Nella giornata di venerdì 22 gennaio si è svolta una
delle fasi decisive di una serie di mobilitazioni di lotta per la casa
e contro gli sfratti nella città di Parma: dalla 15.30 per circa
quattro ore abbiamo occupato il Duc, area di accoglienza dei cittadini
a tutti gli uffici comunali, come Rete Diritti in Casa e Sru,
Società di Riappropriazione Urbana (che aveva occupato
un'immobile di via Guastalla a anche a fine abitativo, sgomberato a
fine anno) per chiedere una soluzione accettabile per una famiglia
ivoriana sottoposta a un provvedimento di sfratto esecutivo per
morosità e per chiedere il blocco immediato degli sfratti.
È stato esposto uno striscione "Stop agli sfratti subito" e sono
stati distribuiti numerosi volantini che illustravano la situazione
della famiglia e i numeri degli sfratti e delle case vuote a Parma. Gli
occupanti, circa una cinquantina compresa la famiglia Badia e molti
immigrati che saranno interessati da interventi di sfratto nei prossimi
giorni, hanno deciso di non accettare una proposta di incontro con un
responsabile del Comune per la mattina seguente (una vera presa in
giro), decidendo di restare a oltranza, dopo l'orario di chiusura alle
17.30, fino all'arrivo ad una soluzione accettabile per la famiglia e
un incontro con l'Assessore alle Politiche Sociali Lorenzo Lasagna.
Dopo diversi tentativi di mediazione e rimpallo di
responsabilità tra Comune e Questura, dieci agenti della Digos e
una quarantina di poliziotti hanno deciso di sgomberare l'area occupata
con un intervento di polizia, a cui gli occupanti hanno opposto
resistenza passiva facendosi trascinare a forza fuori dalla struttura.
Abbiamo ricevuto solidarietà e approvazione da tanti cittadini
che si sono accorti dei falsi spot del Comune di Parma rispetto a
politiche abitative spacciate come innovative, quando sono invece
l'espressione di violenze e prevaricazioni quotidiane, perpetrate di
nascosto nelle stanze dei servizi sociali che infatti hanno fatto di
tutto per isolare la famiglia dai compagni. Dopo l'occupazione del Duc
il promesso incontro con il vicesindaco non c'è stato ma alcuni
compagni sono riusciti a 'costringere' l'Assessore Lorenzo Lasagna a
parlare davanti alle telecamere: la visibilità della vicenda non
ha dato all'Assessore altra scelta che attivarsi per una soluzione
accettabile per tutti i componenti della famiglia. È stata una
lotta politica condivisa e stimolata da Clara e dalla sua famiglia che,
nei momenti di maggior tensione e con le minacce degli assistenti
sociali nei confronti dei suoi figli, è stata la prima ad essere
determinata nel proseguimento unitario della lotta, senza cedere alle
soluzioni palliative del Comune e alle denigrazioni 'istituzionali' nei
confronti dei compagni. Ma l'emergenza è sempre in agguato e la
politica degli speculatori palazzinari, ben oliata dalle scelte
consapevoli dell'Amministrazione Comunale, sta producendo i suoi
risultati sotto gli occhi dei cittadini, italiani ed immigrati. Altre
famiglie sono in strada o sotto minaccia di sfratto. Le numerosissime
case lasciate appositamente sfitte allo scopo di far salire il prezzo
delle case sono un insulto alle tante persone che dormono in strada
nella nostra città, sempre più emarginate e messe in un
angolo da chi dovrebbe aiutarle: solo la forza della lotta unitaria tra
italiani e stranieri può portare ad una soluzione vera.
