6 - 19 MARZO 2005: DELEGAZIONE ITALIANA IN PAKISTAN ED IN AFGHANISTAN


aprile2005, di Giovanna

 

Il viaggio inizia con il nostro arrivo in Pakistan e nei due giorni di permanenza abbiamo visitato
A ISLAMABAD il Malalai Hospital che, per mancanza di fondi dai supporters americani, ha dovuto traslocare e trasformarsi in solo ambulatorio medico senza letti x la degenza e che forse dovrà tra un anno ritraslocare all'interno del campo profughi a Peshawar e l'orfanotrofio Watan (patria). La particolarità della gestione degli orfanotrofi è data dal fatto che vengono gestiti come case famiglia con una coppia di genitori e 25/30 bambini che vivono con loro e durante il giorno
frequentano le scuole di RAWA; il costo per bambino si aggira in circa 50$ mese a testa.

PESHAWAR: qui una parte della delegazione ha incontrato le donne di un corso di alfabetizzazione e una parte, me compresa, è stata al campo profughi Jalozai visitando la sola parte gestita da Rawa, Khewa camp; abbiamo visto le scuole, femminile e maschile, l'orfanotrofio, incontrato persone che vivono all'interno del campo e abbiamo incontrato Rabia un'amica di Meena che ci ha raccontato qualche episodio del loro lavoro dei primi anni.(pensate che il marito di Rabia
ci ha poi scortate per tutto il viaggio fino a Kabul): è stato un incontro commovente.
Verso sera la delegazione si è ritrovata e la cena è avvenuta all'orfanotrofio gestito sempre da Rawa e supportato da Carol Mann (Presidente dell'ONG francese FemAid).

Abbiamo scelto di fare il viaggio per arrivare a Kabul via terra e ci sono voluti 2 giorni con una sosta la sera a Jalalabad, ma non preoccupatevi perchè anche qui pur con poche ore a disposizione le nostre amiche ci hanno organizzato un incontro con Nahid, Farzana, Fauzia; Leena che si è svolto nell'atrio del nostro albergo ma che è stato comunque emozionante.

KABUL: arriviamo a Kabul il 10/3, giorno importantissimo per poter partecipare alla prima Manifestazione per l'8 marzo in città (di solito si svolgeva in Pakistan). Le Rawa erano emozionatissime e devo dire che sono state brave e coraggiose. Hanno intervallato la giornata con interventi, canzoni (pensate abbiamo sentito el Pueblo Unido in afgano e potete immaginare le nostre lacrime), teatrino ecc. e per finire dolci per tutti. La sala era piena di donne ma anche di uomini. (se volete vederci la nostra delegazione è stata fotografata e inserita sul sito www.rawa.org)

Incontro con un partito democratico che si presenterà alle prossime elezione il cui nome è HAMBASTAGI (significa uniti, unione). Il portavoce del partito ci ha raccontato che:
sono ex "combattenti per la libertà" ed ex profughi, ed erano attivisti politici già sotto l'invasione sovietica e tutte persone laiche (intellettuali, scrittori ecc.); ora hanno fondato il partito da circa 2 anni e vogliono un partito completamente afgano per poter rappresentare al meglio il popolo e senza influenze straniere a differenza di altri partiti religiosi e fondamentalisti che sono finanziati da Iran, Pakistan e Arabia Saudita e da signori della guerra, a loro volta finanziati dagli americani.
I punti di forza del partito sono: costruire un paese democratico senza divisioni etniche o religiose, che affermi i diritti delle donne; loro sostengono che le donne devono essere rivalutate e privilegiate perché hanno sofferto molto. Si impegnano a denunciare tutti i signori della guerra e a chiedere il tribunale internazionale per i loro crimini di guerra.

