In maniera molto naturale ci siamo trovati d'accordo con questa necessità, era nostro desiderio poter parlare, per la prima volta da tanti anni a questa parte, di repressione in modo diverso, libero da condizionamenti di questa o quella emergenza.
Avvertivamo la necessit? di affrontare l'argomento come conseguenza ovvia dell'analisi sulla fase che stavamo effettuando. Innanzitutto ci troviamo in una crisi del ciclo economico lunga e difficile da interpretrare anche ricorrendo all'analogia del passato. Non e' la prima volta, ovviamente, che l'economia mondiale si trova a fare i conti con una recessione, ma e' la prima volta che a sei mesi dall'inizio di una recessione gli indici delle borse mondiali siano mediamente in passivo (circa -17% rispetto a dicembre). Sappiamo che le crisi economiche producono tensioni sociali e politiche che gli Stati borghesi hanno imparato ad anticipare ricorrendo alla "controrivoluzione preventiva" che si incarna in vari modi, primo fra tutti un aumento del livello repressivo.
A questo dato per noi che viviamo nell'Unione Europea si aggiungono una serie di riflessioni legate proprio al processo di unificazione in corso. Processo che sta procedendo molto velocemente, ricordiamo che proprio in questi giorni il
segretario dei DS si e' fatto promotore di una proposta per unificare sotto una unica voce il credito vantato dai vari paesai aderenti all'UE presso l'FMI.
Quindi l'Europa Unita sta nascendo giorno dopo giorno, ma come si va disegnando?
Ad una prima occhiata pare davvero un castello che punta i propri cannoni in priomo luogo contro le masse di extracomunitari che premono ai confini, basti vedere il consenso suscitato in Europa (Aznar in particolare) dalla Bossi-Fini o dalla proposta di fare pressioni sui Paesi di origine degli immigrati, politica che dovrebbe essere comune a partire dall'imminente vertice di Siviglia.
E' facile immaginare che gli stessi cannoni sono pronti, appena necessario, ad essere puntati contro eventuali rivoluzionari interni all'UE.
Come rispondere a tutto cio'? Non era forse da un'assemblea di soggettività politiche che si vedevano la prima volta che poteva arrivare la risposta definitiva, tuttavia qualche riflessione importante, che puo' essere una valida base sulla quale costruire un percorso comune.
Innanzitutto va detto che e' stata rifiutata la possibilità di appellarsi alle "istituzioni buone" da usare contro le "cattiva". E' questo il modello sul quale si e' sviluppata tutta la querelle sul caso Napoli. In generale non crediamo che le leggi, nate per favorire e proteggere lo sviluppo del capitale, possano essere una valida difesa per il proletariato; tanto meno ci interessa essere i "servi sciocchi" delle lotte intestine fra gli apparati dello Stato; tutti sanno che a Napoli da anni e' in corso una lotta sotteranea tra magistrati.
Ancora non ci interessa seguire la strada tentata da altri, quella di entrare nelle istituzioni, di partecipare alla gestione di questo o quell'Ente locale, semplicemente perche' e' inutile. Esemplare il caso Genova. Nel capoluogo ligure e' da tempo in procinto di costruzione un CDT. Non essendo possibile contare sulla collaborazione da parte del comune per i prossimi 4 anni, il problema dell'individuazione dell'area sarà agevolmente superato con la destinazione allo scopo di un'area di territorio demaniale, e quindi fuori dalla competenza del Comune, nella città. Ecco quindi la dimostrazione inequivocaqbile che una politica decisa dall'UE viene imposta senza che nessun organo di eletti locale possa intervenire. Vale davvero la pena di lavorare tanto per farsi eleggere?
La prima risposta possibile viene proprio, e forse era inevitabile dai compagni detenuti: smettere di perdersi in analisi che rischiano di perdersi fini a se stesse quando esagerano per diventare la prima ed unica attività politica, smettere con la politica dei piccoli passi per avere finalmente il coraggio di mettere di nuovo in campo delle ipotesi forti che disegnino un mondo diverso nei fatti, a partire dai comportameni quotidiani.
E' quello che un po' tutti ci andiamo ripetendo da anni, mettere in campo un serio radicamento sul territtorio che sia da un lato alternativo, dimostrando che esistono anche modelli di vita diversi da quelli imposti dal capitale, un modello che sia nel contempo in grado di parlare ed interagire con la società ci circonda, che sappia essere positivo e propositivo. Da questo modello, da questo radicamento deve poi nascere quell'immaginario collettivo che ci dia la forza per sovvertire il sistema.
Oggi l'immaginario e' a noi quanto mai avverso, ci e' stato chiesto, anche a ragione di impegnarci a spezzare l'idea del carcere che oggi va per la maggiore quella di un luogo di villeggiatura dove i detenuti pasteggiano con le fragole.
Bisogna invece, tramite la denuncia e la continua controinformazione, imporre una nuova coscienza di classe, che sappia con chiarezza di quali crimini si macchi la borghesia quando deve reprimere, esattamente come deve sapere chi e' il
vero colpevole dei morti di Marghera, chi e' che porta e lascia affondare le navi di disperati clandestini sulle nostre coste. Una coscienza che si ribelli e consideri offensiva per l'intelligenza umana una perizia che addossi la morte di un ragazzo ad un calcinaccio in volo che ha deviato un proiettile. E' triste ma oggi queste cose sono accettate in un clima di indifferenza che non possiamo e non dobbiamo accettare.
Questo e' il clima che permette a cose infamanti per la razza umana di passere senza destare il giusto sdegno. I compagni, siano stati essi di idee anarchiche o comuniste, intervenuti hanno ricordato l'esistenza di regimi carcerari speciali qui nella civilissima europa, in quello che ci stanno vendendo come il modello buono del capitale, argine ai cattivissimi USA. Il FIES in Spagna come le torture in Turchia.
E per venire all'Italia uno stillicidio di montature, l'attacco reopressivo che in questi mesi sta colpendo il Fraria di Cagliari, le montature contro la compagna bergamasca accusata di aver fatto saltare in aria un pilone per il solo fatto di possedere una bomboletta spray e quattro bulloni. L'uso indiscriminato del reato associativo per poter avviare indagini e detenere per tempi lunghissimi persone contro le quali mancano riscontri concreti o esistono solo prove per reati ridicoli (slogan o lancio di uova).
Questa spirale che ci stringe sempre piu' si puo' rompere solo avendo il coraggio di tornare a mettere in campo un'ipotesi veramente rivoluzionaria.
Anche per questo speriamo che presto ci si possa vedere di nuovo, per ragionare assieme su un comune agire politico, e per decidere assieme che strategie adottare contro l'azione repressiva dello Stato.
Vedere anarchici e comunisti raccontarsi questi fatti con il massimo rispetto gli uni per gli altri, ricordandosi sempre di menzionare che le sofferenze in carcere hanno colpito e colpiscono entrambi nella stessa maniera e forza, e' stato forse il ricordo piu' piacevole che ci lascerà questa giornata.