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Sabato 24 gennaio, ore 8. Caos a Genova Principe. Che succede? Succede che quella mattina duecento persone, rispondendo all'iniziativa promossa dai centri sociali autogestiti genovesi, da Rifondazione Comunista, dalla Comunità di San Benedetto, dal Comitato Chiapas e dall'Associazione Città Aperta, si danno appuntamento per raggiungere pacificamente, e, sopratutto, gratutitamente, Roma, in occasione della grande manifestazione nazionale promossa da un vasto arco di forze dell'antagonismo e della solidarietà per protestare contro l'eccidio di Acteal, nel Chiapas, il 22 dicembre, e per dare sostegno alla lotta di resistenza delle comunità indios, diffondendo anche qui il messaggio di rivolta e speranza zapatista. Duecento persone quindi che, assieme ad altre migliaia in partenza dalle stazioni del Veneto, della Lombardia, del ponente ligure, scelgono il modo più estremo, ma anche il più semplice, per esercitare il proprio diritto a manifestare, quello di conquistare gratutitamente il treno che li porterà a Roma. Insomma, il modo più zapatista... L'iniziativa di quella mattina, nuova per Genova ma già praticata più volte dalle realtà antagoniste di Roma, Milano, Padova e di altre città, arrivando, a Giugno, a portare migliaia di italiani a manifestare ad Amsterdaam contro l'Europa di Maastricht, non era certo una sortita. Era stata infatti preparata, oltre da una serie di mobilitazioni a vasto raggio (di piazza e in sede istituzionale, tanto da portare il Consiglio Comunale di Genova ad approvare un ordine del giorno che condanna i massacri operati dalle bande del governo messicano) da una intensa campagna di sensibilizzazione e di propaganda: in poche parole, una manifestazione pubblica e cittadina, un prologo del corteo di Roma, molto di più di un semplice viaggio gratis. C'erano tutti i presupposti affinchè, data l'eccezionalità dell'evento e la sua forte caratterizzazione pubblica, politica e sociale (e sopratutto caso non isolato ma analogo a contemporanee iniziative in decine di stazioni italiane), i soggetti chiamati in causa, ovvero Ferrovie dello Stato, Questura di Genova e Ministero degli Interni, prendessero atto dell'iniziativa, analogamente a quanto accade in occasione di un corteo o nell'occupazione di una area dimessa. Non è
andata esattamente così. Un cordone nutrito di
poliziotti, tristemente sfoggianti lucidi caschi in testa
e manganelli a mo' di pacato ma deciso avvertimento,
assieme a dipendenti delle ferrovie, bloccavano infatti
l'accesso ai binari, chiedendo a tutti di mostrare
regolare biglietto, anche a chi stava andando ad
aspettare sul tale binario la nonna carica di valigie.
Tutto ciò magari anche solo per scoraggiare eventuali
indecisi. Ora,
evidentemente non crediamo che le ferrovie siano felici
di prestare a duecento "zapatisti" genovesi i
loro convogli, perdipiù Intercity. Ma sappiamo bene che,
in occasioni come quella di Sabato 24, che rappresentano
ben di più dell'incontro casuale di duecento scrocconi,
trattandosi di una iniziativa dal carattere straordinario
e politico esulando quindi dal controllo delle FF.SS.,
queste ultime se ne "stiano", di come Questure
e Ministero degli Interni decidono di gestire la vicenda. Il
treno sta per arrivare, qualcuno teme di non partire, e
di minuto in minuto si evolve la situazione: "si
parte, ci sono quattro carrozze", "non si parte",
"si parte ma pagate", "si parte ma, uno
per uno, esibite i documenti" etc... In questo clima
persino il buon Bruschi, pacato segretario provinciale di
Rifondazione Comunista, non può che perdere le staffe,
alzando la voce di fronte agli stupiti dirigenti di P.S. Metà conquista è già stata ottenuta, ossia si è riusciti a garantire il viaggio di andata e ritorno per Roma per tutti quelli che Sabato 24 hanno affollato Genova P.P., raggiungendo così Roma e la manifestazione. Non solo, un altro centinaio di persone, dalle stazioni successive della costa ligure e toscana, sono salite sul treno occupato a Genova. Nessuno è stato identificato o perquisito. Ma non basta. Andrà colta questa occasione, nel momento in cui le Ferrovie faranno avere il conto, affinchè nessuno paghi proprio un bel niente, dando seguito così alle rivendicazioni di quella mattina. Dietro la conquista dei treni gratuiti si nasconde infatti una battaglia più grande: oltre ad aver conquistato il diritto a partecipare alle grandi manifestazioni, e consigliamo alle Ferrovie nonchè a Burlando di predisporre strumenti che prendano atto che nelle prossime occasioni altre migliaia di persone intenderanno proseguire questa pratica, si è data vita ad una vertenza per la gratuità ed il carattere pubblico dei servizi fondamentali, ed il diritto alla mobilità. In questo caso le ferrovie, oggetto di una privatizzazone e di una ristrutturazione che ha visto negli ultimi anni tagli di personale per migliaia, riduzione costante delle garanzie di sicurezza per viaggiatori e lavoratori oramai sotto gli occhi di chiunque, e qui parliamo di morti e feriti, tagli delle linee minori e aumento delle tariffe. Di ciò hanno pagato il prezzo, ovviamente, pendolari e lavoratori in primo luogo. Tutto ciò mentre quasi l'intera dirigenza, passata e presente, delle Ferrovie, pare frequentasse più le banche svizzere che non i propri uffici. Crediamo quindi che dovrà essere lo Stato, trovando la forma più adatta, a garantire la copertura di quello come dei tanti viaggi conquistati dalle realtà antagoniste italiane, ottenere ciò sarà fondamentale per, da un lato, garantire il diritto nelle prossime occasioni di organizzare iniziative analoghe, dall'altro per proseguire una battaglia che, in ultima analisi, vede come obiettivo la conquista del reddito contro ogni esclusione sociale, in questo caso una quota di reddito indiretto, trattandosi di un servizio fondamentale. Un ultima riflessione è dovuta a chi considera i treni conquistati qualcosa a metà fra la carnevalata per gentile concessione, la simulazione di conflitto (nei migliori dei casi) e l'infame compromissione con D.I.G.O.S. e questure, preferendo scomodi e costosi pulmann. Se così è, che dire delle decine di centri sociali occupati che si sono conquistati il diritto a non essere sgomberati, il diritto ad esistere? Crediamo proprio che analoghi siano gli elementi che portano tanto a rendere praticabili momenti di rottura come l'occupazione di un area dismessa, quanto quello della conquista di un treno. E se quest'ultima è la peggiore delle compromissioni, non capiamo proprio che senso abbia occupare un Centro Sociale sperando di non esserne sgomberati o, ancora, trattando le condizioni per una assegnazione. |
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