I quattro giorni di lotta per la casa erano iniziati martedì
sera con un presidio davanti alla Prefettura di Parma per la richiesta
di blocco degli sfratti (ce ne sarebbero stati tre solo durante la
settimana), un'ottantina di persone si sono ritrovare per chiedere una
soluzione definitiva inscenando diversi blocchi stradali intermittenti
nella centralissima via Repubblica. Mercoledì mattina la
famiglia ivoriana, Clara Badia, suo marito, i suoi figli (tra cui uno
di 17 mesi) e l'anziano padre malato, hanno ricevuto l'ennesima visita
dell'ufficiale giudiziario, ormai deciso (dopo diversi rinvii) a
intervenire anche con la forza pubblica per mettere fuori casa la
famiglia: l'intervento di alcuni compagni della Rete Diritti in Casa e
della Sru ha evitato il peggio: l'arrivo della Digos che ha spinto
l'ufficiale giudiziario a rimandare lo sfratto per problemi di ordine
pubblico. Dopo numerose pressioni i servizi sociali del Comune hanno
proposto alla famiglia una soluzione in un residence per un mese solo
per la madre e i due figli, lasciando per strada il marito e l'anziano
padre. La soluzione è stata rispedita al mittente e la casa
è stata monitorata anche la mattina successiva per cercare di
contrastare l'arrivo delle forze dell'ordine. Da qui e da una serie di
minacce esplicite alla famiglia da parte dei servizi sociali la
decisione di porre con forza la questione attraverso l'occupazione
degli uffici comunali.
Christian
ulteriori informazioni e i comunicati di Sru e Rete Diritti in Casa a questi indirizzi http://www.parmantifascista.org
immagini ed articolo su http://parma.repubblica.it/dettaglio/sfratti-occupano-il-duc-la-polizia-li-fa-sgomberare/1837170
Ne avevano parlato alcuni Tg e giornali. Qualche settimana fa la
giunta comunale di Ceriano Laghetto, un piccolo comune della provincia
di Monza e Brianza, ha stabilito le nuove modalità per
l'apertura di attività nel centro storico. Nulla di eclatante,
se la notizia si fermasse qui. Ma, andando a "spulciare" nel testo
della delibera comunale (disponibile anche sul sito del comune), si
legge che le attività che verranno colpite dalle nuove norme, o
meglio che subiranno uno spudorato divieto di apertura, sono "le
rivendite di Kebab e simili, centri di telefonia internazionale e
simili, centri di trasferimento denaro". Tradotto in altri termini,
più schietti e sicuramente più veritieri: via gli
immigrati e i loro negozi dal centro storico di Ceriano. Il giovane
sindaco leghista, Dante Cattaneo, ha motivato questa scelta con la
tutela del decoro cittadino, spiegando che quelle attività sono
causa di disagio sociale, viabilistico e di quiete pubblica. In
realtà siamo di fronte ad un semplice e becero esempio di
razzismo. E una parte della cittadinanza ha risposto a questa presa di
posizione.
Nella giornata di domenica 31 Gennaio, gli antirazzisti cerianesi hanno
organizzato un pic-nic di protesta nella piazza del comune.
L'iniziativa, complice pure una fortunata giornata di sole, è
ben riuscita. Se si tiene conto della piccolezza del comune e della
politica leghista, impostata sulla paura, che cerca di annichilire ogni
tipo di manifestazione antirazzista, il numero di 150-200 persone,
anche da paesi del circondario, è da ritenersi un successo. La
piazza è stata "allestita" con alcuni striscioni di condanna ai
lager di stato (CIE); in ricordo di Mohammed El Abbouby, il detenuto
nordafricano morto a San Vittore, dove è stato incarcerato dopo
"la rivolta di Corelli", e sulla cui morte c'è ancora poca
chiarezza: incidente o suicidio. Per noi è semplicemente vittima
delle leggi razziali vigenti in Italia; e un altro bellissimo, a
rappresentare il senso di tutta la giornata, che incitava a "dare un
calcio alla paura". La manifestazione è stata caratterizzata
pure dall'ironica diffusione di musica in dialetto "lumbard", da una
raccolta firme contro la delibera della giunta, dalla distribuzione di
volantini e pagine di giornali locali, sui quali sono state raccolte le
parole di alcuni cittadini che manifestano solidarietà agli
immigrati e opposizione alla norma comunale, denunciando addirittura
che il bar migliore del paese è in gestione a cinesi. Ovviamente
non sono mancati pasti caldi e ben graditi, portati da alcuni
partecipanti. Molti i cittadini comuni, interessati a che la loro
città non diventi un simbolo di razzismo; presenti pure alcune
rappresentanze dell'opposizione cerianese (Sinistra per Ceriano) e
alcuni compagni anarchici e del comitato antirazzista milanese.
