Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio a Cerro al Lambro (MI), davanti
ai cancelli dell'azienda logistica GLS – Italy, i lavoratori della
cooperativa Papavero, in maggioranza immigrati, si sono dati
appuntamento per la riuscita della giornata di sciopero. L'obbiettivo
è quello di rompere il regime imposto da Cgil, Cisl, Uil nei
posti di lavoro (non è un caso che i padroni rivendicano la
legittimità degli accordi firmati con "loro"), contro la
barbarie del nuovo caporalato, per il salario e la dignità.
Lo sciopero è stato deciso dal "Comitato di lotta dei
lavoratori" con il sostegno dello Slai Cobas e con la
solidarietà di comitati, associazioni, precari, disoccupati,
studenti e soprattutto la solidarietà e la partecipazione di
operai immigrati provenienti da altre cooperative.
La piattaforma dello sciopero riguardava: l'abbattimento del sistema
schiavistico delle cooperative; l'abbattimento del precariato; aumenti
salariali e riconoscimento di tutte le indennità contrattuali;
orari e condizioni lavorative nel pieno rispetto della
dignità umana.
Su un totale di 80 lavoratori interessati, in 22 hanno iniziato a
lottare, mentre sono diventati 56 quelli presenti che hanno aderito "al
picchetto per non fare entrare i camion".
Nel comunicato diffuso si evidenzia: "La compattezza, la
determinazione, l'unione e la consistenza del corpo ribelle, questa
volta, a differenza di Brembio, ha 'messo in fuga' una cinquantina di
sbirri in stretta tenuta 'antisommossa' che alle 2.00 ha tentato di
intimidire il granitico picchetto di un centinaio di lavoratori".
Questo risultato straordinario della lotta di Cerro al Lambro, che si
è concluso alle 5.00 del mattino (era iniziato alle 10,00 del
giorno prima) è stato una importante affermazione di orgoglio
operaio e di dignità nella rivendicazione dei diritti che
costituisce, già di per sé, una significativa vittoria
che avrà sicuramente un seguito: sia nella situazione interna,
sia nell'allargamento della conflittualità nel settore delle
cooperative di comodo.
Un movimento, quello degli operai immigrati delle cooperative, che si
conferma essere in crescita. Infatti, nella assemblea tenuta sabato 6
gennaio dagli operai, è stata decisa una nuova giornata di lotta
per proseguire la vertenza fino alla vittoria, con l'accortezza di "non
rendere pubblica la data fino… all'inizio del nuovo picchetto", con
l'esplicito intento di cogliere l'azienda di sorpresa.
Redazione "Bel Lavoro"
Nel giro di pochi mesi per la seconda volta dei giovani di ritorno a
casa dopo un concerto presso il Centro Sociale "La Strada" sono stati
attaccati nella notte, intorno alle 4.30 di mattina del 6 febbraio, da
incappucciati a colpi di coltello e bottiglie; se qualche scritta
avversa alla "ministra" di AN Meloni ha fatto grande scalpore, quale
ipotetico prodromo del terrorismo, il sangue di giovani di sinistra
sembra contare molto meno nei media. In un quartiere che sembra alieno
alle influenze conservatrici e reazionarie ciò appare
preoccupante. Sebbene nessuno sia disposto a piegarsi, è
più che evidente una strategia fascista intimidatoria e
criminale che vuole averla vinta, e che a più riprese assalta un
terreno ostile, sperando di fiaccarne la resistenza. Non passeranno.
RedR
Venerdi 5 febbraio: gli studenti del liceo scientifico Copernico di
Bologna decidono di occupare la scuola. Il giorno dopo li seguono
quelli dell'altro "scientifico" della città, dove gran parte dei
docenti firmano un documento di adesione all'iniziativa dei ragazzi.
Lunedì 8 febbraio è la volta dell'istituto tecnico:
l'istituto agrario entra in agitazione, con un'assemblea di fronte
all'edificio. Nel corso della settimana è previsto che altri
istituti si muovano con iniziative di protesta.
Difficile dire se la lotta si possa estendere ad altre città e
se riuscirà a mettere in piedi iniziative incisive di protesta.
Certo, "i nostri ragazzi", quotidianamente trattati come automi da
facebook, e presentati come disinteressati al loro futuro, danno invece
un segnale ancora una volta di essere ben coscienti della portata del
piano di distruzione della scuola pubblica e di essere disposti a
mobilitarsi in prima persona. Tra l'altro un'occupazione di questo
periodo – quando a differenza dell'autunno, la "pressione didattica"
(es. interrogazioni) sugli studenti è molto alta – è una
novità sorprendente.
