Torino, giovedì 10 dicembre, Barriera di Milano.
Due posti recentemente occupati in città, Cà Neira e
l'Ostile, sono stati sgomberati in contemporanea. Ma non tutte le
ciambelle riescono con il buco. All'Ostile sei occupanti hanno
resistito sul tetto per un'intera giornata prima di venire tirati
giù, mentre in strada le camionette impazzavano contro quelli
che si erano radunati in solidarietà. A Cà Neira, in via
Zandonai, l'ex scuola che abbiamo occupato la scorsa settimana, hanno
fatto più in fretta ma il giorno stesso sono stati obbligati a
impiegare la celere in assetto antisommossa per sgomberarci dall'ex
cinema Zeta, occupato a poche ore dal primo sgombero.
Vale la pena di fare una breve cronaca di una lunga giornata di
repressione e resistenza. Sono le sei del mattino, l'ora degli
sgomberi. Quando la Digos e agenti in assetto antisommossa buttano
giù la porta di Cà Neira, il posto occupato domenica 6
dicembre dalla FAI torinese, due degli occupanti erano appena usciti
per andare al lavoro. I compagni ancora all'interno vengono denunciati
per invasione di edificio. Il tam tam della solidarietà scatta
subito. Arrivano in tanti a dare una mano per portare via tavoli,
stufe, libri, cucine e brande.
Quasi contemporaneamente la polizia si presenta in forze anche
all'Ostile. Sei persone salgono sul tetto e lo stabile viene invaso
dalle forze del disordine statale. Anche qui c'è chi da una mano
a portare via mobili e sacchi a pelo. I sei resteranno sul tetto fino
alla sera. Verso l'ora di cena il presidio di solidarietà viene
disperso con la forza. La polizia impiega idranti, spara lacrimogeni e
carica più volte, l'ultima anche con tre gipponi, con caroselli
in stile anni '70. Fermate 10 persone, quattro durante le cariche ed i
sei sul tetto, tutti rilasciati in nottata. A quelli presi in strada
tocca il peggio: calci, pugni, manganellate. Due dei fermati passano
dall'ospedale prima di essere portati in questura. Una compagna
dell'Asilo ha una frattura scomposta al pollice della mano destra, un
altro compagno ha il volto devastato da un calcio in faccia che gli ha
frantumato gli occhiali sul volto.
I sei del tetto sono denunciati per invasione di edificio, quelli presi
in strada per resistenza. Intanto, nel pomeriggio, la FAI torinese ha
occupato, in risposta allo sgombero del mattino, un ex cinema nel
centro della città, Cà Neira 2. La polizia è
intervenuta con digos e celere in tenuta antisommossa: in quaranta
contro quattro compagni, mentre si formava un presidio di una ventina
di solidali. Danneggiando gravemente la saracinesca di ingresso, la
polizia ha fatto irruzione. Tre compagni vengono tirati giù dal
tetto, poi tocca ad una compagna, che si era incatenata ad una
finestra. I quattro compagni vengono fermati e trattenuti poi in
questura fino a poco prima della mezzanotte: sono stati tutti accusati
di invasione di edificio e danneggiamento; due sono stati denunciati
anche per alcune scritte contro la Croce Rossa che collabora alla
gestione dei CIE.
Non si può dire che a Cà Neira questo sgombero sia giunto
inatteso. L'intervento della polizia è stato preceduto da una
pesantissima campagna di criminalizzazione. Media e politici si sono
scatenati sin dal primo giorno per cercare – senza troppo successo – di
creare allarme sociale intorno alla nuova occupazione. In questi giorni
molti abitanti del quartiere ci hanno mostrato solidarietà e
simpatia, in qualche caso condivisione. Molti consideravano una
vergogna che un edificio pubblico fosse abbandonato al degrado e
all'incuria ed hanno apprezzato che qualcuno, rimboccandosi le maniche,
lo stesse ristrutturando per renderlo agibile.
Per Cà Neira 2, va detto che per la prima volta a Torino la
questura manda la celere in assetto antisommossa a sgomberare un posto
occupato da poco più di un'ora e mezza. È probabile che
la scelta di occupare un altro edificio lo stesso giorno che siamo
stati sgomberati li abbia innervositi un po'.
Il giorno successivo la stampa ha riportato i fatti senza troppa
enfasi, quell'enfasi che invece, nel recente passato, aveva colorato
vicende certo "minori". Questo contrasta con i primi giorni di
occupazione di Cà Neira, quando i quotidiani cittadini, e, in
particolare, la brillante penna di Massimo Numa su "La Stampa", si sono
prodigati in capolavori della disinformazione e della calunnia. La
Stampa e TorinoCronacaqui ci hanno descritti come violenti e rumorosi.
Hanno raccontato che vogliamo "attaccare gli operai dei cantieri Tav"
(La Stampa del 7 dicembre), hanno scritto "Che facciamo baldoria e
Barriera non chiude occhio" (Cronacaqui del 9 dicembre).
Addirittura si sono inventati un concerto che non c'è mai stato.
Questo doppio registro segnala che quello che più temono lor
signori è il radicamento delle esperienze, lo svilupparsi di
relazioni solidali, l'estendersi delle reti di resistenza al razzismo,
alla crisi, alla militarizzazione della città, al Tav.
Non a caso, sabato 12 dicembre, Massimo Numa – sì sempre lui –
si prodiga nel descrivere la ben radicata presenza di anarchici ed
antagonisti nella lotta No Tav, come operazione di "infiltrazione".
