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Errico Malatesta e il movimento anarchico internazionale

di Tiziano Antonelli

 

La principale novità nel dibattito sulla figura di Errico Malatesta è la pubblicazione del lavoro di Giampiero Berti dedicato all'anarchico italiano. Quest'opera riempie un vuoto nella pubblicistica accademica e di divulgazione che ha sempre sottovalutato il ruolo del principale rivoluzionario italiano e, insieme all'anarchismo, lo ha progressivamente eliminato dalla storiografia ufficiale. Al tempo stesso rompe con la più diffusa storiografia di area anarchica, legata spesso ad una rappresentazione agiografica che vede in Errico Malatesta l'agitatore, l'uomo d'azione, protagonista di epiche lotte, più che il teorico, il pensatore che ha contribuito ad una definizione dell'anarchismo nei confronti dell'individualismo, del riformismo e del sindacalismo, oltre alla critica delle tendenze autoritarie e borghesi. Berti tiene fede all'impegno preso nella presentazione: "ricostruendo per la prima volta in modo compiuto la sua azione e il suo pensiero, (...) questo lavoro non riguarda solo la sua vita ma anche la storia del movimento anarchico italiano ed internazionale". Di Malatesta viene fornita una descrizione personale, da parte di uno studioso evidentemente appassionato; ma questo non ne sminuisce la portata, c' è anzi da augurarsi che ne venga fornita al più presto una nuova edizione, magari meno frettolosa dal punto di vista editoriale. Lo studio del pensiero e della vita di Errico Malatesta oggi non può fare a meno di confrontarsi con il libro di Berti, che rappresenta sicuramente una pietra miliare; in altre parole, non si può fare come se niente fosse.

La ricostruzione di Errico Malatesta fatta da Berti è ovviamente un punto di partenza per nuove ricerche: una, che mi sembra particolarmente importante, è la ricostruzione del pensiero di Malatesta che parta dalla sua evoluzione storica per darne una rappresentazione sistematica. Già Berti assesta un

ulteriore colpo alla rappresentazione di Malatesta come uomo d'azione, sottolineandone il ruolo nel dibattito teorico del movimento anarchico internazionale, dalla prima formulazione del comunismo anarchico al Congresso di Firenze-Tosi del 1876, alla ultima riflessione sul pensiero di Pietro Kropotkin pubblicata sulla rivista "Studi Sociali" di Montevideo nel 1931; questo lavoro ne illustra l'evoluzione storica nell'ambito del dibattito all'interno del movimento operaio e anarchico. Credo che un passo in avanti sia costituito dalla sua rappresentazione sistematica, che permetta di risolverne alcune (per me) apparenti contraddizioni.

Quale strada seguire?

Un primo passo, che allo stato delle mie conoscenze mi sembra sottovalutato, è un'esegesi dei testi malatestiani. L'ultima ampia raccolta è rappresentata dall'edizione degli scritti di Malatesta su Umanità Nova e su Pensiero e Volontà; si tratta della raccolta quasi completa degli scritti di Malatesta dopo il 1920, si tratta però di una ristampa anastatica di un'edizione del 1935, fatta senza confronto con gli originali a stampa né con eventuali autografi di Malatesta, un'edizione critica di questo tipo degli scritti di Errico Malatesta non esiste, e non so se qualcuno ci sta lavorando. Si tratta poi di riprendere le sue argomentazioni, magari utilizzando parole chiave; esplicitando quelle principali e quelle subordinate, quali le premesse e quali le conclusioni, successivamente la presentazione di tali argomentazioni dovrebbe fornire un aiuto nella ricezione e nella comprensione della loro struttura logica.

E' evidente che l'approccio informatico è utilissimo, sia per la disponibilità dei testi, sia per la loro edizione critica, sia per la ricostruzione sistematica del pensiero di Malatesta: l'uso di parole chiave,

permette la ricerca e la raccolta delle definizioni; la loro collocazione in una struttura ad albero, che appunto ne individui le premesse, le argomentazioni e le conclusioni, facilita La visualizzazione dei nessi interni; la formalizzazione, attraverso l'uso di operatori simbolici, permette di individuare le apparenti contraddizioni logiche. In un primo tempo questo lavoro può essere fatto anche a livello militante, applicandolo alla raccolta a cui facevo cenno, e ad argomenti legati alla prassi sociale (es. il movimento operaio) o ad argomenti di attualità (es. la scienza). Questo legame potrebbe permettere sia un maggior coinvolgimento, sia un ritorno economico che permetta la prosecuzione del lavoro.