La manifestazione si è svolta in maniera tranquilla e ordinata,
nonostante la presenza, seppure defilata, di ingenti di forze
dell'ordine potesse far pensare all'insorgenza di chissà quale
pericolo. Insomma, Ceriano Laghetto ha saputo dire "no" ad una politica
autoritaria e razzista; e speriamo che lo spirito che ha animato questa
iniziativa sia di stimolo a proseguire un cammino lungo, ma necessario,
per la libertà e l'uguaglianza di ogni essere umano.
RedM
Numeroso il pubblico (circa 200 persone) alla presentazione svoltasi
a Reggio Emilia nei locali della biblioteca Panizzi sabato 30 gennaio
del libro "Enrico Zambonini, vita e lotte, esilio e morte
dell'anarchico emiliano fucilato dalla Repubblica Sociale Italiana".
L'iniziativa è stata promossa da Archivio Famiglia Berneri-A.
Chessa, Circolo Culturale Enrico Zambonini-Villa Minozzo, Archivio
Libreria FAI reggiana e ha visto gli interventi dell'autore Giuseppe
Galzerano, di Benedetto Valdesalici e di Gianandrea Ferrari, moderati
da Fiamma Chessa. I relatori hanno dato conto della militanza di Enrico
Zambonini analizzando tutte le fasi della sua vita e tracciando una
continuità ideale tra le vecchie e le nuove generazioni.
Partendo dal periodo anarcosindacalista, passando per l'arditismo
popolare, esaminando poi l'esilio antifascista, la rivoluzione
spagnola, la resistenza e la morte è emersa con forza la grande
dimensione di questo militante d'azione, in grado di fare muoversi in
tutte le circostanze come ha dimostrato l'importante ricerca di
Giuseppe Galzerano, premiata anche dalla distribuzione durante la
presentazione di 70 copie del libro. C'è stato poi un piccolo
dibattito che ha visto svariati interventi, alcuni dei quali figli del
loro tempo e di una storiografia ferma al 1948, che ha sempre negato e
rimosso l'azione dell'anarchismo militante. La giornata si è
conclusa con una bella cena presso la sede della FAI in via Don
Minzioni 1/d con l'autore e numerosi brindisi alla memoria viva e vera
degli anarchici.
Giovanni Scaltriti
L'occupazione dell'ex Socrate di via Fanelli ha rappresentato un
momento importante del movimento contro il razzismo e per i diritti per
tutti nella città di Bari. Abitare nell'ex Socrate non
rappresenta certo la soluzione abitativa che dovrebbe essere garantita
a tutti, ma chi ha occupato ha, con la sua lotta, conquistato il
diritto a non dormire per strada, e la dignità di non dormire in
un accampamento militare, in dodici persone in una tenda, sotto
sorveglianza, come il Comune di Bari aveva proposto.
La vertenza dell'ex Socrate ha paradossalmente permesso agli enti
locali di affrontare decentemente la crisi del mese scorso, quando gli
immigrati fuggiti da Rosarno sono arrivati in città. Nella
tendopoli della Croce Rossa fatta allestire dal Comune, in cui dovevano
essere sistemati gli occupanti del Socrate, hanno trovato rifugio dal
freddo altre cento persone. Sarebbe doveroso, da parte
dell'Amministrazione comunale, dopo aver osteggiato l'occupazione del
Ferrhotel e poi del Socrate, riconoscere che l'autorganizzazione ha
riempito il vuoto delle proprie inadempienze sul problema della seconda
accoglienza dei rifugiati.
Come collettivo di supporto all'occupazione dell'ex-Socrate
rivendichiamo di avere sempre genuinamente seguito questo percorso di
autorganizzazione, che ha portato in primis alla costituzione della
rete antirazzista di Bari, alla partecipazione alla manifestazione del
17 ottobre scorso a Roma, all'occupazione del Ferrhotel, alla
manifestazione del 12 dicembre a Bari, e all'occupazione dell'ex
Socrate.
Avevamo promosso e inteso la rete antirazzista come un coordinamento di
militanti e organizzazioni che supportasse l'autorganizzazione degli
immigrati e promuovesse campagne dal basso contro il razzismo. Oggi non
ci riconosciamo più nella rete antirazzista e nelle pratiche
moderate e filo-istituzionali che ha intrapreso. Per noi il movimento
antirazzista non è una vetrina.
