CONDANNATA PER AVER DENUNCIATO LE VIOLENZE CONTRO LE DONNE
CAMPAGNA A SOSTEGNO DELLA PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI UMANI DI INSTAMBUL EREN KESKIN


Aprile 2006, Dal Network di solidarietà di Eren Keskin. Traduz. a cura di Teresa Maisano

 

Mentre la violenza contro le donne continua in Turchia, così come in tutto il mondo, continuano anche le donne che la sfidano instancabilmente continuando a sollevare le proprie voci e a denunciare con forza la violenza.
La fondatrice dell'Ufficio d'aiuto legale per le vittime di abusi e violenze sessuali in detenzione, Erewn Keskin, che non ha mai smesso di denunciare le violenze contro le donne, promulgò un discorso nel 2002 a Colonia in Germania, durante una conferenza dal titolo "I diritti delle donne sono diritti umani". Durante il discorso, lei condivise con il pubblico gli incidenti violenti originati dall'azione dello stato. Come risultato di questo discorso, fu accusata dall'Alto Comandante dell'esercito e professore Necla Arat di "insultare il carattere morale dei militari".
Un processo fu aperto contro di lei dalla Corte militare del terzo distretto di Kartal. Nel marzo 2006, alla conclusione del processo, Eren Keskin è stata condannata a dieci mesi di carcere. La corte ha però mutato la pena in una sanzione di 6000 YTL (3.666 Euro all'incirca). Keskin, che considera questo processo una violazione del suo diritto alla libera espressione, ha dichiarato di rifiutarsi di dover comprare la propria libertà.
Eren Keskin è una delle tante donne che hanno lottato per molti anni per sviluppare una cultura dei diritti umani e di democrazia in Turchia. Lungo tutto il suo percorso professionale con il Legal Aid Office per le vittime di abusi e violenza sessuale in detenzione, ha aiutato 222 donne che hanno subito violenze sessuali dalle mani dello stato con assistenza legale gratuita. Purtroppo, nel nostro paese, un tale lavoro è più ostruito e attaccato che sostenuto.
In Turchia, come nel resto del mondo, ci sono donne vittime di violenza sessuale e tortura, come parte di una strategia di guerra, e che a causa della paura delle forze di sicurezza non raccontano e denunciano le loro esperienze. In queste circostanze, un'attivista dei diritti umani che cerchi di far luce su questi eventi cercando di portarli all'attenzione dell'opinione pubblica è stata condannata dal codice criminale turco, clausola 301 che dimostra la restrizione della "libertà" a un campo ben definito. Condannata per aver reso pubblici casi concreti e ben documentati che testimoniavano e denunciavano all'opinione pubblica le violenze commesse contro le donne
L'intera forza della legge è ricaduta su Eren Keskin. Le donne che hanno subito violenza sessuale nelle mani dello stato rimangono prive di considerazione e senza alcuna opportunità di presentare le loro accuse e proteste a riguardo.
Una condizione essenziale per una società democratica è il mantenimento del diritto alla libertà di espressione, non solo di quei punti di vista che sostengono e appoggiano le posizioni ufficiali dello stato ma anche di quei punti di vista che possono trovare l'accordo del consenso popolare o anche punti di vista che possono scioccare i molti.
Una società che non garantisce il diritto a pensare liberamente e che scarica le proteste e denuncie delle donne non può dirsi democratica, e tanto meno le donne possono dirsi libere sottostando a queste condizioni. Per questa ragione, la punizione imposta ad Eren Keskin, dimostra ancora una volta che nel nostro paese, non solo la libertà di espressione ma anche la libertà delle donne deve ancora affrontare enormi ostacoli.
Noi, le donne componenti del "Network di solidarietà di Eren Keskin", crediamo che questa punizione è una punizione per tutte/i coloro che credono nella democrazia e nella pace sociale, e invitiamo tutti e tutte coloro che credono nella democrazia a unirsi a noi in solidarietà con Eren Keskin.
La campagna "Sosteniamo Eren Keskin" richiama tutti quelli che credono nella libertà di espressione come una componente essenziale di una società democratica e tutti quelli che, chiunque loro siano, dicono "No alla violenza contro le donne!", per protestare contro questa sentenza.
Richiamiamo inoltre, i membri della corte di appello affinché prendano una posizione al fianco dei diritti umani, della democrazia e della libertà di espressione. Raccogliendo 0.60 Centesimi di euro da 6000 persone, dividendo in questo modo l'espressione delle nostre idee 6000 volte, dimostreremo non solo il potere di quelli che credono nella libertà, ma saremo anche in grado di ostacolare coloro che invece lavorano per limitarla. Se la decisione della corte d'appello va in un altra direzione, I 6000 YTL saranno devoluti al Legal Aid office per le vittime di abusi e violenze sessuali in carcere.
Le Donne del Network di Solidarietà con Eren Keskin


