LA VOSTRA PUBBLICITA'
VEICOLA INFORMAZIONI FALSE A DANNO DELLE DONNE AFGHANE
LETTERA
APERTA ALLA BENETTON E ALLA STAMPA
Egregi signori,
abbiamo ricevuto una vostra lettera a proposito della nostra protesta, indirizzata ai giornali che pubblicavano la vostra campagna pubblicitaria utilizzando immagini di donne afghane. Dite che non abbiamo compreso la vostra pubblicità, che in essa "non si fa accenno alla "politica afghana rispetto alle donne", ma si fa invece riferimento alle attività svolte dal WFP, in particolare durante il periodo talebano, per aiutare le donne afghane a lavorare in ambienti protetti."
Intanto non capiamo come mai, se è così, ne parliate adesso. Perché inserire una vecchia notizia in un contesto che allude chiaramente al cambio di regime, e a una presunta positiva soluzione dei problemi delle donne?Ci sembrerebbe quasi offensivo credere che dei professionisti della comunicazione quali voi siete ignorino che, scrivendo- a titolo di esempio- "Basmina, 15, is now free to find work in Kabul. food aid supports her while she looks for a job", state significando che Basmina adesso è libera di cercare lavoro a Kabul, e mentre lo cerca riceve anche alimenti. A scanso di equivoci, la foto a sinistra mostra Basmina con un bel burqua giallo; e dopo, a destra, a viso scoperto.
Purtroppo i rapporti ufficiali smentiscono questa visione -indubbiamente comoda e pacificante per le coscienze occidentali- del nuovo corso in Afghanistan.
In particolar modo quello dettagliato e molto ben documentato di Human Rights Watch indaga sulle violazioni dei diritti umani in atto contro le donne, mortificate nella libertà di movimento e di espressione, nel diritto al lavoro e allo studio, e minacciate nella integrità fisica e la salute. Il rapporto insiste sugli stupri e le violenze che vengono perpetrati massivamente, e allerta l'opinione pubblica internazionale sulla recrudescenza delle violenze contro le donne in previsione della prossima Loya Girga.Ve ne riportiamo dei passi:
"Dopo la caduta dei Talebani le donne afghane erano piene di speranza. gli attori internazionali di tutto il mondo promettevano un miglioramento delle loro condizioni di vita. Eppure, a un anno da quell'evento le donne e le ragazze afghane si scontrano ancora con severe restrizioni e con la violazione dei loro diritti umani. Questo si deve al fatto che in molte aree i Talebani sono stati rimpiazzati da signori della guerra, funzionari di polizia, e funzionari locali che mantengono le stesse attitudini rispetto alle donne. In molte località i funzionari che amministravano le politiche contro le donne per conto dei talebani sono rimasti al loro posto. Questo comporta il mantenimento di codici sociali estremamente repressivi che hanno un impatto devastante sulla vita delle donne. La autorità del governo centrale non è nella posizione di proteggere le donne e le ragazze soprattutto fuori dalla capitale Kabul, e la comunità internazionale è incapace di adempiere ai suoi impegni nei confronti delle donne in Afghanistan". E ancora: "Un'area che suscita particolare preoccupazione è la provincia di Herat nell'Afghanistan occidentale, che aveva una tradizione letteraria e culturale liberale e un passato di donne istruite. Ma sotto il governo di Ismail Khan, la libertà di espressione, di associazione, di movimento delle donne, nonché il loro diritto alla parità, al lavoro, all'istruzione, all'integrità fisica si sono terribilmente deteriorati. Come dimostra questo rapporto, potenzialmente ogni aspetto della vita delle donne e delle ragazze ad Herat sono sotto il controllo della polizia." ("Vogliamo vivere come esseri umani. Repressione contro donne e ragazze nell' Afghanistan occidentale". Human Right Watch report dicembre 2002).
Le donne afghane chiedono che i responsabili dei crimini contro l'umanità vengano processati di fronte a un tribunale internazionale, e non collocati a capo dei ministeri più importanti e dei governi regionali. E denunciano che finchè questo non sarà fatto, ogni finanziamento, ogni aiuto e ogni sostegno diretto all'attuale governo dell'Afghanistan andrà a rimpinguare le casse e a finanziare le azioni di generali e signori della guerra, che ancora oggi - ci informano sempre i rapporti - si stanno macchiando di crimini contro l'umanità: persecuzioni etniche, saccheggi di villaggi, stupri su donne e bambine.
Vi chiediamo quindi di ritirare quelle immagini e quelle didascalie.
Ai giornali chiediamo di più: raccontate il vero e non lasciate che cada il silenzio sulle donne dell'Afghanistan.
COORDINAMENTO ITALIANO A SOSTEGNO DI RAWA
www.ecn.org/reds/donne/coordinamentoRAWA.html