Noi non cerchiamo di assumere la rappresentanza degli immigrati, come
fanno taluni "antirazzisti", per pesare poi ai tavoli istituzionali
dove si cerca di ottenere finanziamenti per le proprie associazioni.
Noi lottiamo contro le politiche razziste dei governi nazionali e
locali sempre e comunque. Non facciamo riferimento a partiti di governo
né simpatizziamo per amministratori locali che si sono resi
corresponsabili negli ultimi anni dell'approvazione della legge
Turco-Napolitano, dell'istituzione e del rifinanziamento dei CPT – CIE,
del varo del primo "Pacchetto sicurezza".
Abbiamo intrapreso questa battaglia consapevoli di essere isolati sul
piano politico, di dover lottare contro un razzismo dilagante, le
istituzioni che lo alimentano e persino contro certa "sinistra" e certi
"antirazzisti". Non sappiamo se ai rifugiati politici di Bari
sarà riconosciuto il diritto alla casa, non sappiamo quanto
tempo dureranno le occupazioni che supportiamo. Sappiamo che
difenderemo l'autonomia e l'indipendenza del movimento antirazzista dai
tentativi di strumentalizzazione, e che porteremo avanti la nostra
battaglia fino in fondo.
Comitato di supporto dell'occupazione dell'ex Socrate
Nel consiglio comunale di Modena di lunedì 25 gennaio è successo qualcosa di molto grave.
A un'interrogazione di una consigliera del PD su un'azione di Casa
Pound (incappucciamento dei parchimetri) il dibattito PD-PDL si
è spostato sulla vecchia formula degli "opposti estremismi",
quello che ha garantito il compromesso storico tra PCI e DC utile
contro la deriva estremista, quindi il sindaco Pighi ha rivendicato che
l'atteggiamento nei confronti di Casa Pound sarà lo stesso
tenuto nei confronti di Libera.
Subito dopo la consigliera PD ha rivendicato a Modena la medaglia d'oro
per la Resistenza e quindi la risultanza è stata quella di
mettere sullo stesso piano noi anarchici che abbiamo contribuito alla
lotta partigiana con i fascisti di Casa Pound che sono i discendenti
degli avversari "comuni".
Già l'assessore Marino aveva dichiarato guerra all'autogestione,
ora Pighi invece rivendica lo sgombero dell'agosto 2008 come atto
contro l'estremismo di Libera.
Bisognerebbe a questo punto sbobinare i nastri dei consigli comunali
dove Sitta e Marino elogiavano Libera come esperienza importante e
insostituibile del tessuto sociale modenese tanto da meritarsi una sede
in cambio del nostro abbandono di Marzaglia.
Elogi che nessuna forza politica in consiglio si sognò minimamente di sminuire.
Libera ha condotto una lotta lunga senza minacce né violenza,
l'estremismo qual'era? Un'idea diversa di come rapportarsi al
territorio e alla natura? [...]
I politici si sa poggiano il culo dove gli conviene e non certo dove
credono eticamente giusto, proprio per questo Pighi che ieri
rappresentava il 37% dei modenesi (aventi diritto al voto) e adesso con
l'uscita della Rosa per Modena non ha più neppure la maggioranza
dei votanti, come un Podestà continua a vomitare l'infamia dello
sgombero di Libera come un giusto atto che ricordiamo, fatto da codardi
l'8 agosto 2008 (con tutti in ferie) senza preavviso e illegalmente.
L'atteggiamento del PD è chiaro, rincorrere la destra sul piano della legalità, dell'ordine e della disciplina.
Pighi cerca di assolversi ma sappia che forse la coerenza etica
è la nostra forza, sappia che noi siamo gli stessi della prima
Internazionale, gli stessi che rivendicano la sede dell'USI Modena
distrutta dai fascisti nel 1923, gli stessi che credono nella ricchezza
rappresentata dagli spazi sociali autogestiti e continueranno ad aprire
altri spazi di libertà.
Pighi ed il PD con la loro ordinanza proibizionista sul consumo di
alcool dimostrano di essere molto più vicini a Casa Pound che a
noi. Per finire sappia che la lotta contro l'autodromo e le altre opere
devastanti non si è ancora conclusa, non pensi di dormire sonni
tranquilli.
Colby
www.libera-unidea.org