Umanità Nova, n.4 del 7 febbraio 2010, anno 90

informAzione


Parma. La casa è di chi l'abita

Nella giornata di venerdì 22 gennaio si è svolta una delle fasi decisive di una serie di mobilitazioni di lotta per la casa e contro gli sfratti nella città di Parma: dalla 15.30 per circa quattro ore abbiamo occupato il Duc, area di accoglienza dei cittadini a tutti gli uffici comunali, come Rete Diritti in Casa e Sru, Società di Riappropriazione Urbana (che aveva occupato un'immobile di via Guastalla a anche a fine abitativo, sgomberato a fine anno) per chiedere una soluzione accettabile per una famiglia ivoriana sottoposta a un provvedimento di sfratto esecutivo per morosità e per chiedere il blocco immediato degli sfratti. È stato esposto uno striscione "Stop agli sfratti subito" e sono stati distribuiti numerosi volantini che illustravano la situazione della famiglia e i numeri degli sfratti e delle case vuote a Parma. Gli occupanti, circa una cinquantina compresa la famiglia Badia e molti immigrati che saranno interessati da interventi di sfratto nei prossimi giorni, hanno deciso di non accettare una proposta di incontro con un responsabile del Comune per la mattina seguente (una vera presa in giro), decidendo di restare a oltranza, dopo l'orario di chiusura alle 17.30, fino all'arrivo ad una soluzione accettabile per la famiglia e un incontro con l'Assessore alle Politiche Sociali Lorenzo Lasagna. Dopo diversi tentativi di mediazione e rimpallo di responsabilità tra Comune e Questura, dieci agenti della Digos e una quarantina di poliziotti hanno deciso di sgomberare l'area occupata con un intervento di polizia, a cui gli occupanti hanno opposto resistenza passiva facendosi trascinare a forza fuori dalla struttura. Abbiamo ricevuto solidarietà e approvazione da tanti cittadini che si sono accorti dei falsi spot del Comune di Parma rispetto a politiche abitative spacciate come innovative, quando sono invece l'espressione di violenze e prevaricazioni quotidiane, perpetrate di nascosto nelle stanze dei servizi sociali che infatti hanno fatto di tutto per isolare la famiglia dai compagni. Dopo l'occupazione del Duc il promesso incontro con il vicesindaco non c'è stato ma alcuni compagni sono riusciti a 'costringere' l'Assessore Lorenzo Lasagna a parlare davanti alle telecamere: la visibilità della vicenda non ha dato all'Assessore altra scelta che attivarsi per una soluzione accettabile per tutti i componenti della famiglia. È stata una lotta politica condivisa e stimolata da Clara e dalla sua famiglia che, nei momenti di maggior tensione e con le minacce degli assistenti sociali nei confronti dei suoi figli, è stata la prima ad essere determinata nel proseguimento unitario della lotta, senza cedere alle soluzioni palliative del Comune e alle denigrazioni 'istituzionali' nei confronti dei compagni. Ma l'emergenza è sempre in agguato e la politica degli speculatori palazzinari, ben oliata dalle scelte consapevoli dell'Amministrazione Comunale, sta producendo i suoi risultati sotto gli occhi dei cittadini, italiani ed immigrati. Altre famiglie sono in strada o sotto minaccia di sfratto. Le numerosissime case lasciate appositamente sfitte allo scopo di far salire il prezzo delle case sono un insulto alle tante persone che dormono in strada nella nostra città, sempre più emarginate e messe in un angolo da chi dovrebbe aiutarle: solo la forza della lotta unitaria tra italiani e stranieri può portare ad una soluzione vera.
I quattro giorni di lotta per la casa erano iniziati martedì sera con un presidio davanti alla Prefettura di Parma per la richiesta di blocco degli sfratti (ce ne sarebbero stati tre solo durante la settimana), un'ottantina di persone si sono ritrovare per chiedere una soluzione definitiva inscenando diversi blocchi stradali intermittenti nella centralissima via Repubblica. Mercoledì mattina la famiglia ivoriana, Clara Badia, suo marito, i suoi figli (tra cui uno di 17 mesi) e l'anziano padre malato, hanno ricevuto l'ennesima visita dell'ufficiale giudiziario, ormai deciso (dopo diversi rinvii) a intervenire anche con la forza pubblica per mettere fuori casa la famiglia: l'intervento di alcuni compagni della Rete Diritti in Casa e della Sru ha evitato il peggio: l'arrivo della Digos che ha spinto l'ufficiale giudiziario a rimandare lo sfratto per problemi di ordine pubblico. Dopo numerose pressioni i servizi sociali del Comune hanno proposto alla famiglia una soluzione in un residence per un mese solo per la madre e i due figli, lasciando per strada il marito e l'anziano padre. La soluzione è stata rispedita al mittente e la casa è stata monitorata anche la mattina successiva per cercare di contrastare l'arrivo delle forze dell'ordine. Da qui e da una serie di minacce esplicite alla famiglia da parte dei servizi sociali la decisione di porre con forza la questione attraverso l'occupazione degli uffici comunali.