E' bella e fiera Heren Keskin. Quando entra nella stanza dove la stiamo aspettando la guardiamo tutti con ammirazione, è la presidente dell'associazione per i diritti umani di Istanbul, fa parte del collegio di difesa degli avvocati del Presidente del Pkk, Abdullaha Ocalan.
E' stata arrestata e condannata diverse volte. Nell'ultimo processo, qualche giorno prima del Newroz, è stata condannata ad un anno e due mesi di reclusione. Fra quattro mesi si terrà l'appello ma la sensazione è che dovrà scontare la pena. La colpa? Difendere i curdi arrestati e torturati e da ultimo avere assunto la difesa di Ocalan.
Heren racconta con voce piana, della repressione del popolo curdo in questo ultimo Newroz, la festa del nuovo anno dei curdi che cade il 21 marzo, tradizionalmente festeggiato ballando e cantando intorno ai fuochi. Le autorità turche hanno proibito ogni manifestazione. Ma i curdi anche quest'anno hanno sfidato i divieti. Ad Istanbul si è cercato di festeggiare il Newroz in 28 diversi punti dei quartieri popolati dai quasi tre milioni di profughi curdi, ammassatisi in questa città di 14 milioni di abitanti, dopo essere stati scacciati dai loro villaggi, distrutti dall'esercito turco per la più gran parte tra il 92 e il 95, per fare terra bruciata intorno ai guerriglieri del Pkk. La repressione è stata violenta, ad Istanbul vi sono stati 11 feriti di arma da fuoco di cui uno grave, 195 picchiati a sangue dalla polizia e dalle forze speciali, 1797 persone sono state arrestate, di queste, più di mille sono stati portati nei posti di polizia il giorno prima del Newroz a scopo preventivo per impedire di manifestare (una pratica in comune con il periodo fascista in Italia). In tutta la Turchia, gli arresti sono stati più di 5000, moltissimi i feriti, centinaia di sedi
politiche e sindacali chiuse.
Noi, la delegazione italiana che, insieme ad altre delegazioni belghe, francesi, danesi, tedesche, spagnole, inglesi, abbiamo voluto essere presenti come osservatori per testimoniare del rispetto o della violazione dei diritti in Turchia, non abbiamo potuto né osservare né partecipare ai balli intorno al fuoco. Neppure i curdi per la verità perchè la polizia e le squadre speciali hanno disperso con inaudita violenza ogni piccolo assembramento. Ci siamo recati a Gazi un quartiere all'estrema periferia di Istanbul, arrivando vedevamo il fumo dei fuochi alzarsi da diversi aree del quartiere. Non li abbiamo raggiunti, la polizia ci ha bloccati sulla strada principale. Proibito vedere, proibito testimoniare.
Ma noi abbiamo visto arrivare armati di tutto punto le autoblindo militari ed una auto della polizia in civile , con i vetri rotti e il parafango insaguinato. Alla sera dopo i dati sulla repressione
consegnateci da Heren Keskin e aver visto un giovane ragazzo con il torace trapassato da un proiettile, abbiamo potuto vedere, ampiamente mostrata alla televisione, privata e di stato, la violenza, non degli scontri, ma delle aggressioni della polizia a donne e uomini inermi.
Ognuno di noi si è chiesto perché, perché, danno così largo spazio a queste immagini, dove cosi evidente è la brutalità poliziesca. Ci siamo risposti e poi confermatoci da amici curdi, che questo è un deterrente ed un umiliazione per i curdi e un esempio: che nessuno osi ribellarsi all'autorità
Mizgin, una giovane giornalista curda, è esasperata: "Non ho mai condiviso le scelte politiche del Pkk, ma dopo l'arresto di Ocalan sono con loro. E' successo a molti di noi, certamente non prenderemo le armi, sappiamo che è una strada che non può dare soluzioni, ma abbiamo vissuto la cattura di Ocalan come un affronto fatto ad un fratello e non solo per noi curdi turchi, l'offesa e l'insulto sono stati sentiti dai curdi di tutto il mondo".