Agli studenti si sono uniti anche diversi insegnanti precari che a
Bologna, come in altre città, hanno dato vita a coordinamenti
con un obiettivo comune, quello del blocco degli scrutini, e che hanno
previsto diverse forme di agitazione da attuare durante l'anno
scolastico: picchetti e volantinaggio davanti alle scuole, assemblee
scolastiche e territoriali, creazione di comitati misti
(genitori-studenti-docenti-Ata), occupazioni e autogestioni delle
scuole, boicottaggio dell'adozione dei libri di testo. I precari hanno
inoltre aderito alla giornata di sciopero generale dei Cobas con
manifestazione a Roma il 12 marzo, in coincidenza con lo sciopero
generale indetto dalla Cgil.
Ancora una volta il motivo della protesta è lo smontaggio pezzo
per pezzo della scuola, conseguenza della scure di Tremonti, e che la
Gelmini spaccia come "riforma": ora è il turno delle superiori,
dove è previsto un ulteriore e netto taglio dei fondi. Verranno
così espulsi dalla scuola migliaia di insegnati precari, mentre
vengono cancellate o tagliate materie di studio e sempre più
scuole saranno costrette a chiudere. Si calcola che dal 2009 al 2012 ci
saranno 150.000 tagli, dei quali 45.000 posti ATA e 85.000 cattedre.
20.000 saranno i posti tagliati nella sola scuola superiore.
Il progetto è ormai palese: svuotare di ogni funzione la scuola
pubblica, per spezzettarla in tanti istituti in mano ai privati.
Diritto all'istruzione in fondo a un baratro e i soliti tanti profitti
per pochi.
Raccontava un giovane collega che in occasione dell'ultima chiamata per
le supplenze annuali, il posto a cui agognava era stato assegnato... al
suo professore del liceo: un simpatico signore sulla cinquantina. Dire
come andrà a finire è difficile, ma siamo in tanti a non
potere accettare di essere ancora disoccupati.
Un insegnante precario
Giorno 4 febbraio 2010 Giuseppe Tarallo, Giuseppe Galzerano e
Vincenzo Serra nella loro qualità di componenti del
"Comitato Verità e Giustizia per Francesco Mastrogiovanni
(Franco)" hanno presentato, alla Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Vallo della Lucania (SA), un esposto - denuncia in cui si
chiede di verificare se ci sono responsabilità a carico di
funzionari e dirigenti della struttura pubblica nonché di coloro
che hanno disposto o concorso all'emanazione ed all'esecuzione
dell'Ordinanza di TSO a carico di Francesco Mastrogiovanni. Nella
denuncia si riassumono cronologicamente gli accadimenti, partendo dal
giorno precedente il ricovero coatto (30 luglio 2009) fino al giorno
del decesso, elencando, con dovizia di particolari, la tempistica
seguita nell'emanazione degli atti (ordinanza di TSO del sindaco di
Pollica, Angelo Vassallo, annotazioni di servizio del S. Tenente della
polizia locale dello stesso comune) e facendo rilevare le palesi
contraddizioni emerse tra le varie dichiarazioni rilasciate dai
protagonisti istituzionali. I familiari del docente cilentano hanno
accolto con soddisfazione l'ordinanza di interdizione, per due mesi,
dalla professione sanitaria per 14 dei 19 indagati tra medici e
infermieri emanata, il 21 gennaio 2010, dal GIP del Tribunale di
Vallo ma questo non può bastare. Bisogna affrontare, adesso, il
problema delle colpe e delle responsabilità di questa nuova
Shoah psichiatrica e carceraria che ha scurito il cielo del nostro
Paese. Cosa significa per i sospesi dalla professione essere stati
testimoni silenziosi? Quel è stato il ruolo di tutte le parti,
di chi ha visto e taciuto, di chi non si è opposto?
"L'enormità di questa tragedia fa sì che nulla possa
esserne tralasciato, e che ogni gesto, ogni atto, ogni assenza, vada
per necessità rilevata, sondata, discussa". Lo dobbiamo a Franco
e a tutte le vittime di questo Stato.
