La gestione opaca di miliardi di euro da parte del Dipartimento di
Protezione civile non è più solo un problema di
trasparenza, di infiltrazioni criminali o di commistione tra
Affari&Politica. Ormai assume i contorni di un sistema ben oliato
che consente ad amici e amici degli amici di spartirsi la ricca torta
dell'emergenza e della ricostruzione. Un sistema che permette di
aggirare regole e norme dello stato di diritto e operare, con il
pretesto dell'emergenza, in deroga a tutto, anche alla Costituzione. Un
sistema che, all'occorrenza, interviene persino per aggirare ed eludere
i controlli. Vediamo come tutto ciò è reso possibile
dalla Protezione civile targata Bertolaso.
La gestione dell'affare bagni chimici e le forniture di beni e servizi
della prima emergenza, le modalità in cui sono avvenuti i ritiri
dei certificati antimafia a varie ditte (tra cui l'Impresa Di Marco
srl), il subappalto senza gara a una ditta del senatore nonché
coordinatore del Pdl in Abruzzo Filippo Piccone, l'inchiesta della
Procura di Pescara sulla realizzazione degli uffici Asl de L'Aquila
oppure quella sulla costruzione della nuova Casa dello studente da
parte della regione Lombardia, sono tutti casi che, presi
singolarmente, fanno pensare a qualcosa che non funziona per semplice
incapacità di chi gestisce e coordina. Ma se si prova a guardare
il problema da un'altra ottica, cioè se si ipotizza che invece
il sistema messo in piedi a L'Aquila è stato plasmato dal
Dipartimento di Protezione civile proprio per poter ottenere questi
effetti, allora ci si rende conto che il sistema funziona alla
perfezione. E il panorama che emerge è da far tremare i polsi.
Limitiamoci, a titolo di esempio, ad analizzare quello che sta
succedendo intorno all'affare al momento più grosso, quello che
ruota intorno alle centinaia di milioni di euro del Progetto CASE.
Subito dopo la scossa del 6 aprile il Dipartimento esautora gli enti
locali dei loro poteri, disarticola le forze dell'ordine nelle loro
funzioni e – dopo averlo spopolato di gran parte dei suoi abitanti –
militarizza il territorio. Contemporaneamente, la Protezione civile
avvia il Progetto CASE e assegna appalti per centinaia di milioni di
euro per la costruzione di 4.700 nuovi alloggi. Lo fa senza coinvolgere
gli enti locali e in deroga a tutto: leggi urbanistiche, Piani
regolatori, Piani paesistici e – soprattutto – alla legge sugli appalti.
Lo fa utilizzando due poteri che gli vengono concessi in nome
dell'emergenza: il Potere di Ordinanza, cioè scrivendosi le
leggi da sola, e il Potere di Deroga, cioè eludere le altre
leggi vigenti. Soprattutto può farlo senza passaggi parlamentari
e senza controlli, nemmeno della Corte dei Conti. Un sistema di poteri
straordinari fuori da ogni controllo che – se non viene maneggiato con
cura o se viene posto nelle mani sbagliate – può portare a esiti
imprevedibili e produrre il disastro.
Un caso emblematico, dicevamo, è quello del Progetto CASE. Il
Dipartimento elabora il progetto e dispone il bando di gara a cui – per
la sua stessa natura e per i tempi stretti di realizzazione – possono
rispondere solo poche ditte.
Contemporaneamente con apposita ordinanza il Dipartimento aumenta le
opere subappaltabili dal 30% fino al 50% dei lavori: il risultato
pratico e che così la metà dei finanziamenti vengono
assegnati senza alcuna gara, per affidamento diretto.
A denunciare le prime presenze sospette nei cantieri sono articoli di
stampa e scatta così l'allarme sul rischio infiltrazioni, ma, di
fatto, non si forniscono alle forze dell'ordine gli strumenti di
controllo per le verifiche delle ditte impegnate nei cantieri e quelli
previsti nel decreto non vengono resi operativi.
Le "Linee guida" indicate dal "Comitato di coordinamento per l'alta
sorveglianza delle grandi opere" e persino l'allaccio telematico della
prefettura alle Banche dati del CED non arrivano o arrivano con forte
ritardo. Strumenti fondamentali quali la "Anagrafe informatica di
elenchi di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di
inquinamento mafioso" – cui dovrebbero rivolgersi gli esecutori dei
lavori oggetto del decreto Abruzzo – non viene ancora creata e nemmeno
viene emanato il decreto per la tracciabilità dei flussi
finanziari. Inoltre, non si conosce ancora la composizione e nemmeno se
è operativa la "Sezione specializzata" localizzata in
Prefettura. E poi ancora: non risulta ancora emanato nemmeno il decreto
che renderebbe operativi altri strumenti di contrasto, quali il Gicer,
cioè il Gruppo interforze centrale per l'emergenza e
ricostruzione.
Solo maglie larghe nell'assegnazione di appalti e subappalti e assenza
di strumenti idonei di controllo? No, c'é di più.
Molte ditte subappaltatrici avrebbero iniziato i lavori nei cantieri
senza la necessaria comunicazione di accettazione da parte della
stazione appaltante, cioè la Protezione civile. Nel fare bandi e
ordinanze al potente "Ufficio consulenze legali" del Dipartimento si
sono dimenticati di derogare anche a questa norma: si apre così
una falla che rischia di diventare una voragine. Le forze dell'ordine,
malgrado i pochi mezzi a disposizione, si mettono comunque al lavoro ed
eseguono una serie di accessi direttamente nei cantieri per le
verifiche: accertano così la presenza di almeno 132 imprese al
lavoro con posizione irregolare. A questo punto nel Dipartimento si
sentono mancare la terra sotto i piedi e la preoccupazione diventa
panico: tutto il castello di appalti e subappalti rischia di franare
rovinosamente con conseguenze imprevedibili.
A questo punto la Protezione civile, cosa fa? Prende provvedimenti
contro le ditte per subappalto non autorizzato? No, ricorre ancora una
volta al potere di ordinanza e di deroga e con il gioco ancora in corso
cambia le regole.
A metà novembre, con l'Ordinanza n. 3820, nell'art 2 inserisce
il comma 2. Con una mossa maldestra il Dipartimento elimina –
retroattivamente – il reato di subappalto non autorizzato. Un
intervento di una gravità inaudita, un colpo di spugna che
impedisce non solo gli accertamenti e le verifiche su almeno 132
subappalti sospetti, ma rende inutilizzabili le prove già
raccolte da parte delle forze dell'ordine.
Come risulta sempre più evidente, quella della emergenza
terremoto è una gestione al limite della legalità e ben
oltre quello della decenza. Si spera che qualcuno prima o poi
chiamerà il Dipartimento a rendere conto del suo operato ai
cittadini e non solo.
A. V.