, anzi sono ideali per alimentare il consumismo delle bombe, il bomb-business.
Tutto questo è il Bene, e far finta di non vederlo va benissimo. Per gli affari, ovviamente.

Comidad

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti