CANDIDATE MA CLANDESTINE
L'ASSOCIAZIONE RIVOLUZIONARIA DELLE DONNE AFGHANE DI FRONTE AL PROCESSO ELETTORALE ED ALLE RAPIDE TRASFORMAZIONI DEL PAESE: INTERVISTA A MARIAM DI RAWA


maggio 2005, di G.G.

 

La delegata di Rawa continua infaticabile le sue missioni in Europa. E' un momento di svolta per il suo paese: le elezioni di ottobre hanno insediato un secondo governo Karzai, questa volta legittimato da un voto popolare, e a settembre avranno luogo le prime elezioni parlamentari. Le chiediamo quale è in questo momento il coinvolgimento di Rawa sul piano elettorale.

Mariam: la situazione è molto fluida, in continua evoluzione. Anche questa volta il processo elettorale si svolge in un clima di violenza, minacce, intimidazioni. Circa 5 settimane fa, ad esempio, è stato ucciso nei pressi di Kandahar un candidato di uno dei pochissimi partiti che possiamo considerare democratici, Hezb-e-Hambastagi. Quello che succede nei villaggi sfugge al controllo del potere centrale e nessuno viene a saperlo, non ci sono i grandi media presenti e quelli locali non possono certo scrivere queste notizie. Rawa è radicata nelle maggiori provincie e abbiamo deciso di presentare le nostre candidate, come indipendenti nelle liste di alcuni partiti; ma la loro appartenenza a Rawa deve purtroppo restare un segreto, per ragioni di sicurezza.

Quali sono i principali punti del programma elettorale di Rawa?

Il primo punto è il rifiuto dei fondamentalisti, per garantire i diritti umani per tutti e per le le donne in particolare. Il 95% della gente è contro i fondamentalisti ma ha bisogno di leaders politici che apertamente si oppongano a questi per non soggiacere alle minacce. Opporsi ai fondamentalisti vuol dire ad esempio concretamente esigere il loro disarmo, opporsi alla violenza e alla guerra. La gente chiede giustizia, non tollera più i criminali al governo. Con parole molto semplici noi spieghiamo cosa è la laicità, che essere laico non vuol dire essere contro la religione. Il nostro programma è però anche centrato sui cambiamenti sociali ed economici che vogliamo; ed il nostro radicamento sociale parte proprio dagli interventi in ambito sanitario, educativo, produttivo che ci impegnano ogni giorno con le donne più povere.

Che rapporti avete con altri gruppi e partiti democratici?

I partiti sono ancora in via di registrazione, sono già parecchie decine, vengono identificati dalla gente in base al leader che li guida e che quasi sempre è un fondamentalista noto per i suoi trascorsi degli ultimi 25 anni. I gruppi che si richiamano alla monarchia di solito non sono fondamentalisti. Ci sono poi formazioni che raccolgono esuli tornati dall'Europa e da altri continenti, sopravvissuti al massacro dei quadri politici ed intellettuali, la loro identità spesso non è chiara. Noi siamo disponibili a sostenere candidati che apertamente dimostrino di essere antifondamentalisti e a favore dei diritti delle donne.

Come spieghi i recenti terribili episodi di violenza contro le donne: la lapidazione di Amina, l'assassinio di tre operatrici umanitarie che lavoravano con ONG straniere?

Gli assassinii sono in continuità con la mancanza di sicurezza che vale per tutte le donne. Le donne continuano ad essere su larga scala violentate, rapite, picchiate, recluse, e la minaccia continua impedisce loro di esercitare i propri diritti, di andare a scuola o a lavoro. Gli omicidi di questi giorni sono accaduti in provincie del Nord, che sono sempre rimaste sotto il controllo dell'Alleanza del Nord, cioè dei fondamentalisti Jehadi. I talebani non c'entrano niente con quei villaggi, ma i media internazionali tendono sempre ad attribuire ai talebani i peggiori atti terroristici contro le donne. In realtà i comandanti dell'Alleanza del Nord usano gli stessi sistemi dei talebani. Il governo di Karzai deve vergognarsi di quello che è accaduto: non riesce a garantire la minima sicurezza alle donne. Il sistema legale non è unitario, i capi locali decidono e non si sottomettono al potere centrale. Il caso di Amina sarebbe stato di competenza dell'Alta Corte di Giustizia, che pur applicando la sharia - purtroppo ammessa dalla nuova Costituzione - avrebbe potuto giudicare diversamente. Infatti l'Alta Corte ha paura dei media, della propaganda, dell'impatto internazionale.
D'altra parte, anche il governo centrale è dominato dai fondamentalisti. La carica più alta della Magistratura, dell'Alta Corte di Giustizia, è stata conferita al fondamentalista Shinwari che ha la stessa mentalità dei talebani.

In questo contesto è possibile proteggere le donne dalla violenza?

E' possibile aiutare una persona a fuggire, a nascondersi, a ricominciare una nuova vita in un'altra città o all'estero. Ma questa non è una protezione legale. In Pakistan i movimenti femministi lottano per ottenere una protezione legale dei diritti delle donne, anche in Afghanistan in futuro sarà possibile.

Cosa pensa Rawa del progetto del governo Karzai di chiudere gran parte delle ONG?

E' un'idea ottima, noi l'appoggiamo, ma abbiamo delle preoccupazioni. Le ONG afghane sono migliaia, moltissime servono solo a intascare fondi e non svolgono alcuna attività a favore della gente. Sono un danno per l'economia del paese. Io stessa ho visto con i miei occhi: una famiglia apre un ufficio, impiega diversi parenti e amici, mette fuori una bella insegna come ONG, e con gli appoggi giusti riceve fondi, senza alcun progetto.
Il governo però ha già pronta una lista delle ONG che vuole chiudere, e non la rende nota. Noi temiamo che tra queste ci siano anche delle ONG afghane che fanno un buon lavoro onesto, ma che sono scomode per il governo.
Molte Ong straniere impiegano i loro fondi soprattutto per mantenere le proprie strutture, per le proprie spese di funzionamento, e poco resta per i progetti.

E se i fondi passano attraverso le istituzioni governative?

I fondi esteri che passano attraverso il governo centrale o i poteri locali sono ancora di più a rischio. Almeno la metà spariscono per la corruzione. Ad esempio, molti aiuti economici internazionali vengono inviati al governo per finanziare l'istruzione pubblica. Ma gli insegnanti ricevono salari da fame e non tutti i mesi le autorià pagano loro lo stipendio, tanto che la settimana scorsa gli insegnanti hanno scioperato per questo. Dove sono finiti i soldi?

Cosa chiedete alla solidarietà internazionale?

Noi vogliamo che il mondo sappia che in questa situazione catastrofica noi donne siamo vive nel senso pieno della parola. Che non ci limitiamo a sopravvivere ma lottiamo per realizzare le nostre speranze. Chiediamo che siate solidali con noi donne, per la democrazia e i diritti umani, contro ogni fondamentalismo. E che il vostro sostegno sia concreto.