Frammenti per una territorializzazione del narrare·1


Il territorio è una metafora, un luogo fisico, uno stato, una biografia, carne, pelle terra. é il luogo di incontro di flussi di natura composita e diversa. Il territorio è ironia.
Luogo d'incontro di forze, tensioni che si mostra, autorappresenta come un processo, un movimento: musica soffusa o tonante - cigni o valchirie - immanenza scoperta soggettiva dei propri limiti e delle proprie possibilità di superamento.

- "Il territorio può essere relativo sia ad uno spazio vissuto, sia ad un sistema che il soggetto percepisce come "casa mia". Il territorio è sinonimo di appropriazione, di soggettivazione chiusa su se stessa. Il territorio può deterritorializzarsi, aprirsi, essere coinvolto in linee di fuga, oppure franare e distruggersi. La riterritorializzazione consisterà quindi nel tentativo di ricomposizione di un territorio coinvolto in un processo deterritorializzante".

Per ragionare su di una territorializzazioni del narrare è, quindi, opportuno concentrarsi su tre fattori che permettano di decodificare le trasformazioni:
1) la composizione di un territorio, 2) le spie - gli indizi- dei processi indicati, 3) le forme di ricomposizione autoritaria o libertaria che vi si verificano.

Il primo è di per sè molteplice se partiamo dal dato che il territorio, qualsiasi esso sia non è originario, è privo di ragione fondativa. Ogni definizione, nome psichico o geografico è una costruzione umana, effetto di mappe culturali complesse legate alla successione di diversi stadi di modernizzazione. Il territorio è l'invenzione necessaria perchè si possa sviluppare una catena di invenzioni: le classi, le nazioni, le ideologie. Si costituisce "a partire da frammenti decodificati di ogni specie, tratti dagli ambienti, ma che acquistano allora un valore di proprietà. Il territorio è quindi un concatenamento".
Ogni soggetto, agente, interno ad un territorio è in continua attività, tenta di modificare senza un'apparente soluzione di continuità, lo spazio - fisico e sociale -, i tempi. Per secoli territorio è stato natura, nuda, viva. La Natura ostile. La macchina, la ripetizione seriale di azioni, la sovrapposizione continuata ed organizzata di materiali/argine, ha determinato il prevalere dell'uomo sul contingente: i territori sono allora diventati velenosi, sono stati frammentati, intersecati, nominati, divisi, in un solo termine codificati specularmente alle forme di rappresentazione e gestione del potere macchinico dello stato e della produzione/accumulazione/consumo. L'urbano e il rurale sono stati meccanizzati.
Macroterritorializzazioni di episteme. A queste corrispondono però una gamma infinitesimale di microterritorializzazioni che sono, poi, la formazione, il pulsare di tessuti sociali complessi. Ogni individuo determina ed è determinato dal territorio. Ogni elemento indirizza a possibili vie di fuga, trasformazioni. Continue esperienze e scelte di carattere biopolitico che concorrono alla composizione di insiemi, agglomerati territoriali
-"Il territorio nasce quindi da un gesto di deterritorializzazione e, in aggiunta, è costitutivamente percorso da linee di deterritorializzazione, le quali, a loro volta, possono manifestare la tendenza a chiudersi in nuove territorialità, a riterritorializzarsi".
