SCUOLA, DONNE, RELAZIONI
PEDAGOGICHE IN AFGHANISTAN
TENTATIVI
DI RIFORMA ED ESPERIENZE PILOTA, PUBBLICHE E PRIVATE
settembre 2004, di
G.G. e A.F.
Come in tutti i settori della società e dell'amministrazione, anche nella scuola l'Afghanistan procede in modo sofferto e confuso. La scuola si riaffaccia tra le macerie di una guerra non ancora finita, promessa di normalità quotidiana, di progetti di vita e di ricostruzione, mete ancora lontane e incerte.
Il Ministero dell'Educazione ha fornito ad agosto, durante una riunione informale con operatori di ONG attivi nel settore e altri soggetti più o meno istituzionali, questi dati indicativi rispetto alla presenza delle donne nella scuola: in Afghanistan (esclusa l'università) attualmente insegnano circa 18000 insegnanti donne, di cui 8700 a Kabul. Le studentesse risultano essere 350.000 a Kabul.
Anche le nostre osservazioni dirette si limitano a Kabul, essendo il territorio esterno alla capitale fuori dal controllo dell'Isaf (la forza militare delle Nazioni Unite) e del governo centrale, e poco praticabile in questo momento per osservatrici occidentali.
A Kabul sono tornate in funzione le vecchie scuole pubbliche, con i loro edifici di una volta, per quanto danneggiati dagli scontri armati. La popolazione della città è però notevolmente aumentata negli ultimi 15 anni, per cui le aule non bastano più. Nella stessa classe si addossano gli uni agli altri sul nudo pavimento circa 70 allievi per classe, con un'unica insegnante per il primo ciclo. In passato, ad esempio durante la dominazione sovietica, nella stessa aula gli allievi potevano essere dai trenta ai quaranta: una quantità notevole, ma comunque la metà rispetto ad oggi.
Dall'ottavo anno al dodicesimo l'insegnamento è simile in tutti i corsi, ma è possibile scegliere la scuola militare, di tre anni, oppure optare per una bassa qualifica - ad esempio diventare assistente sanitaria o levatrice, o infine completare i dodici anni di studi e affrontare l'esame di ammissione all'università. In base al punteggio ottenuto all'esame, gli studenti sono indirizzati all'una o all'altra facoltà.
Nelle scuole fino al dodicesimo grado, ogni giorno si alternano tre turni di studenti, a partire dalle sei del mattino.
Le ingenti somme affluite nel paese per la ricostruzione sono finite nelle mani sbagliate: cantieri sorgono a ogni angolo per edificare abitazioni private che saranno vendute a chissà che prezzo, mai una scuola ne' un qualsiasi altro edificio pubblico in tutta Kabul.
I bambini sono inseriti in prima a sette anni, ma a volte anche a sei o cinque anni. Maschi e femmine sono separati in classi diverse, anzi in piani diversi dello stesso edificio.
Per diventare insegnanti basta avere completato il dodicesimo grado di istruzione, cioè la scuola superiore. Il titolo di studio presentato potrebbe però facilmente essere falsificato, e qualcuno ha ragione di credere che spesso i candidati non abbiano affatto raggiunto il grado di istruzione richiesto. Del resto lo stipendio è bassissimo e chi aspira a quel posto spesso è una persona inesperta e non qualificata, che non trova altri sbocchi professionali. Ad esempio, chi conosce discretamente una lingua straniera, preferisce offrirsi come interprete o per qualsiasi altro ruolo presso una qualche ONG - attualmente pullulano a Kabul - e assicurarsi uno stipendio migliore e condizioni di lavoro meno stressanti.
Gli insegnanti sono posti di fronte a compiti impossibili. Molti bambini non imparano niente, chi arriva più tardi e finisce in fondo all'aula non riesce neanche a vedere la lavagna. I libri sono quasi introvabili: il Ministero dell'Educazione è l'unico autorizzato a pubblicare i libri per le scuole e malgrado i milioni e milioni di dollari di aiuti arrivati da tutto il mondo per l'istruzione, dice di non avere fondi per stamparli. Paradossalmente, era più facile trovare libri di testo durante l'epoca dei talebani, quando si riusciva a comprarli al mercato nero in Pakistan.