Christian

ulteriori informazioni e i comunicati di Sru e Rete Diritti in Casa a questi indirizzi http://www.parmantifascista.org
immagini ed articolo su http://parma.repubblica.it/dettaglio/sfratti-occupano-il-duc-la-polizia-li-fa-sgomberare/1837170

L'antirazzismo di Ceriano. Laghetto

Ne avevano parlato alcuni Tg e giornali. Qualche settimana fa la giunta comunale di Ceriano Laghetto, un piccolo comune della provincia di Monza e Brianza, ha stabilito le nuove modalità per l'apertura di attività nel centro storico. Nulla di eclatante, se la notizia si fermasse qui. Ma, andando a "spulciare" nel testo della delibera comunale (disponibile anche sul sito del comune), si legge che le attività che verranno colpite dalle nuove norme, o meglio che subiranno uno spudorato divieto di apertura, sono "le rivendite di Kebab e simili, centri di telefonia internazionale e simili, centri di trasferimento denaro". Tradotto in altri termini, più schietti e sicuramente più veritieri: via gli immigrati e i loro negozi dal centro storico di Ceriano. Il giovane sindaco leghista, Dante Cattaneo, ha motivato questa scelta con la tutela del decoro cittadino, spiegando che quelle attività sono causa di disagio sociale, viabilistico e di quiete pubblica. In realtà siamo di fronte ad un semplice e becero esempio di razzismo. E una parte della cittadinanza ha risposto a questa presa di posizione.
Nella giornata di domenica 31 Gennaio, gli antirazzisti cerianesi hanno organizzato un pic-nic di protesta nella piazza del comune. L'iniziativa, complice pure una fortunata giornata di sole, è ben riuscita. Se si tiene conto della piccolezza del comune e della politica leghista, impostata sulla paura, che cerca di annichilire ogni tipo di manifestazione antirazzista, il numero di 150-200 persone, anche da paesi del circondario, è da ritenersi un successo. La piazza è stata "allestita" con alcuni striscioni di condanna ai lager di stato (CIE); in ricordo di Mohammed El Abbouby, il detenuto nordafricano morto a San Vittore, dove è stato incarcerato dopo "la rivolta di Corelli", e sulla cui morte c'è ancora poca chiarezza: incidente o suicidio. Per noi è semplicemente vittima delle leggi razziali vigenti in Italia; e un altro bellissimo, a rappresentare il senso di tutta la giornata, che incitava a "dare un calcio alla paura". La manifestazione è stata caratterizzata pure dall'ironica diffusione di musica in dialetto "lumbard", da una raccolta firme contro la delibera della giunta, dalla distribuzione di volantini e pagine di giornali locali, sui quali sono state raccolte le parole di alcuni cittadini che manifestano solidarietà agli immigrati e opposizione alla norma comunale, denunciando addirittura che il bar migliore del paese è in gestione a cinesi. Ovviamente non sono mancati pasti caldi e ben graditi, portati da alcuni partecipanti. Molti i cittadini comuni, interessati a che la loro città non diventi un simbolo di razzismo; presenti pure alcune rappresentanze dell'opposizione cerianese (Sinistra per Ceriano) e alcuni compagni anarchici e del comitato antirazzista milanese.
La manifestazione si è svolta in maniera tranquilla e ordinata, nonostante la presenza, seppure defilata, di ingenti di forze dell'ordine potesse far pensare all'insorgenza di chissà quale pericolo. Insomma, Ceriano Laghetto ha saputo dire "no" ad una politica autoritaria e razzista; e speriamo che lo spirito che ha animato questa iniziativa sia di stimolo a proseguire un cammino lungo, ma necessario, per la libertà e l'uguaglianza di ogni essere umano.    

