Torino è sotto assedio da tre settimane. Prima l'imposizione
armata delle trivelle per il Tav, poi lo sgombero di tre posti occupati
in tre giorni.
Il dispiego di forze è impressionante. Intere strade bloccate da
decine di mezzi e centinaia di uomini in armi per impedire proteste e
manifestazioni.
Martedì 25 gennaio
Il primo a cadere è stato il Velena squat, occupato per la terza
volta il 23 gennaio e subito sgomberato il 25 gennaio. Gli agenti della
Digos si presentano intorno alle 10,30, cercando di sfondare la porta.
Gli occupanti salgono sul tetto dove resistono due ore sotto la neve,
mentre i poliziotti gli tolgono le tegole da sotto i piedi. In strada
chi improvvisa un blocco stradale viene spinto e minacciato. Alla fine
i vigili del fuoco portano una scala per consentire agli occupanti di
scendere senza danni. La polizia identifica e denuncia per occupazione
e danneggiamenti gli occupanti.
Giovedì 27 gennaio
È la volta della Boccia Squat. La polizia arriva alle cinque del
mattino nella bassa palazzina nei giardinetti di via Giacomo Medici
161. I presenti sono identificati e denunciati in tre. La giunta
Chiamparino può finalmente fare cassa: la casetta e l'intero
giardinetto – di proprietà pubblica – sono stati venduti da
tempo per coprire i buchi nel bilancio dopo il disastro olimpico. Un
palazzotto sostituirà alberi, panchine e la Boccia. Alla faccia
dell'interesse del quartiere!
Venerdì 28 gennaio
È il giorno de Lostile. Rioccupato da due settimane viene
sgomberato in meno di un'ora. La polizia arriva in silenzio, intorno
alle 6,30: con una scala gli agenti della Digos si arrampicano sul
tetto, impedendo ai sei occupanti di reagire. Condotti al commissariato
di via Tirreno verranno trattenuti per quasi 12 ore prima di venire
rilasciati con l'accusa di invasione di edificio, danneggiamenti, furto
di energia elettrica.
Un gruppetto di solidali risponde occupando l'ufficio elettorale di
Bresso, già sede PD, in via Palazzo di Città: una dozzina
all'interno, altri sei/sette fuori con uno striscione. Quelli del PD
non gradiscono la visita: arrivano tre energumeni del servizio
d'ordine, e, senza alcun preavviso, aggrediscono i compagni fuori con
lo striscione. È questione di un minuto: spray urticante in
faccia a tutti e poi giù di manganello. Sulle teste. Una
compagna ne esce con un bernoccolo grande come un uovo sul cranio, un
altro ha ematomi in testa, un altro ancora ha la mano gonfia e
dolorante. Uno squatter, già sgomberato il giorno prima dalla
Boccia, ha la testa aperta e perde sangue. Le sue mani insanguinate si
imprimono sul muro di via Palazzo di Città. Il giorno dopo i tre
picchiatori (post)stalinisti negano tutto.
La polizia interviene poco dopo. Undici dei dodici occupanti sono
portati in via Tirreno: usciranno in tarda serata con l'accusa di
violenza privata.
Nel pomeriggio sconosciuti mandano in frantumi la vetrina della sede PD di via Cervino in Barriera di Milano.
Intorno alle 18,30 c'è un appuntamento per un presidio che si
trasforma in corteo. Una cinquantina di solidali parte dall'angolo tra
corso Giulio Cesare e corso Brescia per un giro informativo: dopo una
ventina di metri si materializzano decine di blindati e uomini in armi.
Carabinieri davanti e finanzieri e poliziotti dietro: i manifestanti,
che dall'ampli sull'auto raccontano gli eventi, vengono stretti in una
morsa d'acciaio. Dopo mezz'ora di tensione sempre più alta il
corteo si scioglie.
Per l'intera giornata ben tre isolati tra corso Vercelli e corso Giulio
Cesare vengono bloccati al traffico delle auto: anche i residenti
devono "girare al largo", intima un energumeno in divisa ad una
famiglia che cerca di tornare a casa. Roba così, da queste
parti, la ricordano solo i più vecchi, quelli che erano ragazzi
quando c'era l'occupazione nazifascista della città.
