Ecco il documento, uscito da un’assemblea
milanese, che ha attraversato la discussione all’interno dei centri sociali
negli ultimi mesi. Anche al lettore più distratto apparirà
chiaro che la proposta contenuta in questa Carta (firmata tra gli altri
dai centri sociali del Nord-Est, dal Leoncavallo di Milano, dal Corto Circuito
di Roma) proponga una forte discontinuità nell’agire di quest’area.
Nella Carta di Milano si possono vedere
i primi elementi per la ricostruzione di un progetto di trasformazione
dell’esistente, un modo per uscire dall’autoreferenzialità al limite
dell’autoghettizzazione che sempre più rischia di caratterizzare
l’esperienza dei centri sociali.
LA CARTA DI MILANO
Queste tre mozioni emesse dall’Assemblea Nazionale riunitasi a Milano, al Centro Sociale Leoncavallo, nella giornata di Sabato 19 settembre 1998, rappresentano la sintesi del lavoro svolto nelle Commissioni e nell’Assemblea Generale che ha deciso di unificarle e costituirle in questo documento: “LA CARTA DI MILANO”
1. La Commissione su “Repressione,
Depenalizzazione e Carcere”, contribuendo alla formulazione complessiva
della CARTA DI MILANO, definisce: Non riconosciamo questo diritto finchè
questo diritto non riconoscerà noi!
Questo “diritto” non ci
appartiene perchè non è più adeguato ad interpretare
le condizioni sociali prodotte dalle profonde trasformazioni che stanno
attraversando questo paese.
La sanzione penale
di comportamenti sociali causati da un modello di sviluppo che garantisce
solo precarietà ed esclusione in un’ assenza totale di prospettive
per il futuro, è la dimostrazione di quanto sia ormai tramontata
la cultura giuridica di questo paese. Si discute di “svolte”, ci si divide
su come affrontare la grave situazione sociale ed occupazionale che investe
ormai ampi settori di popolazione ma al tempo stesso si sanziona pesantemente
l’espressione sociale di questo stato di cose. L’ effetto immediato di
questo meccanismo è di comprimere la manifestazione del dissenso
impedendo che esploda definitivamente la crisi di questa strumentazione
giuridica.
Noi, Centri Sociali, riuniti
in assemblea nazionale al Leoncavallo il 19.IX.’98, già pluriprocessati
ed inquisiti per affermare il nostro diritto all’esistenza sentiamo che
la nostra condizione è simile a quella di chi subisce la criminalizzazione
dei propri diritti senza altri interlocutori e risposte, che non siano
magistrati e forze dell’ordine, processi e sentenze. Pensiamo che, come
per le lotte sociali, così per l’ uso delle sostanze stupefacenti
l’utilizzo del Codice Penale sia un crimine contro l’umanità! Al
pari dell’uso della pena detentiva nei confronti dei malati di AIDS e delle
“emergenze sociali”. Il carcere non è mai stata un’alternativa all’esclusione
e all’emarginazione dunque rivendichiamo fin da subito che un “nuovo diritto”
sia messo all’ordine del giorno delle agende politiche attuali, un nuovo
diritto che si fondi soprattutto su:
- Amnistia per noi e per
gli anni ’70.
- Diritto alla libera circolazione
degli uomini e delle donne con immediata chiusura dei centri di detenzione
temporanea per gli immigrati. Invitiamo ad una mobilitazione nazionale
su questo tema per la fine di Ottobre.
- Depenalizzazione/decriminalizzazione
dei reati legati all’ esercizio dei diritti sociali negati.
- Depenalizzazione/decriminalizzione
dell’ uso delle sostanze stupefacenti.
- Scarcerazione dei malati
gravi e dei malati di AIDS verso la fuoriuscita dall’ orizzonte del carcere
e dalle istituzioni totali.
Pensiamo che questa battaglia
debba essere il prodotto di una relazione sinergica con altri attori sociali
diversi interessati ad ampliare l’ orizzonte delle garanzie sociali ampliando
quello degli spazi di agibilità politica del dissenso. Noi intanto
cominceremo sin da subito a rendere operante questo nuovo diritto,
approntando materialmente una nostra carta dei diritti e delle libertà
partendo dal presupposto che questo diritto non lo riconosciamo più!