Un'altra strada è quella di stabilire da subito una gerarchia delle fonti: la produzione di M. è estremamente differenziata e costituita in gran parte da scritti d'occasione. All'interno di questa massa si può lavorare ordinando i testi a seconda del contenuto (teorici, strategici, tattici), ed enucleare anche quelle strutture comunicative più adatte a rendere comprensibile il contenuto per coloro a cui M. si rivolgeva. E' evidente già ad un primo approccio che esiste una differenza tra gli scritti di Malatesta destinati ad un dibattito più approfondito, il programma, le relazioni per i congressi internazionali e per i congressi dell'UAI, gli scritti di divulgazione, gli articoli più o meno di occasione; questa differenza è costituita dalla misura in cui il pensiero dell'anarchico si esprime più liberamente, senza vincoli contingenti.

Si pone subito il problema del Programma Anarchico e del suo ruolo nel modello interpretativo che andiamo a costruire. Malatesta lavora attorno ad un programma per gli anarchici fin dal Congresso

di Firenze già ricordato dell'Internazionale; questo lungo travaglio è sintetizzato dalle premessa al Programma Anarchico stesso, dove viene rivendicata la sua continuità con il programma della Prima Internazionale. Il P. A. raggiunge una sistemazione definitiva al congresso dell'UAI del 1920. Questa data è colma di significato: non solo la principale assise anarchica del tempo adotta il programma di Malatesta, dimostra anche che il programma redatto da Malatesta rappresenta la sintesi di un dibattito

sviluppatosi sulla base delle esperienze di tanti militanti, della evoluzione del movimento di classe, del fallimento della pratica elettorale ed autoritaria. Inoltre, il dibattito svoltosi a Bologna lega il lavoro più

importante di Malatesta all'organizzazione comunista anarchica: anche se i contenuti sono tali da essere condivisi da gran parte dell'anarchismo, solo all'interno della tendenza comunista anarchica organizzatrice si sono dati quei momenti formali capaci di sedimentare il dibattito in conclusioni

comuni. Infine, il Programma ha continuato ad essere un riferimento per molti militanti perché Errico Malatesta ha assunto un ruolo particolare di intellettuale: quello di interprete di una riflessione collettiva.

 

La scelta del P. A. è indubbiamente una scelta politica prima ancora che di indagine scientifica, almeno al livello attuale della ricerca, ma è una scelta politica anche considerarlo uno scritto fra tanti. Dalla riflessione sul Programma Anarchico può derivare la soluzione di alcune contraddizioni del pensiero di Malatesta, ad esempio sulla questione dell'unità di classe. Nel Programma si afferma che l'unione di tutti i lavoratori è impossibile da ottenere, in numerosi articoli dello stesso periodo Malatesta si pronuncia più o meno apertamente per l'unità sindacale. Questa è una contraddizione, che può essere sciolta se si pensa che nel Programma si afferma che l'unità dei lavoratori non è un presupposto necessario della rivoluzione, mentre negli articoli a cui ho fatto cenno, Malatesta punta ad obiettivi più

immediati: la presenza di un maggior numero di militanti anarchici nella CGdL per sottrarla al controllo dei dirigenti riformisti, l'alleanza delle strutture sindacali per combattere il fascismo. Si ritorna quindi al problema della gerarchia delle fonti. In quest'ottica, il Programma Anarchico è illuminante anche su altre questioni. Il rapporto tra anarchia e storia, ad esempio: il Programma si apre con il seguente concetto: "la più gran parte dei mali che affliggono gli uomini dipende dalla cattiva organizzazione sociale". Questo concetto indubbiamente rappresenta una situazione che è il prodotto di un'evoluzione storica: solo ad un dato punto dello sviluppo delle forze produttive i mali di cui soffrono gli uomini finiscono per essere effetto di cause naturali e divengono effetto di cause sociali; è a tale punto di sviluppo che si presenta la possibilità dell'anarchia; è a tale opunto di sviluppo che nasce

l'esigenza di un movimento anarchico specifico. L'evoluzione storica, sociale, che porta all'affermazione dell'anarchia era d'altra parte ben presente a Malatesta, come liberazione dalla condizione di natura, e ne dà conto anche il Berti nel suo libro.

 

L'etica è il riferimento di tutta l'azione e la riflessione di Malatesta, ed anche il Programma Anarchico risente di questa impostazione. L'uso di questo concetto è però difficoltoso, in quanto nell'accezione comune rimanda ad un sistema di valori dati a priori, quindi trascendente. L'etica per Malatesta è invece immanente alla vita associata degli uomini: basta leggere "L'Anarchia" per comprendere come il principio di solidarietà non esista da qualche parte indipendentemente, ma si sia sviluppato e affermato come risultato dell'evoluzione naturale, della lotta degli uomini per sopravvivere.

