INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA 1958-1969

ed. NAUTILUS - Torino

pagine 752. L. 37.000

Da principio ci fu la critica dell'arte e l'individuazione di snodi essenziali affinchè l'arte, morta nelle morte forme, potesse finalmente esprimersi nella vita. Poi ci fu l'esercizio dell'arte della critica che si coniugò, nella misura possibile offerta dalla storia, con la sovversione sociale ed intellettuale. Questa può essere la sintesi del percorso dell'I.S. negli anni che fu attiva.

L'apogeo di questa traiettoria teorica, umana e sovversiva si ebbe nel 1968 quando sulle barricate di Parigi e nel generalizzato movimento delle occupazioni le tesi situazioniste venivano spontaneamente riprese, magari solo in graffito, assumendo un'ampiezza precedentemente sconosciuta. Evidentemente non erano state le analisi, le intuizioni e le posizioni dei situazionisti ad aver determinato, da sè sole, quell'ampia e profonda rivolta che va sotto il nome di Maggio'68, così come l'intervento pratico dei situazionisti nei fatti del Maggio non era sconnesso dalle ipotesi teoriche precedenti, cioè non era al seguito di un movimento in atto (mentre così fu per la gran parte dei gruppi gauchiste, per non parlare delle vere e proprie organizzazioni minoritarie). Si può affermare, senza tema di smentite, che tra l'I.S. e il movimento del Maggio vi fu un incontro ad un crocevia della storia, uno dei più importanti della storia recente. "Merito" dell'I.S, che ha saputo individuare dei movimenti della storia o "fortuna" per una congiuntura che ha consentito questo appuntamento riuscito tra teoria e prassi? La questione è palesemente oziosa. Nei fatti, si tratta dell'andamento delle tensioni rivoluzionarie - soggettive ed oggettive - di questa seconda metà del secolo, delle sue affermazioni teoriche, quando ci sono state, delle sue parzialissime espressioni pratiche, quando ci sono state, e delle sue sconfitte, che tutti conosciamo, ma che non escludono affatto il riemergere del concreto rovesciamento di prospettiva, visto che le contraddizioni della società esistente non fanno altro che spostarsi, senza risolversi.

Pertanto la storia dell'I.S. altro non è se non un segmento della storia del movimento rivoluzionario contemporaneo. Un movimento ovviamente fatto da uomini e da singole storie; così la storia dell'I.S. come organizzazione specifica e soggettiva, è anche storia di lacerazioni, di esclusioni e infine di disaggregazione. Ma è anche memoria in atto. Non per nulla in Italia, dove, a differenza della Francia in cui le tesi situazioniste hanno conosciuto una notevolissima circolazione, il patrimonio teorico situazionista, e la sua sperimentabilità, è stato per lo piu ignorato, tranne che in ambienti ristretti, quando alzavano la voce, e non solo i gauchiste di vario stampo, negli ultimi tempi è in corso una rivisitazione delle tematiche situazioniste, sia per quanto riguarda la critica dell'arte, sia per la costruzione di situazioni, sia per la critica del capitale così come si sta configurando.

Libro cardine dell'I.S. è stato sicuramente la Società dello spettacolo di Guy Debord, forse il maggior teorico dell'I.S., che rimane ancora attuale per la sua impostazione. Dopo che di "spettacolo" si era scritto parlato e pubblicato per banalizzazioni, oggi tutti dovrebbero essere costretti ad affrontare lo spettacolo per quello che è: la fase contemporanea del dominio del capitale, la concentrazione di immagini attraverso cui le merci si propagano e realizzano, l'espropriazione di senso umano di cui la "civiltà" attuale, determinata dal capitale e poggiantesi sullo Stato, si nutre per perpetuarsi e riprodursi.

Ma lo spettacolo esiste anche, se non soprattutto, attraverso il recupero di ciò che in momenti storici determinati ha assunto valenza sovversiva. Così se oggi si parla volentieri, a livello pubblico, scrivendone ampiamente e per lo più immotivatamente, di spettacolo e dei situazionisti, è proprio per disinnescarne la potenzialità virale tuttora esistente, che richiederebbe, al contrario, una costante messa in opera nei passaggi storici presenti e nelle vite quotidiane di tutti. La mistificazione va di pari passo con l'accorpamento, il fine è la sterilizzazione.

Va da sè che un testo, poniamo del 1960 oggi va riletto con gli occhi degli anni Novanta. Ma va riletto. Non castrato come fosse qualcosa che appartiene ad un passato lontano che non ci riguarda.

La scelta di pubblicare la collezione completa dei dodici numeri dell'Internationale Situationniste, che coprono l'arco di undici anni e di pubblicarla quasi fosse un facsimile, ancorchè ovviamente in traduzione italiana e finalmente corretta, nasce proprio da questa esigenza. Fornire uno strumento a tutti coloro che vogliono inserirsi nella storia e nella pratica dell'intelligenza critica; togliere di mano agli "specialisti", per lo più di nessun conto e valore, il monopolio delle conoscenze dei testi.

Nei dodici numeri dell'Internazionale Situazionista non c'è ovviamente tutto quanto prodotto dai situazionisti, nè ci sono gli sviluppi successivi delle storie, a quel punto soprattutto individuali o microcollettive. Non ci sono libri, come quelli di Debord, di Vaneigem o di Viénet, come non ci sono le esperienze di destrutturazione dell'arte dei primi anni dell'I.S., come non ci sono i film inventati da Debord. E così via. C'è la storia dell'I.S., completa e senza omissioni per come è apparsa nella sua rivista che per lungo tempo e non a torto, i situazionisti amavano chiamare bollettini.

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Estate 1995
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