Umanità Nova, n.4 del 7 febbraio 2010, anno 90

Trivelle, militari, attentati, resistenza


Venaria. 26 e 27 gennaio. Due giorni e due notti di presidio
In via Amati a Venaria – paese della cintura metropolitana di Torino – la trivella per i sondaggi Tav è arrivata nel tardo pomeriggio del 26 gennaio. Siamo in una zona di grandi palazzi stesi lungo la tangenziale: qui l'opposizione al Tav si legge nelle bandiere appese a qualche balcone.
Nel prato di fronte alla trivella ci siamo trovati in tanti: No Tav che si sono fatti tutti i presidi e gente di Venaria preoccupata per il proprio futuro, in questa periferia stesa tra la città e il niente delle auto in corsa oltre la barriera antirumore.
La trivella è difesa dal consueto nugolo di poliziotti, carabinieri e finanzieri in assetto antisommossa. Si contano decine di mezzi e almeno centocinquanta uomini in armi.
Nel tardo pomeriggio una cinquantina di No Tav armati di bandiere e striscioni fronteggia nel prato la polizia. Parte il solito tam tam e presto siamo molti di più. Bidoni, legna, qualcosa da mangiare.
Un camion della ditta Icardi con a bordo i fari per illuminare la trivella viene bloccato in strada dai manifestanti.
Comincia a nevicare.
Dai palazzi vicini arriva qualcosa di caldo da bere: lo portano alcuni anziani solidali con la lotta. All'assemblea che segue forte è la volontà di contrastare il sondaggio, di mettere i bastoni tra le ruote a chi pretende di imporre con la forza un'opera inutile e dannosa.
In serata arriva anche il sindaco Pollari, che si esibisce in complesse acrobazie per acquisire consensi, ma convince poco. Si dice contrario al Tav in Val Susa, ma possibilista su una nuova linea a Venaria. Un colpo al cerchio – i cittadini di Venaria che presidiano la trivella – e un colpo alla botte – il suo partito, il PD, schierato su posizioni si tav.
Un gruppo di No Tav mantiene il presidio anche la notte.
Intorno alle 2 e mezza arriva un camion con i gabinetti chimici. Persino i cessi sono obbligati a portarli di notte, per evitare blocchi e proteste.
Il giorno successivo la pressione popolare obbliga la giunta a chiedere la sospensione dei lavori per consentire il riposo quotidiano ai bimbi della vicina scuola materna.
All'assemblea che si svolge nel tardo pomeriggio partecipano oltre 200 persone, in buona parte cittadini di Venaria. I diversi interventi sottolineano la ferma opposizione al Tav, opera inutile, costosissima, dannosa per la salute e per l'ambiente. In via Amati la gente convive già con gravissime nocività e non vuole tollerarne altre. L'aria è impestata dal passaggio di migliaia di veicoli sulla vicina tangenziale, le barriere non bastano certo ad attutire il fragore, e, come se non bastasse, una linea di tralicci ad alta tensione passa accanto alle case, ben più vicina dei 60 metri prescritti dalle leggi.
I più sono consapevoli che fermare il Tav è possibile, ma serve l'azione diretta popolare e non la delega ai politici a caccia di voti alle comunali del prossimo marzo.
Le bandiere No Tav ai balconi si sono moltiplicate. Tanti hanno manifestato la volontà di riprendere l'iniziativa sul territorio, ridando forza ai comitati No Tav.
Le truppe di occupazione che in armi hanno occupato quest'angolo di Venaria sono state guardate con sospetto e preoccupazione, mentre una calda solidarietà ha accolto i No Tav. Caffè, the, panettoni, salame e formaggio sono stati il segnale concreto che il popolo No Tav ha radici forti.
Nella mattinata del 27 la trivella è stata portata via. Ha "lavorato" solo un giorno e mezzo.
Quando proveranno a impiantare i cantieri i signori del cemento e del tondino troveranno filo da torcere anche a Venaria.

S. Giorio. Giovedì 28 gennaio
Scritte si tav sono comparse sui cippi di alcuni partigiani della zona. Un segnale chiaro: in Val Susa la memoria partigiana è elemento catalizzatore della resistenza al Tav, alla militarizzazione del territorio, all'imposizione di scelte non condivise. Se i (post)fascisti di Marrone avevano rivendicato apertamente la cancellazione della grande scritta No Tav sul Musinè il 23 gennaio, i fascisti che hanno imbrattato lapidi e cippi sono rimasti in silenzio.

Bruzolo. Domenica 31 gennaio
Il terzo attentato in tre settimane distrugge completamente il presidio No Tav di Bruzolo. Già sabato 16 ci avevano provato, danneggiando gravemente la struttura, che resta tuttavia in piedi. Sabato 30 ci provano ancora, arrivando a lasciare una bombola aperta accanto al fuoco, ma i No Tav arrivano in tempo. Non così la sera successiva quando il fuoco distrugge la casetta di legno.

Bussoleno. 29 gennaio
Una scritta gigantesca, realizzata con pali e plastica da cantiere dipinta di bianco, è stata realizzata sulla montagna alle spalle di Bussoleno. "Geomont vergogna!". La Geo.mont di Giuseppe Benente si è aggiudicata l'appalto per alcuni sondaggi, tra cui quello – di un solo giorno – alla stazione di Condove. In paese vengono distribuiti volantini che invitano a boicottare la ditta collaborazionista con i distruttori del Tav.
Le forze politiche ovviamente si schierano a fianco di quelli della Geo.Mont.

Susa e S. Antonino. Sabato 30 e domenica 31 gennaio
I presidi No Tav sorti nell'autoporto di Susa e alla stazione di S. Antonino si sono rafforzati con strutture più stabili. Tra sabato e domenica ci passano centinaia di No Tav, tra cibo e musica popolare.

Tra Roma e Torino. 29 e 30 gennaio
Mario Virano, commissario straordinario per la Torino Lyon, nonché presidente dell'Osservatorio sul Tav, annuncia in pompa magna che i progetti preliminari per la nuova linea possono partire.
Ma è chiaro che la sua euforia è solo di facciata.
Nelle linee di indirizzo diffuse alla stampa non è ancora ben chiaro dove passerebbe la nuova linea: rimangono "scoperti" ancora numerosi nodi. Inoltre ai lavori dell'Osservatorio non hanno preso parte 23 sindaci cui non era stato garantito che l'opzione zero fosse ancora sul tappeto. In quanto ai sondaggi, dei 91 annunciati, ne sono stati fatti solo una dozzina. Le trivelle sono arrivate di notte, accompagnate da centinaia di militari, nulla a che fare con la "trasparenza" promessa da Virano e dalla sua banda. Alcune sono state piazzate in luoghi inaccessibili come la discarica di Basse di Stura, gli altri, tra Torino, Collegno, Susa, Condove, Venaria sono stati contrastati da presidi, blocchi stradali e ferroviari, crescenti proteste popolari.

Sarà dura. Soprattutto per chi pensa di poter mescolare esibizioni muscolari e campagne mediatiche per rompere le gambe ad un movimento che, negli ultimi 20 anni, non ha smesso mai di marciare.

Maria Matteo

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