Angelo Pagliaro
In Valle d'Aosta, a maggio, si voterà per il rinnovo delle
amministrazioni di quasi tutti i 74 Comuni, compresa la città di
Aosta. Lo spettacolo è deprimente. Assistiamo, come ogni volta,
al solito squallido balletto in cui personaggi da baraccone fanno a
gara per convincere il popolo bue che è suo interesse votare
l'uno o l'altro candidato, ma questa volta con un elemento di
divertimento in più. La Regione Valle d'Aosta si è data
una legge che prevede che non si possa fare il Sindaco per più
di tre volte, norma che avrebbe anche una sua dignità, e ci sono
parecchi primi cittadini in scadenza che non potranno più
ricandidarsi. Cosa si sono inventati? Ma è facile, ci saranno
svariati Sindaci uscenti che si candideranno a Vicesindaco di un
Sindaco fantoccio da poter facilmente manovrare o, magari, far
dimettere tra pochi mesi onde prenderne il posto e farsi la quarta
legislatura. Allarmata dalle voci che circolano in tal senso la Giunta
Regionale ha emanato un invito ai Sindaci non più eleggibili a
non utilizzare espedienti che svilirebbero la loro immagine e quella
dell'Amministrazione, compromettendo "l'elevato profilo etico che
caratterizza il sistema degli Enti locali". Ma se il circo vergognoso
della campagna elettorale nei paesi già offre stimoli per coloro
che soffrono di stipsi, il Comune di Aosta offre addirittura il ritorno
dello zombi. Da settimane sui giornali si parla insistentemente della
possibilità che un anziano ex socialista locale, noto per le sue
capacità di grande affarista, sarebbe in pole position per
candidarsi ad assumere la guida della città, dopo aver fatto
soldi in edilizia, dopo aver avuto esperienza di aule giudiziarie e
dopo aver ottenuto recentemente un incarico d'oro per guidare la
riconversione della caserma Testafochi in campus universitario.
Qualcuno diceva che "il potere logora chi ce l'ha", in Valle d'Aosta
pare proprio che sia il contrario, grazie ai tanti soldi che lo stato
regala alla Regione (ed essa ai Comuni) il potere fa stare così
bene che nessuno se ne vuole allontanare.
Corrado Olivotto
Un gesto simbolico dal sapore fortemente provocatorio con i
«Sigilli» messi alla Fiat, con il nastro bianco e rosso, a
ricordare una scena del crimine e circondata di striscioni con la
scritta «Fiat odia l'Italia», ad alcune concessionarie
della casa automobilistica, (a Firenze a Porta al Prato). Un blitz,
messo a segno nella notte in maniera coordinata su tutto il territorio
nazionale, e rivendicato da CasaPound Italia Firenze. «Prima
fallisce, meglio è. Per tutti» è lo slogan che si
legge sui volantini lasciati davanti all'azienda colpita. E ancora:
«Salviamo i lavoratori e la produzione italiana, non la dirigenza
Fiat, incapaci avventurieri che amano il profitto e non
l'Italia». «È proprio di ieri – sostiene Saverio Di
Giulio responsabile provinciale di CasaPound Italia Firenze – la
notizia che i lavoratori della GKN DRIVELINE di Campi Bisenzio verranno
posti in cassa integrazione per tre mesi. La GKN pur non essendo
più di proprietà della FIAT produce comunque per l'80%
componentistica per il gruppo torinese. E quest'ultimo, nonostante il
picco di vendite dovuto agli incentivi tagliati su misura per i suoi
prodotti commercializzati (auto a metano e GPL), ha deciso di
ringraziare gli italiani delocalizzando sempre di più la
produzione all'estero» (La Nazione).
A tutto questo risponde il Comitato Lavoratori GKN con un suo
comunicato: "Il Comitato è nato poco più di un anno fa,
quando l'azienda decise di mettere a casa tutte le persone con
contratto a termine prima delle loro naturali scadenze. Questa scelta
aziendale, drastica, ingiusta, unilaterale ci mise di fronte
all'evidenza e cioè, eravamo divisi in operai di serie A, B, C.
Allora abbiamo deciso di creare un gruppo che al di là di
ideali, partiti, colore della pelle, nazionalità e tessere
sindacali, iniziasse un concreto cammino fatto di solidarietà,
unione e ricerca di alternative a questo sistema economico ingiusto ed
iniquo.
Siamo consapevoli che l'Italia è parte integrante di questo
sistema economico globale, dove il nostro occidente opulento vive alle
spalle e mantiene in miseria il resto del pianeta. Se un fallimento ci
deve essere, si auspica che sia della complessiva logica perversa delle
multinazionali ed in generale di un sistema economico che vede
sfruttati e sfruttatori in ogni parte del mondo (e tra gli sfruttati la
stessa terra, l'acqua, l'aria, ecc,).