Selim, uno degli esponenti di un'associazione per il rispetto dei diritti umani che opera ad Ankara, è non solo esasperato e profondamente deluso dal comportamento europeo ma molto pessimista : "Non solo l'Europa ha consegnato Ocalan al governo turco, ma negli ultimi tempi sta riducendo gli aiuti alle associazioni per i diritti umani, quelle più esposte alla repressione. Dicono che vogliono aiutare le voci democratiche, e non si capisce perché non fanno nulla per impedire che l'Hadep, il partito curdo democratico, venga costantemente minacciato di essere messo fuori dalla legalità, i suoi leader arrestati, le sedi chiuse. Il regime turco ha capito che può muoversi a suo piacere, e dopo Ocalan può fare piazza pulita di tutti quei curdi e turchi che vogliono vivere senza l'onnipresenza delle forze militari e vivere in un paese dove il diritto non è alla mercè delle forze di sicurezza. In questa situazione viene voglia di fare azioni disperate, non si vede una via d'uscita".
Ad Ankara il 24 marzo, prima del processo in contumacia ad Abdullaha Ocalan, un processo minore, per un discorso che lui ha fatto a Med_Tv, nella stessa aula, si tiene il processo contro 18 militanti dell'Hadep, tra i quali il segretario generale Murhat Bozlack. E' il tribunale speciale, uno dei giudici è un soldato, immediatamente individuabile dai modi arroganti e disattenti allo svolgimento del processo. Gli avvocati difensori chiedono la libertà, l'accusa è avere espresso pareri positivi sul Pkk e sostegno agli scioperi della fame quando Ocalan era arrivato in Italia. Il pubblico Ministero senza nessuna motivazione dice no. I militanti dell'Hadep resteranno in carcere fino al 16 Aprile, poi si vedrà. La data è significativa, il 18 aprile vi saranno le elezioni. In carcere, i dirigenti dell'Hadep non potranno fare campagna elettorale. Così con gli arresti, la chiusura di sedi, l'oscuramento di Med-Tv, la televisione curda che trasmetteva via satellite da Londra e da Bruxelles, chiusa, per ora fino al 22 aprile, su esplicita richiesta del governo turco per istigazione al separatismo dall'Istituzione inglese che concede i permessi satellitari, il governo turco può stare tranquillo. I curdi non potranno avere alcuna rappresentanza parlamentare. Come superare lo sbarramento del 10% a livello nazionale previsto dal regolamento elettorale se nessuna attività può essere fatta dall'Hadep. Il processo contro Ocalan sarà una farsa, per chi avesse qualche dubbio, a fugarglielo basterebbe assistere ad una seduta del Tribunale Speciale. Al processo contro Ocalan, il pubblico e la parte civile sono entrati in aula come se andassero ad una manifestazione, bandiere turche avvolte intorno al corpo, esibizioni di foto delle vittime. E prima di entrare una manifestazione all'insegna degli slogan più truci , con il braccio e la mano alzati nel simbolo dei gruppi di destra dei Lupi Grigi. L'accusa ha presentato 189 casi che si sono costituiti parte civile, ma, come dimostrato poi dagli avvocati difensori di Ocalan molti di questi casi riguardavano eventi che nulla avevano a che fare con il Pkk. Gli avvocati di Ocalan, sono stati minacciati continuamente e costretti a lasciare il tribunale da una finestra del Palazzo, fotografati nell'atto di scavalcare la finestra da un fotografo della polizia, la foto immediatamente pubblicata a piena pagina nel giornale scandalistico turco Star, con titoli offensivi e lesivi della dignità degli avvocati. L'avvocato di Ocalan, Ahmet Ockcouglu, la cui vita è minacciata dalle destre turche, ha ripreso la sua attività di difensore dei diritti umani dopo sei anni in cui si era ritirato dalla vita politica attiva. A noi ha chiesto con molta chiarezza solidarietà e sostegno: "I curdi da soli non possono farcela, c'è bisogno di un movimento di sostegno e di pressione dei governi e della comunità internazionale. Le due forze insieme potranno farcela, e noi potremo finalmente vivere in un paese democratico".

Per sostenere questa campagna siete invitati/e a firmare la petizione che troverete cliccando direttamente sul seguente link http://www.erenkeskinedestek.org/en_petition.php
Comunicazioni: erenkeskinedestek@gmail.com