Umanità Nova, n.4 del 7 febbraio 2010, anno 90

Sotto assedio


Torino è sotto assedio da tre settimane. Prima l'imposizione armata delle trivelle per il Tav, poi lo sgombero di tre posti occupati in tre giorni.
Il dispiego di forze è impressionante. Intere strade bloccate da decine di mezzi e centinaia di uomini in armi per impedire proteste e manifestazioni.

Martedì 25 gennaio
Il primo a cadere è stato il Velena squat, occupato per la terza volta il 23 gennaio e subito sgomberato il 25 gennaio. Gli agenti della Digos si presentano intorno alle 10,30, cercando di sfondare la porta. Gli occupanti salgono sul tetto dove resistono due ore sotto la neve, mentre i poliziotti gli tolgono le tegole da sotto i piedi. In strada chi improvvisa un blocco stradale viene spinto e minacciato. Alla fine i vigili del fuoco portano una scala per consentire agli occupanti di scendere senza danni. La polizia identifica e denuncia per occupazione e danneggiamenti gli occupanti.

Giovedì 27 gennaio
È la volta della Boccia Squat. La polizia arriva alle cinque del mattino nella bassa palazzina nei giardinetti di via Giacomo Medici 161. I presenti sono identificati e denunciati in tre. La giunta Chiamparino può finalmente fare cassa: la casetta e l'intero giardinetto – di proprietà pubblica – sono stati venduti da tempo per coprire i buchi nel bilancio dopo il disastro olimpico. Un palazzotto sostituirà alberi, panchine e la Boccia. Alla faccia dell'interesse del quartiere!

Venerdì 28 gennaio
È il giorno de Lostile. Rioccupato da due settimane viene sgomberato in meno di un'ora. La polizia arriva in silenzio, intorno alle 6,30: con una scala gli agenti della Digos si arrampicano sul tetto, impedendo ai sei occupanti di reagire. Condotti al commissariato di via Tirreno verranno trattenuti per quasi 12 ore prima di venire rilasciati con l'accusa di invasione di edificio, danneggiamenti, furto di energia elettrica.
Un gruppetto di solidali risponde occupando l'ufficio elettorale di Bresso, già sede PD, in via Palazzo di Città: una dozzina all'interno, altri sei/sette fuori con uno striscione. Quelli del PD non gradiscono la visita: arrivano tre energumeni del servizio d'ordine, e, senza alcun preavviso, aggrediscono i compagni fuori con lo striscione. È questione di un minuto: spray urticante in faccia a tutti e poi giù di manganello. Sulle teste. Una compagna ne esce con un bernoccolo grande come un uovo sul cranio, un altro ha ematomi in testa, un altro ancora ha la mano gonfia e dolorante. Uno squatter, già sgomberato il giorno prima dalla Boccia, ha la testa aperta e perde sangue. Le sue mani insanguinate si imprimono sul muro di via Palazzo di Città. Il giorno dopo i tre picchiatori (post)stalinisti negano tutto.
La polizia interviene poco dopo. Undici dei dodici occupanti sono portati in via Tirreno: usciranno in tarda serata con l'accusa di violenza privata.
Nel pomeriggio sconosciuti mandano in frantumi la vetrina della sede PD di via Cervino in Barriera di Milano.
Intorno alle 18,30 c'è un appuntamento per un presidio che si trasforma in corteo. Una cinquantina di solidali parte dall'angolo tra corso Giulio Cesare e corso Brescia per un giro informativo: dopo una ventina di metri si materializzano decine di blindati e uomini in armi. Carabinieri davanti e finanzieri e poliziotti dietro: i manifestanti, che dall'ampli sull'auto raccontano gli eventi, vengono stretti in una morsa d'acciaio. Dopo mezz'ora di tensione sempre più alta il corteo si scioglie.
Per l'intera giornata ben tre isolati tra corso Vercelli e corso Giulio Cesare vengono bloccati al traffico delle auto: anche i residenti devono "girare al largo", intima un energumeno in divisa ad una famiglia che cerca di tornare a casa. Roba così, da queste parti, la ricordano solo i più vecchi, quelli che erano ragazzi quando c'era l'occupazione nazifascista della città.

