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Quello che segue è la bozza di un documento frutto di un lavoro collettivo svolto dal movimento delle TUTE BIANCHE GENOVESI, dal Centro Sociale Emiliano Zapata e da alcuni lavoratori del porto attivi nel coordinamento delle R.S.U. e del circolo P.R.C. del porto. Questo lavoro vuole essere il tentativo di unire le vertenze legate alla situazione lavorativa in porto (dopo l'ennesima morte bianca) ed alle lotte per il reddito di cittadinanza condotte in città. REDDITO DIRITTI DIGNITA' L'ultima tragica morte avvenuta nel porto di Genova è l'ennesima, quanto inutile, prova del progressivo venir meno di diritti e garanzie fondamentali. Una vita dignitosa, un lavoro sicuro, un reddito di cui vivere: tutto questo, alla faccia del progresso, dell'Euro, e di quant'altro oggi celebrato, diventa sempre più raro, in una società che "progredendo", invece che creare giustizia e benessere, mina sempre più i diritti minimi della persona. Cos'altro dire, infatti, di una morte che nemmeno possiamo definire "sul lavoro", dato che il giovane Andrea Bellini è morto svolgendo mansioni per cui non era retribuito, svelando ancora una volta la barbarie dei "moderni" processi formativi e produttivi. Il porto di Genova può e deve essere un importante laboratorio per avviare una lotta contro la progressiva precarietà del lavoro e la sempre minore quantità di garanzie, contro le logiche privatizzatrici e la flessibilità e per la sicurezza. Dal porto può partire questa lotta nella nostra città, date l'importanza di esso nel mondo del lavoro cittadino e la tragicità dei fatti di questi ultimi mesi, lotta da estendersi a tutti i luoghi di lavoro, nessuno dei quali è oramai esente da questi problemi. Una battaglia più in generale da estendersi alla società tutta, dove aumentano i disoccupati e peggiorano le garanzie di tutti, chiedendo che venga ridistribuita la ricchezza prodotta e fermando ogni logica di smantellamento di diritti considerati fuori moda ed i processi di privatizzazione. IL PORTO DI GENOVA E IL CONTRATTO NAZIONALE La
discussione sul contratto nazionale dei lavoratori dei
terminali portuali privati e la necessità di un recupero
categoriale per i portuali delle compagnie s'intrecciano
con il varo definitivo della legge di regolamentazione
del lavoro portuale. Anche
le organizzazioni sindacali nell'ultima fase,
rappresentando per intero la rabbia dei lavoratori, hanno
definitivamente aperto una vertenza a tutto campo sulla
sicurezza ma il documento firmato a Palazzo S.Giorgio il
5/1/1999 non rappresenta certo la soluzione dei problemi.
Il tavolo tecnico messo in campo dal presidente Gallanti
e che riunisce terminalisti, lavoratori e U.S.L., dovrà
definire fondamentalmente tre ordini di problemi: Ritornando
al contratto ed alla proposta d'unificazione dei
contratti di lavoro, la qualità con la quale si
raggiunge semplificherà di molto la concorrenza
selvaggia con cui le imprese oggi si danno battaglia sui
mercati. Il valore delle 100.000 nette a turno con 36 ore
di lavoro settimanale è a reale portata dei lavoratori.
Siamo passati dalla fase d'elaborazione, agitazione e
discussione ad una vera proposta sindacale nazionale. La
Compagnia deve necessariamente riportare fra i soci
politica e solidarietà, non è possibile accettare per
il buon vivere di qualcuno che ci siano picchi altissimi
di giornata per qualche socio e salari da fame per altri.
Come non è possibile pagare "mensili" a tanti
lavoratori mentre per la maggioranza turno dopo turno non
si riescono a raggiungere, con le stesse giornate, i
medesimi risultati. Chiediamo perequazione fra gli
avviamenti, allargando delle professionalità,
trasparenza nelle chiamate, solo così otterremo una vera
partecipazione di tutti i lavoratori alle scelte
strategiche della compagnia. Intendiamo l'autogestione
della CULMV come ricerca della dignità e della parità
ed il lavoro come strumento per migliorare la voglia di
stare assieme. Il salario di mancato avviamento
rappresenta un obiettivo fondamentale per migliorare la
vita dei socie per distribuire meglio le occasioni di
lavoro. REDDITO UNIVERSALE DI CITTADINANZA Le figure classiche del lavoro dipendente ed operaio (tute blu) hanno subito nell'ultimo decennio gravi attacchi: da un lato gli accordi sul costo della lavoro hanno causato gravi perdite salariali (sia in rapporto all'inflazione pur bassa nell'ultimo biennio che ai guadagni enormi di produttività aziendali) dall'altro flessibilità, possibilità di perdere il lavoro da un giorno all'altro, nuove figure contrattuali e regali alle imprese hanno fatto il resto. L'avere un lavoro oramai non garantisce più di per sé diritti e garanzie acquisite. Accanto a ciò emerge, oltre ad un numero di disoccupati costantemente in aumento, un variegato panorama di soggetti "nuovi", soprattutto nel mondo giovanile e, recentemente, dell'immigrazione: lavoro interinale, formazione lavoro, lavoro precario o intermittente, lavoro autonomo e, vecchia storia ma sempre più in aumento, lavoro nero. Milioni di persone in Italia ed in Europa sono state insomma in questi anni letteralmente escluse, messe a lato nella società, privandole del diritto a godere di un esistenza piena e dignitosa e dei più elementari diritti, in poche parole, dello stesso status di cittadino. Questi dati sono strutturalmente legati ad una crescita economica e finanziaria (in una parola della ricchezza) costante. Una produzione con meno lavoro nei paesi ricchi (innovazione tecnologica), lo sfruttamento di manodopera pressoché gratis in paesi terzi, complesse operazioni di speculazioni hanno garantito l'arricchirsi e l'ingrassarsi di padroni e banchieri. La torta della ricchezza accumulata non solo non è diminuita ma anzi è aumentata e di molto. Accanto alla sacrosanta lotta per arrestare la caduta dei diritti di chi un lavoro ce l'ha, occorre imporre con forza un'equa suddivisone della torta già descritta. Come? Istituendo un Reddito minimo di cittadinanza. Uno strumento d'eguaglianza per far si che ciò che la società nel suo complesso produce venga equamente ridistribuito. Un diritto individuale della persone, che per il solo fatto d'essere cittadino deve a pieno titolo partecipare della ricchezza prodotta. Parliamo di un assegno mensile e dell'acceso gratuito a servizi fondamentali e cultura. Per tutti. Le risorse esistono (pensiamo ad evasione fiscale ed alle migliaia di miliardi regalati alle imprese). Questa è una proposta generale. Occorre certamente individuare i passi per arrivare a ciò, ed i soggetti di riferimenti. Noi, nella nostra città abbiamo pensato a questo. Da un lato una vertenza contro la privatizzazione dell'AMT e per un servizio davvero pubblico con tariffe gratuite per studenti, disoccupati e pensionati. Dall'altro una "card", una carta rossa, per i giovani sino ai trent'anni, per l'accesso a determinati servizi, alla cultura ed al divertimento. Vedremo cosa otterremo. Sarà dura, ma se riuscissimo avremo solo conquistato una piccola fetta del reddito che ci spetta. Movimento
delle Tute Bianche, Genova |
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