ELEZIONI, NUOVO GOVERNO, CLANDESTINITA' DELLE DONNE
INTERVISTA A SOHAILA, GIOVANE DELEGATA DI RAWA IN ITALIA


novembre 2004, di Enrica Tagliati

 

Sohaila (pseudonimo) è nata a Kabul. Durante la guerra contro i sovietici, il padre è stato gravemente ferito a causa dello scoppio di un razzo. Per questo motivo l'intera famiglia ha deciso di trasferirsi in Pakistan. Qui, all'interno di un campo profughi, la madre di Sohaila ha conosciuto i programmi di RAWA per risollevare la condizione delle donne afgane e ha presto introdotto la figlia nelle attività dell'Associazione. Da allora l'impegno di Sohaila è stato costante all'interno di RAWA, da lei definita "l'unica speranza per le donne afgane". Si occupa tuttora dei progetti per l'educazione scolastica dell'Associazione.

Come hai conosciuto RAWA e quando hai cominciato a lavorare al suo interno?
Avevo più o meno sei o sette anni, ci trasferimmo in Pakistan con la mia famiglia anche se siamo originari dell'Afghanistan. In quel periodo RAWA gestiva alcuni campi profughi a Quetta, così mia madre conobbe diversi membri dell'Associazione e si unì a loro. Gradualmente introdusse anche me nelle attività di RAWA. Ho frequentato i corsi di RAWA fino a conseguire il diploma di scuola superiore. Da allora non ho mai smesso di lavorare per l'Associazione e per la causa delle donne del mio paese.

Che ruolo hai all'interno dell'Associazione?
Sono membro effettivo di RAWA e faccio parte del comitato che si occupa degli affari esteri. Curo inoltre il materiale didattico (libri, riviste e altre pubblicazioni) che RAWA distribuisce alle proprie scuole e ai corsi di alfabetizzazione.

RAWA dopo l'11 settembre: che cosa è cambiato nelle vostre attività dopo gli attentati agli Stati Uniti e la guerra in Afghanistan?
Indubbiamente dopo l'undici settembre il nostro lavoro è diventato sempre più difficile perché le esigenze della popolazione afgana sono aumentate a dismisura. I nostri corsi si tenevano sotto le bombe degli aerei statunitensi. Questo ha causato la fuga in massa di migliaia di civili che si sono riversati sul confine con il Pakistan. Le necessità dei rifugiati erano così elevate che i campi profughi di RAWA sono stati letteralmente presi d'assalto. La maggior parte era fuggita da casa con i soli vestiti che aveva addosso. Sulle prime abbiamo fornito soccorsi di ogni tipo (medicinali, coperte e tende di fortuna); poi abbiamo cominciato ad organizzare gli sfollati in veri e propri alloggi. Con il passare del tempo abbiamo creato alcuni posti di lavoro per le donne rifugiate continuando a mantenere attivi i corsi di alfabetizzazione perché riteniamo indispensabile che la nostra gente venga educata per comprendere la dura realtà con cui dobbiamo convivere.

Di quante strutture (scuole, ospedali, orfanotrofi, ecc.) dispone RAWA in Pakistan e Afghanistan?
In Pakistan sono rimaste in piedi soltanto due scuole (una ad Islamabad, l'altra a Quetta) ma ne esistevano molte di più. I costi per mantenere le nostre strutture sono ancora troppo consistenti e abbiamo dovuto chiudere diverse attività proprio per mancanza di fondi. In Pakistan abbiamo anche cinque orfanotrofi e due ospedali, uno a Quetta e uno ad Islamabad.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, siamo riuscite a costruire sette orfanotrofi e abbiamo organizzato centinaia di corsi di alfabetizzazione dislocati nelle varie province del paese, ma non posso specificare esattamente dove si trovano perché la nostra Associazione qui è ancora clandestina. Nelle province sotto il controllo militare dei fondamentalisti, le attività di RAWA sono in serio pericolo così come tutte le donne che ne fanno parte.

