TESTIMONIANZA N.2
LA VEDOVA DEL PANJSHIR


settembre 2004, dalla delegazione del coordinamento italiano a sostegno di RAWA

 

La seguente testimonianza ci è stata affidata da una donna del Panjshir, rimasta vedova nel 1985, all'età di 22 anni, per mano di comandanti di Massoud.

Suo marito aveva 26 anni, era un taxista che viaggiava tra Kabul e il Panjshir. Abitava nel villaggio di Gul Bahar. Un giorno fu fermato da comandanti di Massoud in un luogo chiamato Tangi Panjshir. Lo fecero scendere dalla macchina e gli dissero di consegnare loro l'auto e i soldi. Lui rifiutò. Lo picchiarono a morte, colpendolo anche con il calcio del fucile. Alla fine non c'era un pezzo del suo corpo non tumefatto e insanguinato. Gli assassini fecero arrivare alla moglie un messaggio: se voleva avere il corpo del marito, doveva consegnare loro 100 lakhs [la moneta in corso a quel tempo: 1 lakh equivaleva a 100.000 vecchi afgani, ndr]. Erano tantissimi soldi, lei non li aveva. Fu difficile per lei raccogliere i soldi: alla fine ne mise insieme la metà e andò con la suocera a consegnarli in cambio del corpo. Furono ricevute dal comandante Agha Shereen Salangi, un comandante di Massoud che è morto l'anno scorso (2003), in Panjshir. Il comandante disse però che i soldi erano pochi e che dovevano tornare con il resto. Loro protestarono. La donna era gravida. Con sua suocera, furono caricate su una macchina e portate in una fattoria, dentro una stalla. Chiusero la porta della stalla e le picchiarono. Quando la bambina nacque, 25 giorni dopo, aveva un lato del corpo tutto nero. Nacque disturbata di mente, molto debole di costituzione, e ancora oggi è così. Tutto questo accadde 19 anni fa, nel 1985. Massoud era al potere in Panjshir, mentre a Kabul c'era il regime filosovietico Khalq-Parcham.
Nel villaggio, con molta difficoltà, le due donne riuscirono infine a raccogliere i soldi tra i conoscenti. La donna era di famiglia poverissima, che per parte sua non poteva aiutarla. Ma la gente del villaggio è povera ma molto unita, e molti volevano bene all'ucciso. Così la donna riuscì a pagare e a riavere il corpo del marito, che fu seppellito secondo i riti sacri. L'auto non fu restituita.
Sua suocera morì di pena dopo un mese: diceva di avere sempre l'immagine di suo figlio davanti agli occhi. Lei ora era una vedova. Aveva tre figli maschi - il maggiore di sei anni - e due femmine, compresa l'ultima nata con problemi mentali. Per vivere portava i bambini a scuola e a lavorare in un'officina. Di tutto questo era responsabile Massoud. Quando nel 2001 seppe che Massoud era stato ucciso, la donna dice di essere caduta in preda a una grande agitazione, un'ansia profonda: voleva un pezzetto del suo corpo, per poterlo stracciare, come lui aveva fatto a pezzi la sua vita.

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Il figlio apprendista meccanico
"Ho perso tutto durante le guerre, per colpa di Massoud", continua la vedova. "Mia madre, mio padre, due fratelli, la casa; ho una figlia mentalmente disturbata e malata." Vorrebbe raccontare tutto, ma ci vorrebbe troppo tempo. Ora ci riferisce la storia del figlio.
Nel 1990 aveva 11 anni. In famiglia si faceva fatica a vivere, dopo la morte del padre, per cui la donna aveva mandato il figlio a lavorare in un'officina meccanica. Insieme ad un altro bambino coetaneo riparavano auto e moto.
Un giorno un comandante di Massoud chiese al meccanico di riparare la sua auto, che era rimasta bloccata a Math- e -Panjshir. L'officina si trovava a Charekar, capitale del Parwan. Il meccanico ordinò ai due ragazzini di andare con il comandante a riparare l'auto. I ragazzini seguirono il militare e fecero il loro lavoro, ma quando fu il momento di essere pagati, furono presi e chiusi in una prigione del Panjshir dagli uomini di Massoud con l'accusa di essere informatori del Puppet Regime (il regime filosovietico di Kabul). Rimasero molto tempo in prigione. Il nome del comandante era Qassim Abdul Rahim [attualmente comandante in carica a Kabul, vedi testimonianza numero 1, ndr]. I ragazzini in carcere furono picchiati; stavano molto male. Quando la madre andò a chiedere "Dov'è mio figlio?", le risposero di portare molti soldi. Era difficile per lei trovarli, ma per fortuna la famiglia dell'altro ragazzo era meno povera e i suoi genitori pagarono per entrambi. L'accusa contro di loro - che fossero spie - era falsa: era la scusa che i soldati avevano usato per non pagare il lavoro dei ragazzi, per estorcere denaro e anche per coprire il furto dell'auto, perché l'auto che era in panne non era loro ma l'avevano rubata. "Dal mio punto di vista Massoud è solo un ladro e un criminale. Che cosa pensate voi?" dice la donna.

