Si è chiuso da poco il vertice (informale) di Davos. Non
avendo di meglio da fare i commentatori economici giocano su acronimi e
sillogismi. Nei commenti è tutto un giro di BRIC'S e PIG'S.
BRIC è la sigla per l'area economica così detta
"emergente" rappresentata da Brasile, Russia, India e Cina; un'area
tutt'altro che omogenea dove India e Cina rappresentano dei "veri"
paesi capitalistici con un'altra intensità di produzione mentre
Brasile e Russia si caratterizzano per i vasti giacimenti; PIG è
la sigla dell'area economica della sponda sud dell'Europa, rappresenta
Portogallo, Italia e Grecia; paesi con alto deficit ed enorme debito
che hanno la caratteristica di "stare a galla" con inflazione,
svalutazione e taglio dei redditi sociali. Le allusioni si evidenziano
dalle traduzioni di questi acronimi: BRICS starebbe per mattoncini,
esprimendo un senso positivo di costruzione mentre PIGS starebbe per
maialini mettendo in evidenza la riprovazione della finanza
internazionale per queste realtà.
La situazione dell'economia mondiale è ancora in stato di
affanno nonostante ogni governo si spertichi per mettere in luce i
propri "provvedimenti".
Provvedimenti il più delle volte assolutamente virtuali. Al
centro del dibattito c'era, ancora una volta, il tema dei regolamenti e
delle agenzie di regolazione; una serie di regole, cioè per
rendere più sicuro ed etico il sistema.
Ci avreste scommesso? Non se ne è fatto nulla.
Il senso che se ne ricava è che i grandi manager e i grandi
azionisti si siamo già intascati i 750 miliardi di dollari della
manovra mondiale degli inizi del 2009 e che non abbiano nessuna
intenzione di restituirli considerando questa ingente cifra come la
remunerazione delle loro funzioni a sostegno del sistema. Quindi
ricominciano i balletti e le ricette di FMI e BM che tanti guai hanno
prodotto per tutti gli anni '90 del secolo scorso e di questo primo
decennio. Non è affatto casuale che la parole "default"
(fallimento) torni a segnare le fortune delle monete
"non-internazionali" e delle banche centrali dei paesi "non grandi".
Dalla disastrata Argentina all'emergente Venezuela (di cui si parla in
un approfondimento che pubblichiamo su questo numero) le manovre
monetarie anticipano la ridislocazione delle ricchezze secondo una
mappa che non rappresenta tanto le capacità produttive (sia di
materie prime che di manufatti) quanto le capacità militari dei
vari stati.
Anche all'interno dei singoli stati le linee di distribuzione delle
ricchezze si possono leggere in funzione delle capacità militari
dei rispettivi governi.
É il caso della Grecia che dopo aver represso brutalmente anche
le recenti rivolte si appresta ad una manovra modello
Amato-Visco-Tremonti: tagli a salari e pensioni per poter pagare gli
interessi sul debito ai grandi banchieri; gli stessi banchieri che si
sono intascati la grande parte delle risorse anticrisi messe in campo
negli scorsi mesi. In Portogallo come segnalato anche dalla repressione
degli anarcosindacalisti di cui abbiamo parlato nel numero scorso, le
linee di intervento sono analoghe.
Anche le linee del governo italiano andrebbero in questa direzione ma
pare che, per quanto carsica, un'opposizione sociale diffusa ponga un
qualche freno agli ulteriori tagli.
Il "popolo dei tetti", le centinaia di operaie e operai che hanno
occupato le fabbriche si stanno indirizzando, come dimostra la vicenda
Alcoa, non solo a manifestazioni tanto eclatanti quanto simboliche, ma
a far pagare a padroni e governo il maggiore prezzo possibile bloccando
non solo la propria produzione, ma anche quella degli altri
stabilimenti e delle infrastrutture.
Sarà dura come dicono i NoTav oppure sarà lunga come dicono i NoDalMolin?
A noi piace ricordare l'incipit dell'Internazionale: l'emancipazione
dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi o non
sarà!
WS