Incontro con il direttore della rivista RUZ GARAN ("Vita di tutti i giorni"). E' una rivista settimanale che denuncia le sofferenze del popolo e la mancanza di democrazia, che fa analisi politiche di un tale livello di approfondimento che altri mezzi di informazione, ambasciate, ecc. la utilizzano per fornire a loro volta corrette interpretazioni di ciò che succede nel Paese insomma, sembra che sia molto diffusa, arriva in quasi tutte le province, ed è letta sia da intellettuali che dal popolo.
Stampa quasi 9000 copie (che sono poche rispetto alla domanda) costa 8 Afghani (circa 15 cent.) e vi lavorano 10 persone, di cui 2 donne, ma i contributi arrivano da molte persone, donne comprese, tanto che la rivista ha uno spazio in prima pagina dedicato alle loro ­ spesso drammatiche - storie. E' nata quando il governo ha deciso di stimolare nel Paese una rinascita culturale finanziando appunto le nuove riviste e ponendo però circa 50 regole cui attenersi, regole che RUZ ovviamente disattende ed è per questo che la commissione di vigilanza l'ha redarguita già 11 volte. Ha ricevuto anche diverse minacce.

Visita al un progetto di microcredito, la famosa Chicken farm (da qui il soprannome alla nostra delegazione!) ovvero la possibilità data ad una donna di costruirsi un futuro indipendente vendendo le uova.

Centro Sociale "Gurgistan" in un quartiere povero della città dove vivono molte persone di etnia hazara. E' frequentato sia da donne che da uomini, ha una classe per ragazze, corsi di sartoria, trucco, ha anche una squadra di calcio femminile.

Visita ad una vedova che vive con i suoi 3 figli in un capanna che molto orgogliosamente ci ha detto aver costruito tutta da sola all'interno di un quartiere di abitazioni costruite dai russi.

Visita da parte di un gruppo di noi, accompagnate da Nuri, alla casa delle donne maltrattate ("Shelter") gestita da Hawca e qui il commento da parte della mini delegazione non è stato molto positivo per la mancata progettualità di recupero di queste donne e per la gestione un po' carceraria del centro.

Visita all'ospedale di Emergency che sta in una zona centrale della città. E' un bel centro medico, molto grande, pulitissimo con una reparto maschile, uno femminile e per bambini, una piccola classe con maestro dedicata ai bimbi, un centro di primo soccorso e un piccolo parco con giochi. Il personale medico e paramedico è tutto afgano e viene retribuito con uno stipendio che é mediamente il doppio di un salario locale.
Vi sono due medici italiani che coordinano il lavoro. Ultimamente stanno anche ricoverando molte persone incidentate in città. (finiscono sotto alle macchine nell'attraversare la strada)

Il nostro viaggio prevede anche una visita a FARAH

Per poter stare un giorno a Fara ne occorrono 2 solo di viaggio perché ovviamente le strade - che sono: poco asfaltata quella principale da Herat a Kandaar e per nulla asfaltata quella per Farah - sono difficoltose da affrontare; se poi piove diventano impraticabili e, dicono, anche pericolose per via di alcune bande di predoni tanto che per il nostro ritorno hanno previsto 2 macchine come scorta

Rivediamo Malalai Joya, bellissima nel suo abito afgano, che ci offe il pranzo e ci fa conoscere anche il marito. Si era sposata il venerdì precedente il nostro arrivo (mercoledì)!

Con lei incontriamo un gruppo di donne che hanno manifestato in difesa della nostra eroina, l'ospedale Hamoon gestito da OPWAC (Organization per the Promotion of Women Capabilities) un piccolo centro con una pediatra e un medico ma molto, molto importante per la città, e i corsi di computers (Opawc), per un centinaio di ragazze/i, che funzionano grazie ad un generatore della scuola.

Visitiamo la Danish school nel villaggio di Rokin, centro acquistato e finanziato da un facoltoso Afgano, gestito da Rawa.
All'uscita ci attendono gli anziani del villaggio con il capo villaggio che con tutta la fierezza che gli era possibile ci ha ringraziate per essere andate in visita a Farah, per aver dovuto affrontare le difficoltà del viaggio, facendoci visitare le canalizzazioni che Rawa sta finanziando e che serviranno a irrigare i campi coltivati in un'ampia zona e non ultimo, tenendoci sotto un implacabile sole ci ha tenuto una lezione di storia del paese da prima dell'invasione russa ai tempi nostri. BELLISSIMO

Visita ai 2 orfanotrofi femminile e maschile, cena da quest'ultimo con le nostre 2 amiche di Farah (Danish e ?) e poi ci ritiriamo nel nostro piccolo funduq e sempre con le nostre 2 amiche passiamo Una bellissima serata tra risate e racconti

Farah è stata una bella esperienza in una provincia abbandonata a se stessa sia dal governo centrale che da quello locale e che deve i suoi piccoli miglioramenti grazie a Malalai e alle donne che hanno lottato con lei. Pensate che anche qui per l'8 marzo sono riuscite a manifestare in piazza con 2 mila donne. (mi sa che nemmeno noi ci riusciremmo?!?).