Siamo consapevoli che ritornare all'autarchia, dove queste sparute
minoranze politiche intendono portarci, sia una follia che già
il popolo italiano ha vissuto nei primi decenni del 1900 subendo
autoritarismo e guerre che tutti conosciamo. I nostri sforzi sono
rivolti a ridare una dignità al lavoro e ai lavoratori, a
ricercare un equilibrio fra il valore del manufatto e il valore di chi
ha lavorato per produrlo e delle risorse utilizzate. Questo equilibrio
deve avvenire in ogni parte del globo, dove c'è un lavoratore
sfruttato c'è un emarginato, un impoverito, un probabile
clandestino.
Accettiamo e diamo solidarietà, ma non ci interessano
opportunisti e inopportuni gesti di solidarietà mal celati da
sola e esclusiva politica becera e inconsistente.
Il Comitato Lavoratori Gkn
http://campibisenzio.wordpress.com
Abbiamo appreso la mattina di mercoledì 3 febbraio, che due
studenti dell'Istituto Nautico, minorenni, sono stati convocati in
questura ed addirittura in tribunale in merito a quanto accaduto il 19
ottobre scorso all'Istituto Nautico "Cappellini". Non sappiamo ancora
con sicurezza cosa venga loro contestato, né se altri studenti
abbiano ricevuto la stessa notifica. La mattina di lunedì 19
ottobre gli studenti del Nautico avevano provato a occupare la propria
scuola, per portare avanti in modo deciso, con una forma di lotta
legittima, diffusa e riconosciuta di riappropriazione, la mobilitazione
studentesca iniziata nei primi giorni di ottobre, contro la politica
scolastica del Governo. Dopo una tesa trattativa con la dirigenza, gli
studenti ottennero di poter svolgere nei locali dell'istituto
un'assemblea permanente. Le uniche tensioni quella mattina derivarono
dal comportamento intimidatorio e provocatorio di polizia e dirigenza
scolastica. Tale atteggiamento nei confronti degli studenti
suscitò una forte polemica in città, con numerosi
comunicati di solidarietà dal mondo politico cittadino; quella
mattina infatti vennero identificati dalla polizia oltre 70 studenti,
in maggioranza minorenni. A quasi quattro mesi di distanza, gli ultimi
sviluppi non fanno che confermare quanto già avevamo affermato
sulla vicenda. Ci troviamo di fronte a provvedimenti inaccettabili e
gravissimi, oltre che incomprensibili, spiegabili solo in un'ottica di
repressione nei confronti di chi lotta, di chi si autorganizza, di chi
crea legami di solidarietà e mobilitazioni dal basso.
Coordinamento Studentesco Livornese
Maroni ha ultimamente annunciato durante il question time alla
camera, che entro il 2010 sarà operativo un Centro di
identificazione ed Espulsione anche in Toscana. Saranno decisi i
dettagli dopo le elezioni regionali, assieme alla nuova giunta, ma il
Viminale ha già indicato i criteri per identificare le zone
più adatte ad ospitare questo tipo di struttura. Il CIE toscano
deve essere realizzato in una zona distante dell'abitato, possibilmente
in edifici statali dismessi, in prossimità di un aeroporto.
Qualche giorno fa, sulla stampa locale, è apparsa la notizia
della possibile costruzione del Centro tra Pisa e Livorno, in
particolare nella zona del Biscottino. Inoltre, la settimana prima, il
sindaco di Livorno Cosimi (PD), si era pronunciato in senso positivo a
proposito della costruzione di un CIE in Toscana. Per dare un'immediata
risposta a questa situazione, il Collettivo Anarchico Libertario, ha
tenuto nel pomeriggio di venerdì 5 febbraio un presidio
informativo contro i CIE.
L'iniziativa, organizzata in breve tempo come semplice momento di
informazione, con volantini, striscioni ed un banchetto di stampa
anarchica, ha visto la partecipazione di diverse persone e ha suscitato
l'interesse e l'appoggio dei passanti. È chiaro quindi che sulla
questione esiste una certa sensibilità, è dunque ancora
più importante portare avanti iniziative di questo tipo,
promuovere lo sviluppo di un'opposizione ai CIE che possa impedirne la
costruzione. Il presidio di venerdì, ha visto inoltre un
fastidioso intervento della DIGOS che, dopo alcuni controlli, ha
chiesto la rimozione di uno striscione che riportava la scritta "No CIE
no lager né qui né altrove!". Nel giro di una mezz'ora la
cosa si è risolta, e lo striscione è rimasto al suo
posto. Un intervento del genere, insolito per questa città, ha
un senso se lo accostiamo ad altri fatti "insoliti" degli ultimi mesi:
gli arresti per i fatti di Pistoia dell'11 ottobre, la militarizzazione
della città per il corteo contro gli omicidi di stato del 16
gennaio, le denunce a studenti minorenni che avevano tentato ad ottobre
di occupare la propria scuola.