Mi sembra che il Programma Anarchico inoltre sia chiaro: è l'attuale organizzazione della società che impedisce agli uomini di impegnarsi per il conseguimento della felicità; occorre quindi lottare per eliminare gli ostacoli materiali che si oppongono al raggiungimento della felicità.

Premessa della felicità è la libertà: solo l'uomo libero può scegliere, e quindi scegliere la via che porta all'eliminazione della sofferenza, del male; ma la maggior parte dell'umanità non è libera, l'oppressione

economica, lo sfruttamento che i capitalisti operano grazie alla proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio sulla massa dei lavoratori, è la causa principale dell'abiezione morale e materiale degli sfruttati.

L'espropriazione dei proprietari è la premessa indispensabile della liberazione dell'individuo. L'etica quindi non è un riferimento a cui tende l'anarchia, ma si forma di pari passo col processo di liberazione degli uomini. Non si dà etica senza libertà, Malatesta non separa etica e politica: la prima riguarda il comportamento del singolo, la seconda il comportamento della collettività; ma poiché la collettività è l'insieme dei singoli, la felicità della collettività è data dalla somma della felicità dei singoli. Quindi l'etica presuppone un percorso di liberazione, l'etica presuppone l'abolizione della proprietà privata e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo; non solo, ma già oggi il miglioramento economico delle condizioni dei lavoratori è il presupposto della crescita morale dei lavoratori stessi. Secondo questa interpretazione, quindi il comportamento etico dei membri della società è il portato delle condizioni storiche concrete in cui si dà il processo di liberazione, il comportamento etico dei lavoratori è

conseguenza delle lotte rivendicative del movimento operaio, accompagnate dall'azione di propaganda, di agitazione e di organizzazione svolta dall'avanguardia rivoluzionaria. L'etica è quindi il prodotto della prassi rivoluzionaria, per questo è così importante che i rivoluzionari adoperino mezzi coerenti con i fini, perchè sono proprio i mezzi, il metodo, la prassi che svolge una funzione educativa, che forma l'abitudine, l'ethos appunto.

Ho l'impressione che Berti sorvoli su questo ruolo della prassi nel pensiero e nell'azione di Malatesta: l'azione trasformatrice della società trasforma anche i soggetti agenti e crea quei momenti collettivi che sono le cellule della nuova società. E' questo legame tra società presente e società futura, la mediazione della prassi rivoluzionaria che rende concreto il programma di Malatesta. Isolare un etica a priori da cui far derivare la scelta anarchica, spogliare l'anarchismo e l'anarchia da ogni legame con la realtà sociale in cui si trova ad operare e trasformarlo in una generica aspirazione umana, togliergli in altre parole le determinazioni concrete, lo trasformano in un ideale astratto ed impotente. Questo mi sembra il percorso di Berti. E' comunque il percorso del movimento anarchico dall'avvento del fascismo,

percorso che ha subito un'indubbia accelerazione dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Il movimento anarchico oggi è ben lontano da quello dei tempi di Malatesta, e questo per due ragioni: da una parte il movimento dei lavoratori è riuscito a migliorare le condizioni di vita degli sfruttati, cioè si è rivelato falso, nel periodo in questione, l'affermazione basilare del Programma Anarchico secondo cui la lotta economica sarebbe stata impotente a produrre il miglioramento delle condizioni dei lavoratori.

L'affermazione del bolscevismo in Russia e l'esperienza della Spagna rivoluzionaria hanno messo davanti agli anarchici la prospettiva di un'insurrezione che sarebbe tornata a vantaggio degli agenti di Mosca, e si sarebbe trasformata in un'altra dittatura sanguinaria sulle spalle dei lavoratori. Emarginati dal movimento dei lavoratori, abbandonato il terreno di lotta politica specifica, il movimento anarchico dopo la seconda guerra mondiale si è rinchiuso in sé stesso a distillare la quintessenza dell'anarchia. Di questo percorso storico indubbiamente Berti è uno dei rappresentanti più autorevoli. Ma tutto questo sta cambiando: le condizioni degli sfruttati continuano a peggiorare, ed è il governo il principale artefice di questo peggioramento, il pericolo di uno sbocco autoritario di una insurrezione liberatrice sembra quanto meno molto attenuato. L'anarchismo può riprendere il proprio cammino, collegando lotta economica e lotta di trasformazione sociale, tornando ad essere sé stesso: tendenza libertaria del movimento degli sfruttati.