RedM

Reggio Emilia. Presentato il libro su Enrico Zambonini

Numeroso il pubblico (circa 200 persone) alla presentazione svoltasi a Reggio Emilia nei locali della biblioteca Panizzi sabato 30 gennaio del libro "Enrico Zambonini, vita e lotte, esilio e morte dell'anarchico emiliano fucilato dalla Repubblica Sociale Italiana". L'iniziativa è stata promossa da Archivio Famiglia Berneri-A. Chessa, Circolo Culturale Enrico Zambonini-Villa Minozzo, Archivio Libreria FAI reggiana e ha visto gli interventi dell'autore Giuseppe Galzerano, di Benedetto Valdesalici e di Gianandrea Ferrari, moderati da Fiamma Chessa. I relatori hanno dato conto della militanza di Enrico Zambonini analizzando tutte le fasi della sua vita e tracciando una continuità ideale tra le vecchie e le nuove generazioni. Partendo dal periodo anarcosindacalista, passando per l'arditismo popolare, esaminando poi l'esilio antifascista, la rivoluzione spagnola, la resistenza e la morte è emersa con forza la grande dimensione di questo militante d'azione, in grado di fare muoversi in tutte le circostanze come ha dimostrato l'importante ricerca di Giuseppe Galzerano, premiata anche dalla distribuzione durante la presentazione di 70 copie del libro. C'è stato poi un piccolo dibattito che ha visto svariati interventi, alcuni dei quali figli del loro tempo e di una storiografia ferma al 1948, che ha sempre negato e rimosso l'azione dell'anarchismo militante. La giornata si è conclusa con una bella cena presso la sede della FAI in via Don Minzioni 1/d con l'autore e numerosi brindisi alla memoria viva e vera degli anarchici.

Giovanni Scaltriti

Bari. Ex Socrate: una lotta autorganizzata per i diritti

L'occupazione dell'ex Socrate di via Fanelli ha rappresentato un momento importante del movimento contro il razzismo e per i diritti per tutti nella città di Bari. Abitare nell'ex Socrate non rappresenta certo la soluzione abitativa che dovrebbe essere garantita a tutti, ma chi ha occupato ha, con la sua lotta, conquistato il diritto a non dormire per strada, e la dignità di non dormire in un accampamento militare, in dodici persone in una tenda, sotto sorveglianza, come il Comune di Bari aveva proposto.
La vertenza dell'ex Socrate ha paradossalmente permesso agli enti locali di affrontare decentemente la crisi del mese scorso, quando gli immigrati fuggiti da Rosarno sono arrivati in città. Nella tendopoli della Croce Rossa fatta allestire dal Comune, in cui dovevano essere sistemati gli occupanti del Socrate, hanno trovato rifugio dal freddo altre cento persone. Sarebbe doveroso, da parte dell'Amministrazione comunale, dopo aver osteggiato l'occupazione del Ferrhotel e poi del Socrate, riconoscere che l'autorganizzazione ha riempito il vuoto delle proprie inadempienze sul problema della seconda accoglienza dei rifugiati.
Come collettivo di supporto all'occupazione dell'ex-Socrate rivendichiamo di avere sempre genuinamente seguito questo percorso di autorganizzazione, che ha portato in primis alla costituzione della rete antirazzista di Bari, alla partecipazione alla manifestazione del 17 ottobre scorso a Roma, all'occupazione del Ferrhotel, alla manifestazione del 12 dicembre a Bari, e all'occupazione dell'ex Socrate.
Avevamo promosso e inteso la rete antirazzista come un coordinamento di militanti e organizzazioni che supportasse l'autorganizzazione degli immigrati e promuovesse campagne dal basso contro il razzismo. Oggi non ci riconosciamo più nella rete antirazzista e nelle pratiche moderate e filo-istituzionali che ha intrapreso. Per noi il movimento antirazzista non è una vetrina.
Noi non cerchiamo di assumere la rappresentanza degli immigrati, come fanno taluni "antirazzisti", per pesare poi ai tavoli istituzionali dove si cerca di ottenere finanziamenti per le proprie associazioni. Noi lottiamo contro le politiche razziste dei governi nazionali e locali sempre e comunque. Non facciamo riferimento a partiti di governo né simpatizziamo per amministratori locali che si sono resi corresponsabili negli ultimi anni dell'approvazione della legge Turco-Napolitano, dell'istituzione e del rifinanziamento dei CPT – CIE, del varo del primo "Pacchetto sicurezza".
Abbiamo intrapreso questa battaglia consapevoli di essere isolati sul piano politico, di dover lottare contro un razzismo dilagante, le istituzioni che lo alimentano e persino contro certa "sinistra" e certi "antirazzisti". Non sappiamo se ai rifugiati politici di Bari sarà riconosciuto il diritto alla casa, non sappiamo quanto tempo dureranno le occupazioni che supportiamo. Sappiamo che difenderemo l'autonomia e l'indipendenza del movimento antirazzista dai tentativi di strumentalizzazione, e che porteremo avanti la nostra battaglia fino in fondo.