Probabilmente c'è il timore che si crei un'opposizione alla costruzione di un CIE nella zona.
Il momento per far sviluppare tale opposizione è proprio questo,
prima che si formi una nuova giunta regionale, prima che venga fatta
una scelta precisa del luogo, prima che inizino a costruire. Quella di
venerdì quindi non è che la prima iniziativa di un
percorso che, speriamo, possa divenire più ampio ed incisivo.
Dario Antonelli
Giovedi 4 febbraio al Barattolo doveva svolgersi il cineforum
popolare, un'iniziativa che prosegue da diversi mesi, nata dalla
volontà di colmare il vuoto culturale creato dalla progressiva
scomparsa di cinema in città. Purtroppo non è stato
possibile proiettare il film in programma perché una pattuglia
della polizia locale, su mandato del comune, è stata inviata a
contestare i reati di violazione del diritto d'autore e
dell'organizzazione di un evento pubblico senza l'autorizzazione da
parte del sindaco (!).
Di fronte alla prospettiva di una nuova denuncia penale a carico dei
responsabili delle associazioni che gestiscono il centro sociale,
abbiamo preferito sospendere la proiezione e riunirci in assemblea con
tutti i presenti a cui abbiamo spiegato la grave minaccia che pende sul
Barattolo. Il Barattolo non ha mai avuto vita facile con gli organi di
governo della città. La nuova giunta ha da subito negato
qualsiasi forma di dialogo rifiutandosi di riconoscere il valore
sociale del nostro operato e barricandosi dietro il rispetto delle
regole (che, di fatto, ci impedirebbero di svolgere una qualsivoglia
attività rivolta ai giovani e alla cittadinanza) per mascherare
la volontà politica di porre fine all'esperienza di un Centro
Sociale Autogestito a Pavia.
Ad ottobre ci è stato comunicato, a mezzo stampa, un diktat che
ci imponeva di non fare più musica al Barattolo mentre
parallelamente (e strumentalmente) il comune comunicava l'intenzione di
aprire spazi più idonei per fare musica e di ritirare le
ordinanze antibivacco. Promesse destinate a cadere nel vuoto. Di fronte
al vuoto culturale creato da tale provvedimento abbiamo deciso di
ripartire, in barba ai divieti, con la programmazione musicale,
organizzando il "concorso sconcertante", un'iniziativa (al sesto anno
di vita) rivolta alle giovani band pavesi per permettere loro di
suonare e farsi conoscere.
Sabato si è svolto al Barattolo un concerto pensato per
pubblicizzare il concorso. Questo evento è stato anticipato
dalla consegna durante l'ultimo consiglio comunale di una petizione
firmata da oltre 60 gruppi musicali. La risposta del comune non si
è fatta attendere. L'irruzione del giovedi successivo al
cineforum è stata, per stessa ammissione della polizia locale,
il preambolo del pugno duro che il comune intende adottare fin dal
concerto di sabato. Sappiamo già che cercheranno di impedirci di
svolgere il concerto e che, se dovessimo rifiutarci di chinare il capo
di fronte a questa ennesima intimidazione, rischieremo di andare
incontro a pesanti conseguenze sia a livello individuale che collettivo.
La sopravvivenza del C.S.A. Barattolo dipende in modo cruciale dalla
risposta che, tutti coloro che continuano a credere nella
necessità di un centro sociale a Pavia.
Per questo chiediamo a tutti coloro che condividono il percorso che,
tra mille difficoltà, abbiamo tentato di intraprendere in questi
anni, di non lasciarci soli e di far sentire il proprio dissenso contro
l'ennesimo tentativo di eliminare un piccolo, ma fondamentale, spazio
di libertà.
"È a Madame Giustizia che dedico questo Concerto, in onore della
vacanza che sembra aver preso da questi luoghi e per riconoscenza
all'impostore che siede al suo posto." V, V per Vendetta
I gruppi e delle associazioni che gestiscono il CSA Barattolo in via dei Mille Terni
"...vogliamo distruggere quell'ordinamento sociale in cui gli
uomini, in lotta tra di loro, si sfruttano e si opprimono, o tendono a
sfruttarsi e ad opprimersi, l'un l'altro, per arrivare alla
costituzione di una nuova società in cui ciascuno, nella
solidarietà e nell'amore con tutti gli altri uomini, trovi
completa libertà, massima soddisfazione possibile delle sue
facoltà intellettuali ed affettive".
