Una sera dei primi d'agosto 2009 Vittorio Addesso, ispettore-capo
del Centro di identificazione per immigrati (Cie) di Milano, cerca di
violentare Joy, una donna nigeriana, nella sua cella. Grazie all'aiuto
di Hellen, sua compagna di reclusione, Joy riesce a difendersi. Qualche
settimana dopo nel Cie scoppia una rivolta contro le condizioni
disumane di reclusione. In quell'occasione Joy, Hellen e altre tre
donne nigeriane vengono ammanettate, portate in una stanza senza
telecamere, fatte inginocchiare e picchiate violentemente. In seguito
alla rivolta, a Milano si è svolto un processo contro 14 donne e
uomini migranti, tra cui Joy e le altre. Durante una delle prime
udienze, quando in aula entra Addesso per testimoniare, le/i migranti
processati denunciano pubblicamente gli abusi quotidiani da parte di
quell'ispettore-capo e Joy trova il coraggio di raccontare del tentato
stupro.
In seguito al processo, alcuni/e migranti, tra cui Joy e le altre
nigeriane, vengono condannati a 6 mesi di carcere; altri a 9 mesi.
Le ragazze vengono separate e mandate in carceri diverse, in modo da
isolarle e neutralizzare la forza che hanno saputo esprimere
collettivamente. La data della scarcerazione per Joy e le altre si
avvicina – il 12 febbraio prossimo – ma nel frattempo un evento tragico
rende evidente il rischio che le ragazze corrono: venire di nuovo
rinchiuse in un Cie. A portare alla luce questo rischio è il
suicidio di uno dei migranti condannati in quel processo, Mohammed El
Abouby, nel carcere di San Vittore. Mohammed si è suicidato in
carcere con il gas dopo avere saputo che sarebbe stato nuovamente
deportato nel Cie milanese dopo la scarcerazione, il 12 febbraio, e
questo l'ha spinto a farla finita. L'intrappolamento nel meccanismo
Cie-carcere-Cie è, infatti, uno degli aspetti del razzismo di
Stato che moltiplicherà le vittime della violenza sancita per
legge.
Ci chiediamo cosa potrebbe succedere se Joy ed Hellen all'indomani
della scarcerazione, il prossimo 12 febbraio, verranno portate in
qualunque Cie d'Italia. Se tornano in quello di Milano ritrovano
Vittorio Addesso & C.; se vengono mandate in un altro Cie, si
troveranno davanti altri gestori dell'ordine, colleghi loro, che sanno
chi sono le ragazze e che coraggio hanno avuto... E allora cosa
potrebbe accadere?
Nasce, così, la campagna "Ribellarci è giusto", a
sostegno di Joy e delle sue compagne. Ma le contromosse della
connivenza istituzionale con Vittorio Addesso riservano ulteriori
sorprese…
Ad una settimana dalla scarcerazione, il 5 febbraio scorso, l'avvocato
di Joy si presenta al carcere di Como con una mediatrice nigeriana per
un colloquio con la sua assistita e gli vien detto che Joy lo ha
revocato e al suo posto ha nominato un'avvocata d'ufficio. Quando gli
avvocati, alcuni giorni dopo, si recano alla cancelleria e all'ordine –
dove vengono depositate le nomine e le revoche provenienti dal carcere
– scoprono che lì non v'è traccia di nulla. Eppure la
prassi vorrebbe che, una volta avvenuta la nomina o la revoca, il
carcere immediatamente comunicasse con un fax alla cancelleria e
all'ordine degli avvocati del tribunale di Milano i cambiamenti. Gli
avvocati intimano, con un fax, al carcere di Como di inviare la copia
del documento di revoca della nomina fatto da Joy. La cosa più
grave è che, per questa "anomalia", Joy si trova senza un
avvocato, almeno finché non comparirà quel documento
ufficiale che da Como fa stranamente tanta fatica ad arrivare.
Cosa sia accaduto davvero non è semplice capirlo, ma una cosa
è certa: qualcuno ha molto interesse ad insabbiare tutta questa
vicenda e, per fare ciò, sta cercando di isolare in tutti i modi
Joy e le altre da chi ha espresso loro, fattivamente,
solidarietà in questi mesi.
Per questo la nostra solidarietà deve continuare a tradursi in
concretezza: non possiamo permettere che Joy ed Hellen tornino nelle
mani dei loro aguzzini.
A fronte di tutti i discorsi ipocriti e razzisti di politici e
mass-media sulla violenza contro le donne, negli scorsi mesi in diverse
città ci siamo mobilitate per denunciare gli abusi e le violenze
contro le immigrate e gli immigrati nei Cie. A Milano il presidio
organizzato il 25 novembre da un gruppo di compagne ha subito tre
violente cariche della polizia. Nonostante fosse stato organizzato in
occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne,
le forze dell'ordine non volevano che venissero denunciati gli stupri
nei Centri di identificazione ed espulsione ad opera dei loro colleghi
in divisa. Col pretesto della "sicurezza", le donne migranti vengono
rinchiuse in lager in cui ricatti e abusi sessuali sono all'ordine del
giorno. Col pretesto della "sicurezza" in Italia stanno verificandosi,
nel silenzio generalizzato, abusi degni d'un regime fascista.
Chi non intende essere complice di questo sistema basato sullo stupro e
la violenza deve impedire che Joy ed Hellen vengano rimesse nelle mani
dei loro aguzzini.
Appuntamento il 12 febbraio alle 6.30 di mattina davanti alla stazione di Albate Camerlata Fs.
Dalle ore 7 in poi davanti al carcere di Como – in via Bassone 11 – per aspettare Joy!
corrispondenza antifascista
Per info: 327 2029720
Per ascoltare l'intervista e l'appello:
http://www.radiocane.info/cronache-dal-fronte/guerra-alla-guerra/973-ribellarci-e-giusto.html
Per tutti gli aggiornamenti:
http://noinonsiamocomplici.noblogs.org