Umanità Nova, n.4 del 7 febbraio 2010, anno 90

L'altra internet. Guerre virtuali, conseguenze reali


In queste settimane i mezzi di informazione hanno dato spazio al presunto scontro tra la dittatura capitalista cinese e Google, il motore di ricerca più usato su Internet, proponendo - con piccole varianti - la stessa interpretazione dei fatti. Da una parte ci sarebbe il "modello occidentale democratico" sul quale si basa un servizio come Google e dall'altra la necessità di controllo del sistema di potere cinese, e queste due visioni di come debba funzionare Internet sarebbero incompatibili fra di loro. Una spiegazione un po' troppo semplicistica.

Dal 2000 esiste "Baidu" un motore di ricerca "made in China" [1] che ha le stesse funzioni di Google e che, secondo fonti occidentali, si colloca, per numero di accessi, al primo posto nella classifica locale ed al nono in quella mondiale e la società che lo gestisce è stata la prima impresa cinese ad entrare tra le top 100 del NASDAQ, la borsa telematica USA [2]. Per avere un'idea delle grandezze in campo si consideri che "Baidu" ha circa 11 milioni di visitatori al giorno contro i 64 di Google, solo che il secondo riceve visite da tutto il mondo mentre il primo, per ovvie questioni di lingua, quasi esclusivamente dalla Cina. Il 22 gennaio scorso, proprio nei giorni caldi della polemica, il titolo di Google ha perso in una sola notte quasi 20 dollari [3]. E, sempre negli stessi giorni, il motore di ricerca cinese è stato assolto da un tribunale dove era stato portato in giudizio dai produttori internazionali di musica, che lo accusavano di facilitare la ricerca di brani musicali da scaricare gratis senza pagare i diritti d'autore [4]. Giusto per ricordare che lo scontro non è una mera questione ideologica ma anche e soprattutto un confronto di tipo economico.

I sostenitori del modello Google accusano il regime cinese di censurare il web, ovvero di impedire ai propri cittadini di accedere ai siti non graditi al potere. Negli ultimi anni i media hanno ampiamente raccontato di come venissero censurate le pagine dedicate al Dalai Lama, al massacro di Piazza Tien-an-men, alla setta Falun Gong e via dicendo. Nel 2009 venne anche diffuso in Rete, si dice proprio da un dipendente di Baidu, un elenco di siti proibiti [5]. Molto meno spazio sui media hanno invece avuto identiche rivelazioni relative a stati "democratici" nei quali esistono elenchi di siti che non si possono visitare. In Italia, per esempio, la lista nera comprende i siti di scommesse, quelli che vendono sigarette e chissà che altro, visto che - esattamente come in Cina - queste informazioni sono coperte da segreto. Per cui la censura di Pechino non è che una delle tante esercitate, senza troppo clamore, da un qualsiasi altro stato.

Sarebbe anche interessante approfondire le ragioni per le quali Google, che fino a qualche mese or sono, non aveva grandi problemi ad operare in Cina, obbedendo alla censura di stato, si sia improvvisamente riscoperta paladina della "neutralità" di Internet e della libertà di espressione.
Sarà un caso ma, proprio negli stessi giorni nei quali veniva pubblicizzata la decisione di Google di non censurare più le ricerche dei cittadini cinesi, le cronache segnalavano l'attacco informatico portato proprio contro "Baidu": il 12 gennaio scorso chiunque (fuori dalla Cina) avesse provato ad accedere a quel motore di ricerca veniva "dirottato" sulla pagina di una sconosciuta "Iranian Cyber Army" [6]. A questo attacco facevano seguito, nei giorni successivi, le notizie relative ad una vendetta di hacker cinesi contro siti iraniani e alla denuncia di Google riguardante la violazione di alcune caselle del suo servizio di posta elettronica. Infine sono arrivate anche le dichiarazioni del Segretario di Stato USA a proposito dell'importanza di garantire, in tutto il mondo, la libertà su Internet e di punire i responsabili delle sue violazioni. Quello che la signora segretaria ometteva di precisare è che gli hacker cinesi avrebbero violato i servizi di Google approfittando di una "entrata nascosta" usata dai servizi segreti statunitensi [7].
Questo per dire che è in atto (probabilmente da tempo) una vera e propria guerra che ha come campo di scontro Internet e che, sebbene non faccia vittime, produce risultati concreti anche nel mondo reale.

Molti osservatori pensano che l'obiettivo finale del governo cinese sia quello di costruire una sorta di Internet "nazionale", completamente o quasi separata dal resto del mondo. Questo perché i numeri del potenziale mercato interno (330 milioni di consumatori) renderebbero possibile una sorta di autarchia telematica. Sia questo o meno l'obiettivo, non si tiene conto del fatto che una delle ragioni per le quali la Rete è diventata tanto importante è proprio la sua natura senza confini e costringere gli utenti ad una sorta di cortile, per quanto vasto possa essere, provocherebbe forse ancora più problemi di quelli causati dalla censura, in quanto l'attuale generazione di utenti è abituata ad un modello di network libero e poco controllabile. Non è detto che sarà lo stesso per le generazioni future, che potrebbero crescere allevate ad un uso della comunicazione elettronica completamente diverso da quello che conosciamo. Per queste, forse potrebbe anche funzionare una Rete con dei limiti territoriali ben definiti, magari supportata da qualche cambiamento tecnico che renda la connessione al resto del mondo più difficile. Quest'ultima ipotesi, per quanto possa sembrare azzardata, troverebbe altri consensi, si pensi ai paesi governati dalle teocrazie islamiche, che vedono nella contaminazione di persone e culture un formidabile nemico.

Come anarchici dovremmo sicuramente sostenere la libertà di espressione e di comunicazione e batterci per il loro ampliamento, ma senza farci troppe illusioni sui paladini delle libertà su Internet che, prima o poi, troveranno sicuramente una conveniente mediazione con i censuratori, a scapito delle libertà di tutti.

Pepsy

Riferimenti
[1] http://www.baidu.com
[2] http://en.wikipedia.org/wiki/Baidu
[3] http://www.p2pnet.net/story/34676
[4] http://finance.yahoo.com/q?s=GOOG
[5] http://chinadigitaltimes.net/2009/04/baidus-internal-monitoring-and-censorship-document-leaked/
[6] vedi nota 2.
[7] http://www.schneier.com/blog/archives/2010/01/google_vs_china.html

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