Per tutto il viaggio la nostra guida è stata Danish, bravissima, simpatica e anche preparata per i suoi 25 anni.
In Pakistan abbiamo rivisto Sohaila, che abbiamo conosciuto lo scorso novembre a Milano, Zoia, Mariam In Afghanistan la mitica Safura, Nuri e Omar di Hawca,

Le nostre amiche hanno deciso di fare un salto di qualità e di presentarsi alle prossime elezioni come indipendenti nelle liste di Hambastagi e stanno ancora discutendo sul numero delle candida te e se presentarsi come Rawa o anonime, tranne a Kabul dove è già sicura la candidatura visibile. Abbiamo saputo in questi giorni che anche Malalai Joya ha deciso di candidarsi superando evidentemente le indecisione o perplessità ancora presenti durante la nostra visita.

Solo due parole sul paese: mi pare di poter dire che, per quel poco che ho potuto vedere, esiste Kabul città presidiata dai militari dell'Isaf (forze alleate), guardie del corpo private, organizzazioni governative e non, insomma tutto ciò mi ha fatto percepire il grosso giro di affari che gira attorno alla ricostruzione, infatti si sta ricostruendo tutto quello che necessita agli occidentali (alberghi, supermercati, banche ecc.) mentre poco si sta facendo per il popolo.
Sono rimasta colpita anche dalla nuvola di polvere che per tutto il giorno ricopre la città e che ti entra mentre respiri; dal traffico caotico e senza regole, tanto che diventa difficile attraversare la strada, dalle vedove con burqa e figli che chiedono l'elemosina se va bene lungo il ciglio della strada ma anche in mezzo alla strada come a dire tanto non ho più nulla da perdere.
E poi esiste l'Afghanistan 34 province, abbandonate a se stesse, che Karzai non riesce a controllare ma che probabilmente riescono a farlo meglio i signori della guerra (solo 4 province sono governate da democratici) per cui provate a pensare alle donne, alle bambine, alla sanità, alle strade ecc. e purtroppo non ci saranno tante Joya Malalai in giro per il paese.

Non so se sono riuscita a farvi percepire con la mia relazione l'emozione che in me ha suscitato questo viaggio ma vi posso assicurare che è così e l'incontro con le donne di Rawa è stato ricco, appassionato e mi ha fatto innamorare di loro, della loro passione, di quello che sono riuscite a fare e dei rapporti che sono riuscite a costruire tra donne ma anche tra donne e uomini e la figura per me bellissima e che incarna tutto é SAFURA. Devo dire che non ci hanno mai lasciate sole, ci hanno fatto sempre sentire sicure e in ogni località che si arrivava si premuravano di farci
incontrare donne con cui confrontarci.
Ma anche l'umanità di tutte le persone che abbiamo incontrato, la dignità e la fierezza delle donne che hanno avuto la possibilità di imparare a leggere e scrivere, la riflessione di alcune ragazze che frequentando le scuole di Rawa e vedendone il lavoro decideranno di seguirne il percorso, gli uomini che fanno i supporters ed hanno capito l'importanza di lasciare lo spazio decisionale e organizzativo alle donne. Insomma penso di aver avuto l'opportuntà di conoscere la parte positiva del paese che vuole effettivamente costruire un paese democratico.

Un grazie a Cristina e a Graziella per il loro impegno di traduttrici di tutti i discorsi alle non inglesi e a Graziella anche per aver saputo gestire il viaggio da vera tour leader. Un grazie a tutta la delegazione che ha saputo bene convivere per i 15 giorni.