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Annullamento di TSO per difetto assoluto di motivazione

Prima di passare alla lettura della sentenza della Corte di Cassazionee per renderne più agevole la comprensione, vorremmo dare alcune notizie sui fatti oggetto della sentenza.

Giuseppe R. è uno studente di Floridia (Sr) che ha subito un trattamento sanitario obbligatorio nel 1995. Da subito lo stesso ha attivato tutte le procedure di autotutela previste dalla legge, denunciando di non essere stato visitato da alcun medico e di non essere nelle condizioni cliniche previste dalla legge ("alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici").

Un primo ricorso al Sindaco, che chiede la revoca del provvedimento, viene rigettato. Lo stesso destino tocca alla richiesta di annullamento avanzata al Tribunale di Siracusa. L'ulteriore ricorso alla Corte di Cassazione porta alla sentenza di seguito trascritta, che cassa la sentenza del Tribunale di Siracusa e rimanda il tutto ad altra sezione di Tribunale perchè il TSO venga annullato per difetto assoluto di motivazione.

Il provvedimento di TSO, infatti, è stato adottato dal Sindaco di Floridia sulla base di certificazioni mediche che si limitavano alla mera enunciazione di una diagnosi senza motivare la richiesta di trattamento coatto secondo quanto previsto dalla legge.

La sentenza è un importante precedente che sottolinea come, a differenza di quanto vanno affermando giudici tutelari e sindaci, il TSO non può essere un mero atto burocratico ma, essendo un provvedimento di limitazione della libertà personale, debba essere opportunamente motivato nello specifico caso e senza ricorrere a generiche affermazioni di principio.

Per un approfondimento della situazione giuridica di Romano G. vedi la sezione resoconti.                                                                                              Per informazioni più approfondite sulla questione TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) vedi l'apposita sezione.

 

Corte Suprema di Cassazione

sezione prima civile

sentenza

sul ricorso proposto da:

R. G. elettivamente domiciliato in Roma, presso l’avvocato B. M., rappresentato e difeso dall’avvocato G. C., giusta procura in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

Comune di Floridia,

P.M. presso il Tribunale di Siracusa;

  • intimati –

avverso il provvedimento del Tribunale di Siracusa, depositato il 16/02/96;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/03/98 dal consigliere dott. R.D.;

udito per il ricorrente, l’Avvocato C., che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. V. N. che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

Con provvedimento del 24/11/1995, convalidato in pari data dal giudice tutelare, il Sindaco di Floridia dispose trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di R. G.

Costui propose reclamo che il Tribunale di Siracusa respinse, con provvedimento del 16/2/1996, affermando: che la proposta di trattamento, formulata da un neuropsichiatra, era motivata perché indicava la malattia mentale -–sindrome dissociativa – dalla quale R. era affetto e ne specificava la caratteristica – aggressività – e cioè l’attitudine ad assalire fisicamente i terzi; che la proposta era stata convalidata dal coadiutore sanitario del servizio di igiene mentale di Floridia, il quale aveva dichiarato di aver accertato la validità della proposta stessa dopo aver verificato che esistevano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; che le indicate due attestazioni sanitarie erano state recepite nei provvedimenti del sindaco e del Giudice Tutelare, i quali pertanto dovevano ritenersi correttamente motivati, anche se "per relationem"; che non appariva opportuno pertanto opportuno disporre l’istruttoria richiesta.

Il R. ha proposto ricorso per cassazione, notificandolo al pubblico ministero presso il giudice "a quo" e al Sindaco di Floridia; nessuno degli intimati si è costituito.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso, denunziandosi violazione di legge, si deduce che sono nulli il provvedimento del Tribunale, del Sindaco e del giudice tutelare perché il provvedimento disponente il trattamento sanitario obbligatorio costituisce provvedimento restrittivo della libertà personale eccezionalmente demandato ad autorità diversa da quella giudiziaria dalla legge 833/1978 e pertanto necessita di chiara e congrua motivazione, nella specie mancante perché gli indicati provvedimenti sono tutti motivati "pòer relationem" al contenuto delle attestazioni sanitarie e queste sono a loro volta immotivate in quanto: la proposta non è basata su alcuna anamnesi, non è stata preceduta neppure dalla visita del paziente e non indica la impossibilità di alternative al trattamento obbligatorio; la convalida della proposta non è basata su alcuna anamnesi concreta e pertanto costituisce esplicitazione di riferimento ad uno stereotipo e non al soggetto concreto da valutare.

