TESTIMONIANZA N.4
LA
VECCHIA SIGNORA HAZARA
settembre 2004, dalla
delegazione del coordinamento italiano a sostegno di RAWA
Questa testimone non abbiamo potuto incontrarla di persona. Voleva venire a parlare con noi e a raccontare la sua vicenda, ma si è sentita male. Le sue amiche, con cui si era confidata il giorno prima, hanno detto che aveva pianto troppo e che questo l'aveva molto debilitata. Piangeva e si batteva, disperata, ingiuriando Massoud.
Ora chiedeva loro di farsi sua portavoce. Ecco la storia.Suo figlio le aveva scritto da una prigione del Panshir, chiamata Cha-i-aho ("cha" significa "pozzo", "aho" significa "orso"), chiedendole di liberarlo. È una prigione che tutti conoscono in quella regione: è una caverna nella montagna. Negli anni, Massoud ha chiuso là dentro tanti uomini. La gente era terrorizzata: in quella prigione si torturava, si uccideva. I prigionieri erano costretti a lavori forzati pesantissimi: costruivano fortificazioni contro i nemici, se non lavoravano venivano uccisi. La prigione esiste ancora oggi.
Era il 1994. Suo figlio aveva un negozio nel bazar, a Kote Sangi, a Kabul. C'era guerra tra due fazioni: Hezb-e-Wahdat, hazara, e Shora - e- Nazar, tagika. Accadeva che gruppi armati di entrambe le fazioni andassero al bazar e arrestassero giovani poveri dell'etnia nemica. Li arrestavano e li torturavano. Il figlio dell'anziana testimone era hazara.
Per due volte la madre andò alla prigione a chiedere del figlio. Le dicevano: "Non è qui. Vattene e non tornare più." Era il suo unico maschio; ha poi una figlia. Suo figlio aveva una moglie e una figlia piccolissima. Sua moglie ora ha sposato un altro uomo e l'anziana donna è andata a vivere con lei. La nipote, figlia dello scomparso, ora ha 15 anni ed è già sposata. Hanno dovuto farla sposare perché avevano bisogno di soldi.