Lo scorso anno scolastico sono stati imposti nuovi programmi che prevedevano un esame ogni mese in tutte le materie. Nel primo ciclo le materie di insegnamento sono nove, con un'unica insegnante. Quest'ultima doveva svolgere i programmi previsti per quel mese e sottoporre i bambini alla verifica scritta in ogni materia. Una media di nove prove per settanta bambini: 630 verifiche da correggere ogni mese!
I risultati del nuovo corso sono stati talmente deludenti che dal prossimo anno scolastico si tornerà alle prove di verifica trimestrali, nella speranza che gli insegnanti riescano ad avere un maggiore respiro per fare in modo che più bambini raggiungano gli obiettivi minimi.
Sembra che il Ministero stia progettando di innalzare il livello degli insegnanti esigendo una formazione universitaria, a cui potranno accedere gli studenti che all'esame di ammissione avranno ottenuto i punteggi più alti. Sono state avanzate proposte innovative, quali l'introduzione della figura dello psicologo nelle scuole, e l'inserimento come materia obbligatoria di studio di "Violenza e pace", visti i risultati positivi di una sperimentazione pilota realizzata da due scuole di Kabul nell'anno in corso.
Si tratta per ora solo di proposte, che non toccano i nodi cruciali.
Il Ministro dell'Educazione del resto è impegnato in ben altre faccende, come candidato alle prossime elezioni presidenziali, e risponde invariabilmente a chi solleva problemi o richieste rispetto alla scuola: "Cosa volete, dopo 25 anni di guerra!"
La nuova scuola, e in particolare per le donne che così a lungo sono state private completamente del diritto allo studio, con queste premesse non può vedere certo la luce grazie all'iniziativa istituzionale.
Diverse ONG, afghane e straniere, hanno cercato di coordinarsi per organizzare iniziative di alfabetizzazione rivolte alle ragazze che non hanno potuto frequentare alcuna scuola durante la guerra e il governo dei talebani.
Hanno adottato un piano di studio elaborato da un gruppo di esperti afghani, per un'alfabetizzazione intensiva: l'Accelerating Learning Project. Il percorso dura 18 mesi, diviso in tre periodi di sei mesi. Al termine di ogni periodo c'è un esame, e alla fine del corso le ragazze possono iscriversi direttamente alla classe quarta nelle scuole pubbliche.
Questi corsi intensivi vengono realizzati privatamente dalle diverse ONG coinvolte, grazie ai finanziamenti esteri. La gestione dei corsi è però fortemente differenziata: non tutte le ONG sono in grado di garantire un buon livello nella realizzazione del percorso. Non tutte rispettano i vincoli essenziali, quali la durata del corso, i criteri di selezione e di retribuzione per i docenti.
Alcune ONG svolgono invece un servizio eccellente. Tra queste, abbiamo visitato una scuola di Hawca, con insegnanti eccezionalmente motivate e combattive. Lavorano con classi di 12 - 15 bambine, o massimo di 25 donne se adulte. Anche qualche maschietto viene accolto nel gruppo. Hanno sede nei quartieri più poveri, e ottengono risultati sbalorditivi: persone che leggono e scrivono con scioltezza in pochi mesi e un grande orgoglio nel dimostrare ciò di cui sono capaci. Tra le materie di studio, compaiono la nuova costituzione e i diritti delle donne.
Anche Rawa, l'associazione più radicata tra le donne e ancora clandestina, continua a svolgere i propri corsi di alfabetizzazione e molti altri, con la copertura di altre sigle e spesso per lungo tempo all'insaputa delle stesse utenti, che non sanno di frequentare un corso di Rawa. In questi spazi si respira un clima di intenso lavoro, dedizione e impegno, un'attenzione alle relazioni personali, all'ascolto e alla solidarietà reciproca. Le donne parlano liberamente, si sentono al sicuro e sanno di poter contare sulla comprensione profonda di chi le circonda. E' un lavoro lento, lunghissimo, paziente, ma permette di coltivare autentici talenti: chi si forma in queste scuole imbocca una strada da cui non si torna indietro.