Lo scorso 9 ottobre la popolazione afgana è stata chiamata alle urne per le prime "elezioni democratiche" del paese. Che ruolo ha avuto RAWA durante la campagna elettorale?
RAWA non insegna solo a leggere e a scrivere all'interno delle proprie scuole. Spesso le nostre lezioni servono a spingere le donne ad avere più consapevolezza della realtà in cui viviamo. Anche durante la campagna elettorale abbiamo insistito molto sulla necessità di scegliere in maniera corretta un candidato piuttosto che un altro. C'erano diciotto persone in lizza, purtroppo molte delle quali note per aver avuto un ruolo nei governi fondamentalisti degli anni passati. Tra tutti i candidati abbiamo optato per Hamid Karzai, anche se fino a poco tempo fa erano indubbi i suoi legami con il fondamentalismo islamico.

Tra i candidati alle presidenziali spiccava il nome di Massuda Jalal. Perché RAWA non ha creduto opportuno votare l'unica donna candidata al governo?
Nonostante sia stato fatto di tutto per tenerlo nascosto, per noi afgani non è un segreto che il partito a cui appartiene Massuda Jalal è costituito da fondamentalisti. Massuda ha ricevuto complessivamente l'1,5 per cento dei voti. Il fatto di essersi presentata come candidata non è altro che una strategia di George Bush per far credere al mondo occidentale che il futuro governo, in Afghanistan, sarà realmente basato sulla democrazia. Un motivo in più per rendere legittime le guerre condotte dalla leadership americana in questi ultimi anni sempre in nome della democrazia e contro il terrorismo. Agli occhi dell'opinione pubblica internazionale, una donna afgana alla guida del paese rappresenta il simbolo della conquistata democrazia dopo anni di oppressione vissuti sotto il regime talebano. Poco importa che Massuda Jalal appartenga ad un partito fondamentalista.

Come pensi che cambierà la situazione delle donne e l'azione di RAWA dopo la vittoria di Karzai? Se quest'ultimo manterrà le sue promesse, credi che RAWA potrà collaborare con il nuovo governo afgano?
Se Karzai dimostrerà di tenere aperti i contatti con i gruppi fondamentalisti del nostro paese, la situazione delle donne e tanto meno le attività di RAWA non cambieranno di nulla; la nostra Associazione sarà anzi costretta a continuare a lavorare in condizioni di clandestinità. Se invece Karzai accetterà di disarmare i "signori della guerra" e di combattere contro il commercio dell'oppio (due piaghe enormi all'interno dell'Afghanistan), allora RAWA potrà lavorare con più libertà per la ricostruzione del paese, per il bene delle donne e del popolo afgano. Se Hamid Karzai riuscirà ad agire indipendentemente dalle ingerenze del governo americano negli affari del nostro paese e dai "signori della guerra" che minacciano la stabilità politica dell'Afghanistan, allora le donne potranno riacquistare un minimo di libertà.

Come vivono attualmente le donne in Afghanistan? Ci sono differenze tra una zona e l'altra del vostro paese?
Certo, ci sono differenze enormi. A Kabul le donne hanno riacquisito un certo grado di libertà. Un buon numero di ragazze ha ripreso a frequentare scuole e università; molte si fanno coraggio ed escono di casa a volto scoperto. Ciò che permette questa relativa sicurezza nelle strade è la presenza delle truppe della coalizione internazionale che tengono sotto controllo unicamente la provincia di Kabul.
Alla periferia della capitale, la situazione è totalmente diversa. Le donne vengono ancora picchiate in pubblico se non indossano il burqa e sono molto frequenti i casi di stupro o di rapimento. E' impressionante il numero di giovani donne che trovano nel suicidio l'unica via di fuga contro l'oppressione fondamentalista.

Quale aiuto concreto può pervenire da parte dei paesi stranieri a RAWA? Sarebbe più facile sostenere le vostre attività se l'Associazione fosse riconosciuta legalmente?
L'opinione pubblica internazionale ha molte più possibilità di noi di far sentire la voce del popolo afgano. Può organizzare manifestazioni pubbliche o fare appelli all'ONU e ai propri governi affinché non supportino più con armi e denaro i gruppi fondamentalisti che stanno distruggendo il nostro paese.
Il governo afgano non accetta le posizioni di RAWA, né tanto meno gli ideali di pace, laicità e democrazia per cui ci siamo sempre battute. Certo, sarebbe tutto più semplice se RAWA potesse svolgere le proprie attività alla luce del sole; senz'altro questo ci permetterebbe di dare il nostro sostegno a tutte le famiglie che ne hanno bisogno.