Sabato 29 gennaio
All'Asilo occupato l'appuntamento è alle 17. Sono passati 15
anni da quando il vecchio asilo "Principi di Piemonte" di via
Alessandria è stato occupato. Come ogni anno si prepara la festa
per il compleanno di una delle "case" più longeve di Torino, da
tempo in cima alla lista di chi, sindaco in testa e gli altri dietro,
vuole sgomberare tutto. O quasi. Qualcuno a sinistra cerca di salvare
gli amici, quelli che si presentano con un look più
accattivante, gli antagonisti dal volto umano. Ma l'aria è
spessa anche per loro di questi tempi.
Intorno alle 19 una cinquantina di anarchici si muove per il
tradizionale giro del quartiere. Ma non è un sabato come tanti
altri: tre sgomberi in tre giorni, le botte di quelli del servizio
d'ordine del PD, le denunce, l'impossibilità di manifestare
rendono l'aria pesante. C'è poca voglia di far festa.
Si parte verso Porta Palazzo armati di striscione contro gli sgomberi e
di un traballante carrettino a mano con sopra fiori e amplificazione.
Allo sbocco in corso Giulio si materializzano le truppe che
imbottigliano i manifestanti. Dopo lunga tensione e scarne trattative,
i poliziotti si aprono e il corteo prosegue per piazza della
Repubblica. Ma ormai i banchi sono smontati: restano solo i mercandini
più tardivi che tirano su la roba e filano di corsa. In terra il
consueto strato di cellophan, cartoni e frutta marcia del dopo mercato.
Sono andati via anche quelli che raccolgono la roba lasciata in terra
dai rivenditori di verdura. La polizia pressa ma i manifestanti sostano
a lungo negli angoli della piazza, raccontando le storie che nessuno
sa, quelle di chi occupa e rende vivo un posto, senza soldi, senza
clienti, senza mercimonio della vita quotidiana. Le storie di chi lotta
contro il razzismo, le retate, la violenza di Stato.
Storie sulle quali vogliono scrivere la parola "fine", non sapendo che
i posti passano ma le persone che rendono vive le idee di
libertà e autogestione restano e trovano altri compagni di
strada.
In serata un gruppo di squatter prova a rioccupare l'ex facoltà
di Economia e Commercio, nel centro della movida torinese. Ma non ce
n'è. La polizia accerchia il palazzo con nove camionette e un
centinaio di uomini in divisa. Gli anarchici solidali fuori pressano ma
il rapporto è di tre a uno. Alla fine si ottiene che quelli
dentro escano senza denuncia e poi tutti a casa. Questa, almeno,
l'abbiamo pareggiata.
Lunedì 1 febbraio
La digos recapita ad alcuni compagni della FAI Torinese gli avvisi di
conclusione delle indagini per imbrattamento alla sede della Croce
Rossa, in occasione della giornata internazionale contro i CIE. Lo
stesso giorno arriva anche la conclusione indagini ad anarchici della
FAI e di Torino Squatter per vilipendio alle forze armate e alla
bandiera nazionale, bruciata in piazza Castello il 4 novembre.
All'ombra della Mole, dove la gente fa sempre più fatica ad
arrivare a fine mese, dove chi è in "cassa" è guardato
con invidia da chi il lavoro l'ha perso o non ce l'ha, in attesa delle
elezioni e dell'ostensione della sindone, destra e sinistra si giocano
la partita facendo leva sulla paura e presentandosi come partiti
d'ordine.
Spazzare via gli anarchici, comminando denunce e sgomberando case,
è il loro obiettivo. Ma, nonostante l'impiego di centinaia di
uomini in armi, fanno fatica. Tra ottobre e dicembre hanno sgomberato
cinque posti. In gennaio tre posti sono stati rioccupati e nuovamente
sgomberati. Ma non finisce certo qui.
Maria Matteo