Comitato di supporto dell'occupazione dell'ex Socrate

Modena. Il PD paragona lo spazio sociale Libera a Casa Pound

Nel consiglio comunale di Modena di lunedì 25 gennaio è successo qualcosa di molto grave.
A un'interrogazione di una consigliera del PD su un'azione di Casa Pound (incappucciamento dei parchimetri) il dibattito PD-PDL si è spostato sulla vecchia formula degli "opposti estremismi", quello che ha garantito il compromesso storico tra PCI e DC utile contro la deriva estremista, quindi il sindaco Pighi ha rivendicato che l'atteggiamento nei confronti di Casa Pound sarà lo stesso tenuto nei confronti di Libera.
Subito dopo la consigliera PD ha rivendicato a Modena la medaglia d'oro per la Resistenza e quindi la risultanza è stata quella di mettere sullo stesso piano noi anarchici che abbiamo contribuito alla lotta partigiana con i fascisti di Casa Pound che sono i discendenti degli avversari "comuni".
Già l'assessore Marino aveva dichiarato guerra all'autogestione, ora Pighi invece rivendica lo sgombero dell'agosto 2008 come atto contro l'estremismo di Libera.
Bisognerebbe a questo punto sbobinare i nastri dei consigli comunali dove Sitta e Marino elogiavano Libera come esperienza importante e insostituibile del tessuto sociale modenese tanto da meritarsi una sede in cambio del nostro abbandono di Marzaglia.
Elogi che nessuna forza politica in consiglio si sognò minimamente di sminuire.
Libera ha condotto una lotta lunga senza minacce né violenza, l'estremismo qual'era? Un'idea diversa di come rapportarsi al territorio e alla natura? [...]
I politici si sa poggiano il culo dove gli conviene e non certo dove credono eticamente giusto, proprio per questo Pighi che ieri rappresentava il 37% dei modenesi (aventi diritto al voto) e adesso con l'uscita della Rosa per Modena non ha più neppure la maggioranza dei votanti, come un Podestà continua a vomitare l'infamia dello sgombero di Libera come un giusto atto che ricordiamo, fatto da codardi l'8 agosto 2008 (con tutti in ferie) senza preavviso e illegalmente.
L'atteggiamento del PD è chiaro, rincorrere la destra sul piano della legalità, dell'ordine e della disciplina.
Pighi cerca di assolversi ma sappia che forse la coerenza etica è la nostra forza, sappia che noi siamo gli stessi della prima Internazionale, gli stessi che rivendicano la sede dell'USI Modena distrutta dai fascisti nel 1923, gli stessi che credono nella ricchezza rappresentata dagli spazi sociali autogestiti e continueranno ad aprire altri spazi di libertà.
Pighi ed il PD con la loro ordinanza proibizionista sul consumo di alcool dimostrano di essere molto più vicini a Casa Pound che a noi. Per finire sappia che la lotta contro l'autodromo e le altre opere devastanti non si è ancora conclusa, non pensi di dormire sonni tranquilli.

Colby
www.libera-unidea.org

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