Individuare le spie di processi quasi impercettibili significa, forse, avviare pratiche di ricognizione e registrazione delle forze e delle esistenze presenti su territori determinati. Utilizzare diversi supporti per cartografare le trasformazioni e le vie di fuga, le esistenze, i percorsi personali e sociali. Concentrasi su spazi complessi, attraversati da paradossi e contraddizioni. Soffermarsi sulle pratiche informali, sugli stratagemmi, sulle organizzazioni necessarie, sui contromovimenti a sistemi e fenomeni imposti o diffusi dall'alto. Porsi domande relative alle strategie di reazione, alle riterritorializzazione autoritarie. Le forme, collettive o individuali, di contromovimenti sociali che restano confinate ad un livello di difficile lettura. Nascoste in pieghe inimmaginabili del territorio sociale.
Significa anche leggere le implicazioni tra territorio umano e territorio fisico, le proposte di trasformazione urbanistica dello spazio, la divisioni in zone e compartimenti definiti - campi di diversa forma - potenzialità, storie, vite. La selezione del restauro e della conservazione di pezzi di memoria fisica. La localizzazione dei distretti industriali e la diffusione territoriale della produzione macchinica. Il lavoro, la sua organizzazione e sequenzialità è uno degli indici di lettura del territorio, uno degli elementi costituenti della cartografia territoriale.
Probabilmente potremmo anche dire che un'altra categoria di indizi, un'altra pratica di lettura territoriale, può essere quella della registrazione di biografie, di memorie di vissuto, registrare testimonianze di congiunture cruciali della storia del mondo.
In terzo luogo narrare, ricostruire, mostrare, forme di riterritorializzazione. Nel dettaglio concentrarsi sull'identificazione di pratiche di significazione, autoaffermazione, ascesa, migrazione, risignificazione. Per quanto riguarda la particolarità napoletana significherebbe attivare pratiche d'indagine e d'inchiesta sulla ricomposizione degli equilibri sociali e di potere degli anni '90, l'ascesa di elite così come l'emersione di marginalità nuove e settorialità cresciute.
Tuttavia oltre ad una ricostruzione analitico/teorica di possibili pratiche volte a cartografare dei territori, è importante, crediamo, confrontarsi sulle modalità di narrazione, ricostruzione e rappresentazione dei fenomeni isolati, ripresi e riutilizzati. Pratiche artistiche o scientifiche (Detournement o fonti orali sono su di uno stesso piano di significanza) capaci di offrire uno spaccato e, soprattutto stimolare domande e dubbi su sicurezze e strumenti interpretativi fino ad ora ritenuti certi.
Pratiche d'indagine che ripropongano, parallelamente, un criterio di orizzontalità e condivisione delle informazione e delle tecniche utilizzate. Creare reti di scambio, innestarsi in reti già esistenti, allargarle e complicarle.
Stimolare un'inchiesta di minoranza che abbia finalità molteplici legate da un'affinità dell'agire.
Partire dalle facce, dalle relazioni concrete, come ricordava Marco Bechis "avere un cavo a terra nella realtà".
spunti: Gilles Deleuze, Felix Guattari, AntiEdipo, Torino, 1972; Id., Millepiani, Roma, 1997