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L'assassinio dei genitori della vedova
Nelle provincie del Nord come Parwan e Panjshir molti hanno grandi orti con alberi da frutta e altre coltivazioni. La maggioranza della popolazione è contadina, l'agricoltura è la principale attività. Al tempo dei fatti narrati dalla testimone, i comandanti di Massoud erano soliti prendere frutta senza permesso dalle terre dei contadini.
Dopo essere rimasta vedova, la donna era andata ad abitare con i suoi genitori, sempre a Gul Bahar. Avevano una casa con un grande frutteto. Un giorno - dieci anni fa, nel 1994 - la madre della vedova vide gli uomini di Massoud che rubavano la loro frutta e urlò: "Cosa fate?" Quelli la sbatterono contro il muro. Il giorno dopo, la madre stava raccogliendo le patate, seduta a terra, e intanto allattava la sua figlia più piccola. Gli uomini di Massoud le spararono alla schiena, dal muro alle sue spalle. La donna morì con la bambina ancora attaccata al seno.
Poi, un anno dopo (1995), toccò al padre della vedova, a Charekar, dove si erano trasferiti dopo aver lasciato Gul Bahar (là non potevano più vivere). Il padre stava riparando il tetto quando gli spararono.

Con la morte del padre la vedova perse tutto. Ora vive a Kabul, dove si sente una rifugiata. Non è nel suo villaggio, tra la sua gente. Ma se tornasse sarebbe peggio: non ha più nessuno. "Io ricordo tutto. Ho ricordi tristi e ho paura che possano portarmi via la figlia, che mi uccidano i figli. Là non è sicuro, perché ci sono sempre gli stessi comandanti al potere".
La gente del posto sa che quegli uomini sono criminali, potrebbe parlare e questo sarebbe molto meglio; ma per la maggior parte è gente sprovveduta, non è consapevole e ha paura.
"Perché i vostri governi, perché l'ONU, sostengono questi criminali? Perché li lasciate al potere se sapete tutto di loro? Gli uomini di Massoud prendono gli aiuti e costruiscono solo per sé. Chiedete a Sayyaf, a Fahim, da dove arrivano le loro ricchezze. Le hanno forse ereditate? Come fanno a costruirsi i loro palazzi, in Afghanistan e anche in altri paesi? Da dove viene quel denaro? È un'eredità o viene dal sangue della gente? Le terre del Panjshir che sono state distribuite, sono finite nelle mani dei comandanti che le hanno prese per sé; come pure i soldi, che li fanno vivere ora nel lusso. Niente è andato alla gente comune."

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La donna afferma di avere visto con i propri occhi altri episodi e vicende sanguinose, ancora più gravi delle sue. Racconta.