Con queste parole di Errico Malatesta domenica 7 febbraio 2010 è
stato inaugurato il Centro Studi Libertari "Pensiero e volontà"
con una discussione/presentazione del progetto e un brindisi inaugurale.
Questo l'indirizzo: Centro Studi Libertari, Via Bosco Lucarelli, 65,
Benevento, zona Triggio, nei pressi della Facoltà di Scienze
Gruppo antagonista antiautoritario
http://gaa.noblogs.org
Si avvicinano le elezioni regionali ed ecco puntuali le provocazioni
della Lega Nord, un partito che in questi ultimi anni è
cresciuto in maniera preoccupante in Italia, spargendo a piene mani
nella nostra società razzismo, odio e xenofobia: ricordiamo,
solo per dare l'idea del tipo di gente di cui stiamo parlando, le
"gesta" di Borghezio e dei suoi scagnozzi che al grido di "forza,
andiamo a ripulire le puttane" salivano su treni Intercity alla ricerca
di ragazze di colore su cui spruzzare del detergente per vetri;
ricordiamo anche che nel 1976 lo stesso Borghezio - ancora oggi tra i
personaggi di primo piano della Lega Nord - fermato dalle
autorità a un valico di confine presso Ventimiglia, era stato
trovato in possesso di una cartolina firmata "Ordine Nuovo" ed
indirizzata "al bastardo Luciano Violante" (magistrato allora impegnato
in inchieste contro l'eversione di matrice neofascista). Il testo del
messaggio, accompagnato da alcune svastiche e da un "Viva Hitler", era
il seguente: "1, 10, 100, 1000 Occorsio". Vittorio Occorsio, anch'egli
giudice protagonista della lotta contro il terrorismo nero, era stato
ucciso appena due giorni prima in un agguato… potremmo continuare…
È questa la gente che oggi, guidata dal trasformista Gianluca
Procaccini (candidato a sindaco di Terni con il partito La Destra alle
ultime elezioni, proveniente dal neofascista MSI ed oggi esponente
ternano della Lega Nord) e da Gianluca Cannas (coordinatore provinciale
del Movimento Giovani Padani), sta tentando di diffondere i sentimenti
leghisti di odio e di razzismo nella nostra città. Ma Terni
è una città civile, operaia, antifascista, che ha saputo
integrarsi e convivere nel rispetto reciproco con le comunità di
immigrati che la vivono; è una città che non capisce ed
orgogliosamente ripudia il linguaggio e le azioni razziste della Lega
Nord. È per questo che a Procaccini e ai suoi scagnozzi non
rimane che una sola arma per raccogliere qualche voto alle prossime
elezioni: la provocazione. È così che questi individui,
nel tentativo di far notizia, hanno organizzato, la sera di
giovedì 28 gennaio, un presidio contro la prostituzione nel
piazzale antistante lo stadio "Libero Liberati". Ma i cittadini ternani
non possono tollerare presidi razzisti nella propria città: ed
ecco così che i 7-8 leghisti partecipanti al presidio (il numero
è indice dello stato di isolamento in cui tali soggetti operano)
hanno trovato ad attenderli oltre settanta cittadini ternani, che in
poche ore hanno organizzato un contro-presidio antirazzista.
È questa la reazione di una città che ha ben chiaro che
la martellante campagna mediatica messa in atto da questo governo
razzista vuole rivolgere la rabbia dei cittadini, privati del lavoro a
causa di un sistema capitalistico che impone la precarietà,
verso gli immigrati, fomentando una guerra tra poveri; è questa
la reazione di una città che ha ben chiaro che il fenomeno della
prostituzione non si combatte con i presidi che hanno il solo scopo di
cacciare le prostitute, vittime dello sfruttamento malavitoso, potere
forte oggi in Italia e contro il quale i leghisti non hanno mai
organizzato un presidio perché loro interesse è solo
quello di cavalcare l'odio verso l'immigrato e la paura del diverso.
Sono questi sentimenti che la Lega sta fomentando, ma che non
troveranno spazio nella nostra città!