Con il secondo motivo, denunziandosi vizio di motivazione, si deduce che il Tribunale non ha dato corso alle istanze istruttorie, intese a provare che il R. non era conosciuto dai servizi sociali locali come malato di mente e non era stato mai sottoposto a ricoveri ospedalieri per motivi psichiatrici, e che pertanto il provvedimento disponente il trattamento obbligatorio fosse sospetto perché adottato con particolare urgenza (erano stati sottoscritti nella stessa giornata la convalida della proposta e il provvedimento del sindaco), tenuto altresì conto della circostanza, emergente dal verbale della camera di consiglio, che, nonostante il provvedimento del sindaco fosse stato sottoscritto alle ore 21, alle ore 22 successive i vigili avevano telefonato al nosocomio di un "probabile" provvedimento del genere.

I motivi, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati per le seguenti assorbenti considerazioni.

L’art. 35 della legge 23/12/78 n. 833, che prevede il ricorso al Tribunale avverso i provvedimenti che dispongono il trattamento sanitario obbligatorio, non prevede impugnativa avverso il provvedimento che il Tribunale emette.

Il ricorso per cassazione, che pertanto deve ritenersi proposto ai sensi dell’art. 11, secondo comma della Costituzione, è ammissibile perché il provvedimento del tribunale è di natura giurisdizionale, è definitivo in quanto insuscettibile di diversa impugnazione ed è decisorio su diritto soggettivo considerato che la Corte costituzionale ha affermato che "il provvedimento di ricovero coattivo di un soggetto sospettato di malattie mentali si inquadra tra quelli restrittivi della libertà personale" (n. 74/1968).

Quest’ultimo connotato del provvedimento evidenzia che debba essere adeguato alla specifica fattispecie l’orientamento di questa Corte secondo il quale il vizio di motivazione costituente violazione di legge, come tale denunziabile con il ricorso straordinario per cassazione, ricorre solo quando la motivazione manchi del tutto ovvero si estrinsechi in argomentazioni reciprocamente inconciliabili od obiettivamente incomprensibili o inidonee a rivelare la "ratio decidendi" (per tutte: cass., n. 12086/1995).

Siffatto orientamento difatti, che concerne il controllo di legittimità sulla motivazione in generale del provvedimento giurisdizionale, non esclude l’ipotesi che nelle ipotesi, quale quella di specie – e in analogia con il provvedimento penale restrittivo della libertà personale – nelle quali sono richieste normativamente specifiche condizioni per la emissione del provvedimento restrittivo, la motivazione del provvedimento giurisdizionale sia controllabile in sede di legittimità sotto l’ulteriore profilo della necessità che essa contenga la esplicitazione, e in senso positivo, della ricorrenza di quelle specifiche condizioni.

Nella fattispecie pertanto la motivazione manca assolutamente: a) quando non contenga quella esplicitazione; b) quando, pur contenendola, rivesta purtuttavia la connotazione che secondo l’indicato orientamento la rende suscettibile di controllo in sede di legittimità.

Ora, poiché il provvedimento del tribunale, basandosi sul rilievo che tutti i precedenti provvedimenti erano motivati correttamente "per relationem" alle attestazioni sanitarie, contiene anch’esso tale motivazione, decisivo al fine della ricorrenza dei denunziati vizi è l’esame dell’art. 34 della legge 23/12/1978 n. 833.

Il quale - al contrario del precedente art. 33, che per i trattamenti sanitari "in generale" prevede soltanto che la relativa proposta sia motivata - per i trattamenti sanitari "Per malattia mentale" prevede che il provvedimento che li dispone sia motivato specificatamente in ordine alle seguenti condizioni: 1) che esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici; 2) che questi non vengano accettati dall'infermo (condizioni soggettive); 3) che non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive e idonee misure sanitarie extraospedaliere (condizione oggettiva).

E, come si è già indicato, la motivazione deve essere specifica non solo nel senso che debba essere correlata a tutti quegli elementi peculiari richiesti nella norma, ma anche nel senso che tale correlazione debba essere concreta, e cioè che debba esplicitare che le condizioni richieste sussistano positivamente.

Alla luce di tali considerazioni è evidente il difetto assoluto di motivazione del provvedimento impugnato perché esso - motivato, come si è detto, "per relationem" - non solo non esplicita la ricorrenza di tutte le condizioni previste dalla disciplina normativa per l'adozione del trattamento sanitario obbligatorio, ma, in ordine alla sola condizione soggettiva (natura della malattia) alla quale fa riferimento contiene indicazioni che, come esattamente rileva il ricorrente, esprimono le manifestazioni di uno stereotipo assolutamente generico, anziché - come avrebbe dovuto essere - dello specifico soggetto.

Il provvedimento impugnato dev'essere pertanto cassato e gli atti vanno rinviati ad altro giudice, il quale deciderà attenendosi agli indicati principi.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia gli atti al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso il 27/3/1998