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Il radicamento è forse il bisogno più importante e meno conosciuto dell'anima umana. L'essere umano ha una radice attraverso la sua partecipazione attiva e naturale all'esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro.
S.W.


- "Il territorio non esiste in natura: esso è un esito dinamico, stratificato, complesso di successivi cicli di civilizzazione; è un complesso sistema di relazione fra comunità insediate (e loro culture) e ambiente. é dunque l'azione della società insediata, nel suo produrre e strutturare il territorio, a costruire buone o cattive relazioni con l'ambiente, e di conseguenza buoni o cattivi equilibri ecosistemici: in un luogo si sedimentano i caratteri socioculturali che si sono formati anche attraverso l'evoluzione storica delle relazioni, di rapporti intersoggettivi, a loro volta in relazione con le modalità di utilizzo degli ecosistemi naturali locali"
- Il territorio  un organismo ad alta complessitˆ, un neoecosistema in continua trasformazione, prodotto dall'incontro tra eventi culturali e nature, composto da luoghi dotati di identitˆ storia, carattere, struttura di lungo periodo, che formano i "tipi" e le individualitˆ territoriali e urbani.
- Territorializzazione: la societˆ locale riconosce il proprio territorio e lo valorizza costruendo socialitˆ.[·] Riabilitare e riabituare i luoghi: non pu˜ essere un processo che avviene in forme tecnocratiche: significa prendersi di nuovo cura quotidiana dei luoghi da parte di chi ci vive, con nuove sapienze ambientali e tecniche di governo.
- Differenza tra valori e risorse come definizione del patrimonio territoriale, per non appiattire l'interpretazione e l'uso del patrimonio rispetto alle modalitˆ di interpretazione e d'uso della generazione presente. Se una societˆ in una determinata fase storica non  interessata al patrimonio pu˜, fin quando  considerato come risorsa, essere distrutto in modo irreversibile senza poter essere reinterpretato come risorsa successivamente. La differenza che esiste tra le definizioni di valore e risorsa  simile a quella tra spazio e luogo. Lo spazio  universale,  slegato dal territorio, ha un carattere funzionalistico, esclusivamente per le dinamiche produttive in un discorso esclusivamenrte economico. Il luogo valorizza le peculiaritˆ locali. I valori territoriali indicano gli elementi costitutivi del patrimonio, il quale  indipendente dalle forme specifiche e temporanee del suo uso; questi stessi valori possono essere intesi come risorsa quando una societˆ li reinterpreta attivamente.
Il patrimonio territoriale, che l'approccio territorialista pone alla base della costruzione della ricchezza durevole,  definito come il prodotto del processo storico di territorializzazione: esso si configura come un giacimento di lunga durata che precisa la propria identitˆ e i propri caratteri nel modo in cui si integrano le sue componenti ambientali con le componenti edificate e con le componenti antropiche (modelli socioculturali e identitari. Culture artistiche, produttive e politiche). Le modalitˆ di integrazione di queste componenti esprimono il valore relazionale del patrimonio e il suo potenziale di produzione di ricchezza durevole.
Conservazione/riterritorializzazione idea di patrimonio come un processo lungo no a un conservazione che gessifica gli attori e i luoghi ma reinterpretazione e trasformazione.
- Registrare i cambiamenti legati allo sradicamento geografico e sociale: "residente" non pi "abitante" : la condizione di straniero, di immigrato, di nomade, di city user di massificato diviene prevalente nel modello insediativo metropolitano, con la rottura delle relazioni fra etnia, linguaggio e territorio; i residenti della periferia sono dislocati a caso in siti resi indifferenti alla loro storia
- Se l'abitante  dissolto e frammentato spazialmente nei siti del lavoro, dello svago, della fruizione della natura, del consumo, della cura, della riproduzione, e quindi non ha pi "luoghi" da abitare nei quali integrare e socializzare tutte queste funzioni, esso non ha pi relazione di scambio e identificazione con il proprio ambiente di vita, che gli appare solcato da flussi di oggetti e di funzioni a lui estranei e degradanti.
La sparizione fisica dello spazio pubblico corrisponde alla progressiva perdita di potere sulla cosa pubblica da parte della comunitˆ locale.
- Il concetto di sostenibilitˆ non si risolve nella ottimizzazione della qualitˆ ambientale a qualunque condizione, ma nella ricerca di relazioni virtuose fra sostenibilitˆ ambientali, sociale, territoriale,economica, politica che renda coerenti basic needs, self reliance, ecosviluppo.
- Gli atteggiamenti distruttivi del patrimonio territoriale ("localismo vandalico") sono praticati proprio da popolazioni locali localizzate da modelli culturali di modernizzazione provenienti dalla metropoli; mentre i progetti e le pratiche di conservazione e valorizzazione del patrimonio locale sono perseguiti da nuovi abitanti che portano modelli culturali emergenti dalla crisi della modernizzazione. Nuovi soggetti immigrati che reinterpretano il territorio con valori appartenenti alle proprie culture.
Localismo: comportamento di difesa e chiusura di una comunitˆ radicata sul territorio (che pu˜ essere anche vandalico, "triste", intollerante, violento ecc·)

"Questa non  cittˆ che duri, qui non  posto da dimora. Cattivo il vento, cattivo il tempo, incerto il profitto, certo il rischio". T.E.

- Oggi assistiamo a uno slittamento prevalente, nella cultura politica e urbanistica, verso visioni e scenari strategici direttamente operabili, con forte attenzione ai meccanismi di processo. In queste ipotesi la partecipazione assume il ruolo restrittivo di consensus building: l'orizzonte della trasformazione  dato entro i confini dei valori socioculturali degli attori presenti nell'interazione istituzionale. Non vengono mai messi in discussione nŽ le gerarchie tra gli attori nŽ i paradigmi economici dominanti.
Lo scenario strategico non deve essere pensato in funzione della sua applicabilitˆ immediata nel quadro degli attori decisionali presenti, ma facendo riferimento a un quadro di attori potenziali della trasformazione, in gran parte sommersi o minoritari, anche se interpreti delle contraddizioni rilevanti del modello socioeconomico dominante. Di conseguenza si rende inevitabilmente incerta l'operabilitˆ dello scenario, che oscilla fra il presente e il tempo imprevedibile dell'utopia.

spunti: Alberto Magnaghi, Abitare il territorio, Milano, 2000.

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