Di fronte al fallimento del loro presidio i leghisti, ripudiati da una
città che non li vuole e che li vede come una minaccia alla
convivenza pacifica finora vissuta con gli immigrati, decidono di
abbandonare il piazzale antistante lo stadio, coperti dagli insulti che
meritano. Ma la sete di voti di tali soggetti è tale che
decidono di recarsi ai giornali e denunciare aggressioni mai avvenute,
nell'estremo tentativo di raccogliere le simpatie di qualche
sprovveduto elettore: ed è così che sui giornali locali
del 31 gennaio Gianluca Cannas parla di una vera e propria aggressione
"a spintoni, schiaffi e calci" che avrebbe anche portato al
"danneggiamento di alcune autovetture". "Giovani Padani aggrediti e
cacciati via dal sit-in" titolava La Nazione, che parlava di "veri e
propri atti di violenza"; "Tafferugli ai mercati generali" titolava
invece il Corriere dell'Umbria, che parlava inoltre di "un tuffo
improvviso e inaspettato nell'atmosfera cupa degli anni '70", ma a noi
questi razzisti sedicenti padani ricordano più la plumbea
atmosfera degli anni '20 e delle fasciste leggi razziali del 1938.
Tutto ciò è falso: i fatti si commentano da soli.
Immaginate 7-8 persone aggredite "a spintoni, schiaffi e calci" con
"veri e propri atti di violenza" da oltre settanta "violenti" che si
sarebbero prodotti in "tafferugli" e nel "danneggiamento di alcune
autovetture"? Considerando che i "Giovani" Padani (solo 3 avranno avuto
30 anni, gli altri erano o vicini o ben oltre la pensione…) sono
rimasti sul posto per oltre un'ora, avrebbero dovuto riportare ferite
spaventose! Come mai, invece, non è intervenuta sul posto
nemmeno un'ambulanza? Dove sono i referti medici che documentano questa
"aggressione ad opera di oltre settanta violenti"?
Un ulteriore caso di vigliaccheria di quelli che sono forti con i
deboli e fanno i deboli con i forti, di quei razzisti che vista la
risposta della città, da "celoduristi" ora squittiscono e fanno
le vittime. D'altronde, a chi non ha argomenti, non resta altro da
fare. Grave è che la stampa locale si pieghi a questo gioco,
fatto sulla pelle dei migranti e degli "ultimi del
mondo".
Gli Antifascisti Ternani
Udienza molto veloce il 2 febbraio. Sono stati sentiti 15 testimoni
della difesa. In particolare gli avvocati di Dinucci hanno convocato
gli esperti di Roma che hanno effettuato le perizie calligrafiche e
biologiche sulle presunte rivendicazioni COOP-FAI dell'incendio ad un
cantiere edile e della lettera con proiettili inviata alla
presidentessa umbra, Lorenzetti. I quattro teste – che la procura ha
omesso di ascoltare – hanno confermato che non sono state trovate
tracce biologiche sulle rivendicazioni. È stata invece
trovata, in un caso, un'impronta digitale all'interno della busta.
Risultato: non appartiene a nessuno degli imputati! Inoltre, hanno
confermato le donne interrogate dai legali di Andrea, è stata
fatta una comparazione con la segretaria del giornale che ha aperto la
missiva; questo significa che non è possibile che quelle impronte le abbia lasciate lei.
Il PM Comodi si è semplicemente limitata a chiedere se la
comparazione sia stata fatta anche nei confronti della
molteplicità di impiegati postali che possono aver toccato la
lettera. Ovviamente la risposta era negativa, quindi relativamente a
favore dell'Accusa, ma ci pare assurdo che un postino possa toccare
l'interno di una busta chiusa.
Quattro testimoni sono stati ascoltati anche dalla difesa di Fabiani.
La loro testimonianza, come quella di due settimane fa del sindacalista
della RdB Magrini, è andata a confermare l'alibi di Michele per
l'episodio che lo vede imputato come presunto autore dell'incendio
dell'Ecomostro di via della Posterna. Due in particolare hanno fornito
un quadro molto dettagliato a favore di Michele: il primo, Maurizio
Getti, non poteva non ricordare quella data, poiché il 24 luglio
era il suo compleanno che ha festeggiato in compagnia di Michele e di
altre persone, alcuni di questi citati infatti dalla difesa, mentre il
27 luglio è morto suo padre, quindi non poteva non ricordare
quella notte come l'ultima veramente felice prima di quel lutto;
l'altro, Carlo Romagnoli, era colui che presiedeva il dibattito
ambientalista al quale Michele era ospite, quindi non poteva essere
andato ad incendiare alcunché.
La prossima udienza è fissata per il 30 marzo. La Corte
proverà ad esaurire i testimoni della difesa, che però
sono ancora molti, oltre quaranta. Un'altra udienza infatti è
già stata fissata per il 20 aprile.
Comitato 23 ottobre
Martedì mattina 19 gennaio, come ampiamente annunciato, era
previsto l'arrivo dell'ufficiale giudiziario, in merito allo sfratto da
parte dell'Aler nei confronti dello "Spazio Micene".