Niente di inedito, intendiamoci bene, ma certo un preoccupante
dejà vu del clima che, nel 2005, precedette l'occupazione
militare in Val Susa e le giornate di resistenza tra fine novembre e
metà dicembre.
Ma facciamo un passo indietro.
Da mesi la dialettica tra governo ed opposizione in città si
articola intorno al tema degli sgomberi. Le diverse articolazioni ed
angolature non sono determinate tanto dallo schieramento politico
quanto dal ruolo istituzionale ricoperto. Destra e sinistra stanno da
mesi giocando a scaricabarile, accusandosi reciprocamente di scarsa
determinazione. Il gioco delle poltrone in vista delle prossime
regionali fa da sfondo.
Sul campo resta la questione che le occupazioni pongono: quella del
modello di società. Il minacciato sgombero delle occupazioni
storiche di Torino fatto dal sindaco Chiamparino in accordo con la
destra cittadina più razzista, è stata anche la risposta
alla martellante campagna antirazzista che impegna da oltre un anno e
mezzo tutto il movimento anarchico torinese nelle sue varie componenti.
Se a questo si aggiunge che siamo alla vigilia dei carotaggi per i
cantieri del TAV che riguarderanno Torino come la Val Susa, gli
ingredienti per un bel giro di vite repressivo sono pronti.
Tutti sono d'accordo sulla necessità di cancellare posti e case
occupate, perché, non a torto, sono luoghi dove si praticano la
sovversione sociale e la solidarietà con gli ultimi. Nella
desolazione sociale e politica in cui viviamo, le case occupate sono un
luogo di incontro non mercificato dove praticare e organizzare
opposizione sociale. È indubbio che tutto questo infastidisca,
perché la maschera di belletto, che si vuole continuare a dare
alla città, non può nascondere la realtà dei
fatti: il comune di Torino è sull'orlo della bancarotta a causa
dei debiti delle olimpiadi – 5.000 euro a cittadino, di qualunque
età... Chiamparino ha urgente bisogno di 75 milioni di euro per
chiudere il bilancio di questo anno e per averli ha offerto una decina
di edifici di sua proprietà ad Intesa-Sanpaolo, che
provvederà poi a ristrutturarli. Gli edifici del comune vuoti
sono oltre un centinaio.
Intanto la crisi economica scava un solco sempre più profondo
tra la città dei ricchi, circa il 20% della popolazione, e tutti
gli altri, spingendo ampi settori di piccola borghesia e di operai
della grande industria verso il basso della scala sociale. Il lavoro
è sempre più "precario" ed il modello è sempre
quello iperconsumistico della città vetrina, dove i più
passeggiano come zombi, comparse dell'evento stesso del consumo e degli
"spettacoli" messi in cantiere in continuazione. I prossimi baracconi
in allestimento saranno, nel maggio 2010, l'ostensione della sindone
con visita del papa e, nel 2011, i "festeggiamenti" per i 150 anni
dell'unità di Italia.
Intanto Intesa-Sanpaolo ha gettato le fondamenta del suo grattacielo
vicino al cantiere della nuova stazione di Porta Susa e la Regione
Piemonte ha annunciato la costruzione del "suo" grattacielo in zona
Lingotto. È partito il Freccia Rossa per Milano e Roma, mentre i
treni per i pendolari vengono soppressi e quelli che circolano sono
stipati e sporchi come "carri bestiame".
La scommessa dell'opposizione sociale reale, che oggi si concentra solo
(e non è un fatto di cui rallegrarsi...) nel movimento
anarchico, è quella di non farsi stritolare dalla repressione
(che non è mai venuta meno) e dal bisogno di un capro
espiatorio, magari tutto mediatico, che l'incarognimento della
situazione sociale fa invocare al "popolo"; continuando a battersi
contro questa società "vecchia" e falsamente "giovane",
consumistica, spettacolare, e proponendo un modello di relazioni e di
vita diverse che costruiscano nella quotidianità un mondo
solidale, di liberi ed uguali.
Le case occupate vanno difese e le nuove occupazioni moltiplicate,
perché sono finestre che vengono spalancate per portare aria
fresca e far respirare questa città soffocata non solo dallo
smog vero (Torino è la città più inquinata
d'Europa), ma anche intossicata dalla finzione collettiva della
città vetrina. Le occupazioni fanno bene al corpo della
città: con esse vengono proposti spazi liberati da ogni
sfruttamento, gerarchia, consumismo.
A Torino tra militari nelle strade, check point razzisti e morti sul
lavoro, la scommessa è sempre la stessa. Costruire, con
pazienza, una trama di relazioni solidali, che attraversino le nostre
periferie, azzannate dalla crisi e stritolate dalla guerra tra poveri,
perché l'opposizione sociale si radichi e si radicalizzi, non in
occasionali fiammate, ma nella quotidianità di un conflitto che
ri-ponga al centro la questione sociale.
Le case occupate sono esempi concreti che dicono quanto nudo sia il re,
quanto grigio, vecchio, incarognito: per questo danno tanto fastidio ed
è per questo che vogliamo batterci per liberare ancora altri
posti ed offrirli come occasione a tutti coloro che ci vivono intorno:
a coloro che hanno un lavoro precario o non ce l'hanno; a chi non
riesce a mandare i figli all'asilo; a chi non riesce ad arrivare a fine
mese; a tutti coloro che pensano che questa città non sia quel
teatrino "sempre in movimento", luccicante e artificiale, ma il posto
dove vivere la propria vita diffondendo il virus invincibile della
libertà.
Dopo due sgomberi in un solo giorno, la breve storia di Cà Neira continua...
Federazione Anarchica Torino