I suoi vicini di casa erano una coppia senza figli. Adottarono dei bambini e li fecero crescere con loro, come figli propri. Uno di questi, diventato ormai un ragazzo in età di combattere, fu preso a un checkpoint dai mujahidin, che gli diedero un fucile e lo arruolarono a forza. In seguito, anche gli altri figli maschi adottati dalla coppia furono costretti a entrare nelle file degli uomini di Massoud.
Il primo figlio era fidanzato con una bella ragazza del suo villaggio. Nella notte delle nozze, dopo la cerimonia, il ragazzo andò a prendere la sua auto per portare la sposa nella nuova casa. Appena aprì la portiera, l'auto esplose. La bomba era stata messa da Agha Shereen Salangi, che fece questo perché voleva per sé la ragazza. Quando la sposa sentì cosa era accaduto, salì sul tetto e vide il marito con il corpo completamente staccato dalla testa.
Il comandante prese la ragazza come sua quarta moglie. Nel 1995, quando i talebani stavano avanzando nel territorio afghano, tutti scappavano dal Panjshir in altre provincie. Anche la ragazza che aveva dovuto sposare il comandante, e aveva avuto due figli da lui, fuggì in autò: morì in un incidente insieme ai bambini, sulla via per Mazar-e Sharif.
Dopo l'assassinio del figlio, la madre adottiva andò da Massoud a chiedere perché era stata voluta la sua morte. Lui le rispose che tutte le ragazze belle dovevano essere spose per i suoi comandanti, non per altri. Lei andò via insultandolo.
Era riuscita a parlargli personalmente perché la moglie di Massoud era del suo stesso paese, Jabal-ul-Saraj, nel Parwan, e si conoscevano.
Massoud era solito transitare per le strade del Panjshir, lo si vedeva passare nelle sue auto. La donna aveva progettato con altri di fermare la sua auto per parlargli e protestare per l'uccisione del figlio, ma era troppo difficile e avevano rinunciato a questo piano. La gente del villaggio andava spesso da Massoud, che riceveva quasi tutti, ma poi non esaudiva le richieste fatte né rispondeva alle lamentele. Così riuscì a farsi ricevere anche la madre del ragazzo, anziana e visibilmente provata: Massoud la ascoltò, ma non la considerò e non fece nulla. Il luogo dove Massoud l'aveva ricevuta era Bahrak-e Panjshir, non lontano da Gul Bahar, il villaggio della donna.
"Certa gente pensa che Massoud fosse un grande e nobile uomo, con una grande personalità. Ma se voi chiedete a me, vi dico, da parte anche di tutto il mio paese, che era solo un criminale. Stava seduto a casa sua e dava ordini, e i suoi uomini uccidevano intere famiglie, stupravano le ragazze, distruggevano le case. Massoud non aveva pietà, era molto cattivo. Prima che fosse ucciso, pregavo Dio che morisse, che sua moglie diventasse presto vedova, come me. Il suo governo era peggio del Puppet Regime [il regime filosovietico di Kabul, ndr]. Non posso parlare bene del Puppet Regime: anche quelli al governo a Kabul erano criminali. Ma Massoud era peggio. Se voleva qualcosa per fare un fuoco, bastava che dicesse 'prendete quell'albero da quel giardino' e i suoi uomini andavano ed eseguivano."
A Gul Bahar erano tutti tagiki, solo tagiki, come gli uomini di Massoud. Ancora oggi nessuno osa fare accuse formali per quei crimini: la gente ha paura che i comandanti regiscano tagliando la gola a chi osa parlare.

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Quei comandanti, gli stessi, sono ancora al potere in quell'area. Tra loro ce n'è uno molto famoso: si chiama Maolana-e Saeed Khel. Non c'è un solo giorno che lui non rapisca una donna per sé.
Una donna del villaggio in cui quest'uomo è al potere, Saeed Khel, ha partecipato alla Loya Jirga nell'inverno 2003-2004. Era l'unica donna eletta da quel villaggio. Si chiama Saphora. Dopo il discorso di Malalai Joya alla Loya Jirga, il 17 dicembre 2003 [in cui lei ha accusato i presidenti delle commissioni costituzionali di essere criminali, assassini e di avere distrutto Kabul, ndr], Saphora tornò al suo villaggio, raccolse alcuni testimoni e acquistò più fiducia. Tornò poi a Kabul, si unì ai numerosi supporters di Malalai e andò alla radio. Dai microfoni della radio affermò che Malalai Joya aveva detto la verità, e che lei poteva provarlo. E accusò Maolana, chiamandolo esattamente per nome; disse di venire dal suo stesso villaggio, e che lei aveva visto con i propri occhi crimini di cui quell'uomo era responsabile. Dopo questo discorso, Saphora è scomparsa e da allora non si sa più nulla di lei. Contro di lei sono state pronunciate condanne; la sua vita è in pericolo. La gente del suo villaggio la sta cercando.
[N.d.r.: nessuno sa come e se aveva organizzato il suo intervento. Rawa sta tentando di trovarla per offrirle protezione.
Dopo l'intervento alla Loya Jirga di Malalai Joya, si formarono in diverse città, e anche a Kabul, comitati spontanei a difesa di Malalai. Gruppi di cittadini si presentavano nelle sedi delle radio (The voice of freedom, The voice of America, BBC) e chiedevano di testimoniare in diretta per dimostrare che Malalay aveva detto la verità. È stato un periodo scioccante per i criminali. La gente comune non parlava d'altro, nelle strade, nei ristoranti, al mercato. Una anziana donna andò alla radio e disse di avere perso sei dei suoi figli: fino ad allora nessuno sapeva del terribile destino dei suoi figli, ma ora lei aveva avuto finalmente la sua vendetta grazie alle parole di Malalai. Concludeva dichiarandosi sua supporter.
Anche la donna che ha portato questa testimonianza dice che, pur non avendo una conoscenza diretta di Malalai Joya, si riconosce nelle sue parole e la sostiene.]