2. La COMMISSIONE di lavoro
sul REDDITO di CITTADINANZA contribuendo alla formulazione complessiva
della “CARTA DI MILANO”, definisce :
1) Reddito di cittadinanza
come nodo politico fondamentale e orizzonte ideale (a fronte di una statica
riproposizione del lavoro per rispondere a nuovi bisogni sociali) per aprire
una nuova fase di conflitti sociali e mobilitazioni, unica vera battaglia
capace di unire concretamente soggetti e società reale, da nord
a sud.
2) L’ apertura di una fase
costituente ampia, plurale, ricca di differenze, in cui verificare le condizioni
per la creazione di un movimento di massa, a partire da questa idea-forza.
3) La necessità di
creare una rete organizzativa per il movimento, formata a partire da gruppi
di lavoro, collettivi, associazioni, presenti nei vari territori, aperta
al contributo di altri, per stimolare l’ approfondimento del dibattito,
la sua circolazione e il confronto tra percorsi e sperimentazioni sviluppate
dalle varie realtà. La rete ha inoltre la funzione di articolare
proposte concrete per possibili campagne comuni; la prossima convocazione
viene affidata al “movimento delle tute bianche” di Roma.
3. La commissione “Centri
sociali e aree dismesse”, come contributo al dibattito per “La carta di
Milano” propone:
1) Uscire dalla dinamica
perdente “Conflitto - Repressione - Lotta alla repressione”, entrare in
un panorama diverso, in cui il conflitto sociale sia portatore di progettualità.
Vogliamo costruire il vortice “Conflitto - Progetti - Allargamento della
sfera dei diritti”. Pensiamo ai progetti come ad un elemento costituente,
prefigurante modelli societari, economici e relazionali altri, pensiamo
ad un conflitto che partendo da noi stessi sappia rivendicare e conquistare
diritti per tutti, uscendo definitivamente da logiche autoreferenziali.
2) Crediamo sia ormai irrimandabile
la necessità di individuare una soluzione politica complessiva,
a carattere nazionale, che permetta ai centri sociali di uscire dalla dimensione
di precarietà cui sono stati costretti, restituendo alla liberazione
degli spazi e al riutilizzo delle aree dismesse il valore sociale che gli
appartiene. Intendiamo intervenire sia dal punto di vista di ciò
che oggi esiste, di quegli spazi che siamo riusciti a conquistare nel corso
degli anni, sia dal punto di vista di una legislazione attualmente inadeguata
che deve saper riconoscere la peculiarità della dimensione autogestionaria
e ne salvaguardi l’indipendenza e l’autonomia politica, gestionale, amministrativa.
3) Crediamo opportuno collocare
l’esperienza dei centri sociali in una battaglia generale, di conquista
di diritti di cittadinanza piena, per tutti, a cominciare dal reddito,
come vera e propria riforma conflittuale del welfare, intraprendendo percorsi
di riappropriazione dal basso della ricchezza sociale. Abbiamo quindi deciso,
per iniziare a costruire i percorsi di lotta sopra elencati, di costruire:
4) Un percorso di autoinchiesta,
a livello nazionale, tra tutti i centri sociali, che sappia sondare le
diverse situazioni di esistenza, intorno alla dimensione contrattuale e/o
vertenziale, alle utenze di servizio, alla realizzazione di progetti.
5) Una banca dati, collettiva,
in cui confrontare le riflessioni, i progetti e la realizzazione degli
stessi, le possibilità di bandi pubblici, accesso ai finanziamenti
ecc.
6) Uno strumento nazionale,
di tipo consortile, che partendo dal confronto delle dimensioni vertenziali
a livello territoriale sappia intervenire anche sulla dimensione legislativa
nella direzione di poter garantire un riconoscimento totale dell’autogestione.
L’Assemblea Nazionale del
19.09.1998