Sabato 29 gennaio
All'Asilo occupato l'appuntamento è alle 17. Sono passati 15 anni da quando il vecchio asilo "Principi di Piemonte" di via Alessandria è stato occupato. Come ogni anno si prepara la festa per il compleanno di una delle "case" più longeve di Torino, da tempo in cima alla lista di chi, sindaco in testa e gli altri dietro, vuole sgomberare tutto. O quasi. Qualcuno a sinistra cerca di salvare gli amici, quelli che si presentano con un look più accattivante, gli antagonisti dal volto umano. Ma l'aria è spessa anche per loro di questi tempi.
Intorno alle 19 una cinquantina di anarchici si muove per il tradizionale giro del quartiere. Ma non è un sabato come tanti altri: tre sgomberi in tre giorni, le botte di quelli del servizio d'ordine del PD, le denunce, l'impossibilità di manifestare rendono l'aria pesante. C'è poca voglia di far festa.
Si parte verso Porta Palazzo armati di striscione contro gli sgomberi e di un traballante carrettino a mano con sopra fiori e amplificazione.
Allo sbocco in corso Giulio si materializzano le truppe che imbottigliano i manifestanti. Dopo lunga tensione e scarne trattative, i poliziotti si aprono e il corteo prosegue per piazza della Repubblica. Ma ormai i banchi sono smontati: restano solo i mercandini più tardivi che tirano su la roba e filano di corsa. In terra il consueto strato di cellophan, cartoni e frutta marcia del dopo mercato. Sono andati via anche quelli che raccolgono la roba lasciata in terra dai rivenditori di verdura. La polizia pressa ma i manifestanti sostano a lungo negli angoli della piazza, raccontando le storie che nessuno sa, quelle di chi occupa e rende vivo un posto, senza soldi, senza clienti, senza mercimonio della vita quotidiana. Le storie di chi lotta contro il razzismo, le retate, la violenza di Stato.
Storie sulle quali vogliono scrivere la parola "fine", non sapendo che i posti passano ma le persone che rendono vive le idee di libertà e autogestione restano e trovano altri compagni di strada.
In serata un gruppo di squatter prova a rioccupare l'ex facoltà di Economia e Commercio, nel centro della movida torinese. Ma non ce n'è. La polizia accerchia il palazzo con nove camionette e un centinaio di uomini in divisa. Gli anarchici solidali fuori pressano ma il rapporto è di tre a uno. Alla fine si ottiene che quelli dentro escano senza denuncia e poi tutti a casa. Questa, almeno, l'abbiamo pareggiata.

Lunedì 1 febbraio
La digos recapita ad alcuni compagni della FAI Torinese gli avvisi di conclusione delle indagini per imbrattamento alla sede della Croce Rossa, in occasione della giornata internazionale contro i CIE. Lo stesso giorno arriva anche la conclusione indagini ad anarchici della FAI e di Torino Squatter per vilipendio alle forze armate e alla bandiera nazionale, bruciata in piazza Castello il 4 novembre.
All'ombra della Mole, dove la gente fa sempre più fatica ad arrivare a fine mese, dove chi è in "cassa" è guardato con invidia da chi il lavoro l'ha perso o non ce l'ha, in attesa delle elezioni e dell'ostensione della sindone, destra e sinistra si giocano la partita facendo leva sulla paura e presentandosi come partiti d'ordine.
Spazzare via gli anarchici, comminando denunce e sgomberando case, è il loro obiettivo. Ma, nonostante l'impiego di centinaia di uomini in armi, fanno fatica. Tra ottobre e dicembre hanno sgomberato cinque posti. In gennaio tre posti sono stati rioccupati e nuovamente sgomberati. Ma non finisce certo qui.

Maria Matteo

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