Sabato 16 gennaio, si era svolta nel quartiere San Siro, una
manifestazione di protesta con la partecipazione di varie centinaia
contro lo sfratto del Centro e contro la ripresa degli sfratti nel
quartiere.
Fin dalle prime ore del mattino c'è stata la presenza di un
centinaio di compagni dell'opposizione sociale a presidiare la Sede.
Oltre a quelli dello "Spazio Micene" erano presenti le aree del
Cantiere, dei Transiti, del Torchiera, ecc.
Verso le 9 è arrivato il "messo" a consegnare la comunicazione che lo sfratto è rimandato al 6 luglio del c.a.
I compagni del Micene sperano di arrivare ad un accordo con l'Aler che
salvaguardi quello spazio nel quartiere, sede attiva del "comitato
abitanti san siro", del doposcuola per i figli d'immigrati e di tante
iniziative di tempo libero, di controcultura, di controinformazione,
tra le quali quella del 14 dicembre, in collaborazione con la FAM, in
memoria dell'assassinio di Pinelli.
Enrico
Le ultime esecuzioni di sfratti nel quartiere San Siro erano state
bloccate dall'intervento sollecito del "Comitato Abitanti", riuscendo a
mettersi fisicamente tra le famiglie da sgomberare e le forze di
polizia. Era seguito un incontro tra il Comitato ed il Prefetto, il
quale aveva garantito che gli sgomberi si sarebbero fermati, almeno
fino a Natale (a Natale si è più buoni!). Il sindacato
inquilini Sicet, presente in zona, aveva previsto che sarebbe seguita
l'apertura di un "tavolo" di trattativa per arrivare a un qualche
accordo. Col cavolo! Passato il periodo natalizio, malgrado
l'importante manifestazione di Sabato 16 gennaio nel quartiere in
difesa del diritto alla casa e degli spazi occupati, gli ordini
dall'alto sono stati perentori: si proceda con gli sfratti.
Venerdì 22 gennaio, alle ore 8,15, erano proprio tanti i
poliziotti e i carabinieri, equipaggiati con scudi e manganelli, che
senza esitare ad usare la violenza, hanno effettuato lo sgombero di una
famiglia occupante in via Tracia 2. Questa volta, le oltre 50 persone
del Comitato Abitanti San Siro, arrivate nel tentativo di difendere la
famiglia, non sono riuscite a precedere le "forze dell'ordine", facendo
da cuscinetto con i loro corpi. Si sono sedute per terra davanti al
cancello per impedire l'uscita del furgone, carico dei "beni" della
famiglia, ma la polizia si è fatta largo con violenza.
Un'altra casa vuota, con i sanitari fatti a pezzi e blindata, per
impedire di rientrare, che andrà ad aggiungersi agli altri mille
appartamenti vuoti nel quartiere San Siro, abbandonati al degrado,
invece di assegnarli a chi ne ha bisogno e che, essendo in graduatoria
da anni, è costretto ad occupare. Questa è la politica
dell'Aler che anche venerdì non ha esitato a mettere in mezzo
alla strada, con il freddo che fa in questa stagione, un'intera
famiglia: un uomo, una donna e due bambini di 2 e 4 anni. Proprio lo
stesso giorno è morto per il freddo un "senza tetto", che due
anni fa aveva perso l'abitazione a Milano.
Mossi dall'indignazione si è creato un corteo spontaneo degli
abitanti del quartiere, che hanno bloccato diverse strade, per poi
recarsi alla sede Aler di via Newton per manifestare la loro rabbia.
Ormai è chiara la politica del presidente dell'Aler, sostenuta
dal Comune di Milano: spera di liberare 6000 alloggi a San Siro per
poterli mettere sul mercato in vista dell'Expo 2015.
È sicuro che, se non verranno immediatamente bloccati gli
sfratti, dovranno fare i conti con la resistenza degli abitanti
organizzati, che si rifiutano di morire dal freddo in mezzo alla strada.
RedM
Si comunica che Marco Tonarelli, compagno anarchico di Pistoia,
dalla mattina di sabato 6 febbraio ha ottenuto la revoca degli arresti
domiciliari, con obbligo di dimora dalle 20 alle 7 e con il divieto di
uscire dalla provincia di Pistoia.
Marco era agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni, da
lunedì 9 novembre, per i fatti di Pistoia dell'11 ottobre.
Ricordiamo che per contribuire alle spese legali di Marco, che
sarà a processo il 10 marzo, è stato attivato un conto
corrente intestato a Barni Simona: numero 1498365, IBAN: IT12 A076 0113
8000 0000 1498 365.
Anarchici toscani