NON VOGLIAMO TRUPPE DI OCCUPAZIONE MA UNA CORTE INTERNAZIONALE
INTERVISTA A SAHAR, DELEGATA DI RAWA IN ITALIA


Ottobre 2005. Di G.G.

 


In Italia siamo in campagna elettorale, e le forze politiche nelle loro dichiarazioni parlano di Afghanistan: restare nel paese o ritirare le truppe? Rawa cosa ne pensa, e secondo voi cosa ne pensa la maggioranza degli Afghani?

Me lo hanno chiesto spesso nei dibattiti qui in Italia. Gli Afghani vogliono che sia potenziata la presenza delle truppe ISAF, dei peacekeeper, di qualunque paese siano. Questo perché nessuno si fida delle truppe afghane, ne' dell'esercito ne' della polizia, che non sono in grado di controllare nulla, anzi sono in mano ai signori della guerra e collaborano con le loro milizie. La gente ne è vittima e vorrebbe esserne difesa.
Allo stesso tempo, la gente, e noi con loro, non apprezza affatto la presenza di truppe di occupazione sul territorio: sia le truppe USA, sia quelle degli altri paesi, sono temute. Ci sono arresti arbitrari, maltrattamenti ai prigionieri fuori da ogni controllo. Il nostro paese vuole l'indipendenza. Pochi mesi fa Karzai ha firmato un accordo con il governo USA sulle strategie e i rapporti tra l'Afghanistan e gli Stati Uniti, che permette loro di restare sul nostro territorio con le loro truppe senza un limite di tempo. Questo accordo non piace alla gente, infatti così perdiamo l'indipendenza, e per questo ci sono state molte proteste popolari.

Una domanda sulle elezioni appena svolte in Afghanistan: chi è stato eletto? Che prospettive si aprono?

A oltre un mese dalle votazioni, non ci sono risultati ufficiali. Molte urne sono ancora chissà dove e lo spoglio non finisce mai. E' ovvio che i brogli sono innumerevoli, non abbiamo nessuna garanzia. In compenso i risultati ufficiosi sono già terribili: la grande maggioranza degli eletti sono fondamentalisti, sono gli stessi signori della guerra e i loro uomini. In questa situazione era inevitabile. Sono loro che controllano il territorio, con le armi, con la corruzione e le minacce, col potere dell'amministrazione in mano. Anche le donne elette sono quasi tutte le candidate appoggiate dal governo Karzai e dai fondamentalisti, e devono rispondere a loro e non alle altre donne. Le persone elette sinceramente democratiche, donne o uomini, si contano sulle dita. Le prospettive all'interno del Parlamento non sono affatto buone, ma la politica si svolge anche all'esterno delle istituzioni.

Nel paese, ti sembra che le donne stiano avanzando?

E' un momento difficile per la maggioranza. Ci sono passi indietro rispetto alle possibilità di lavoro, ad esempio. A Kabul si trova ancora qualche impiego per chi sa usare i computer e conosce l'inglese, soprattutto rivolgendosi alle ONG. Ma il governo licenzia gli impiegati pubblici, e quello era un settore che avrebbe potuto assorbire molte lavoratrici. Le scuole avviate sono troppo poche in tutto il paese, e le insegnanti restano disoccupate. Fuori da Kabul, è normale che in una scuola con 250-300 alunni lavorino in tutto solo tre insegnanti, col risultato che i bambini non imparano nulla. Fuori da Kabul inoltre, andare a lavorare è troppo pericoloso per una donna. Le donne, di norma, sono contadine: il nostro è ancora un paese prevalentemente agricolo. Ma le donne non sono riconosciute come lavoratrici rurali, non firmano contratti, non risultano essere nulla.

Lavorano nella produzione della cocaina?

No. La produzione di papaveri è repressa duramente per i piccoli produttori, solo i grandi fanno quello che vogliono. Le donne lavorano in piccoli terreni, producono cibo per la propria famiglia, non abbastanza da poterlo commercializzare. Producono grano, riso, ortaggi…

Posseggono la terra?

I proprietari sono i maschi della famiglia, piccoli proprietari di un orticello che in realtà di solito è coltivato dalle donne. O più spesso la famiglia contadina riceve la terra in mezzadria e deve consegnare la metà del magro raccolto al proprietario del terreno. Le donne lavorano molto duramente: si alzano alle 4 del mattino, prima dell'alba, e devono accudire anche gli animali. Tuttavia sono contente di potere uscire all'aperto, per non restare segregate in casa.

Esistono dei sindacati per difendere le lavoratrici e i lavoratori?

Ci sono alcuni sindacati di insegnanti, di studenti, ma sono piccoli e isolati. Solo in alcune aree dove c'è un'antica tradizione di lotte dei lavoratori, per esempio a Mazar-i-Sharif, ci sono molti sindacati. Sono separati per categorie e ancora non riescono a coordinarsi. A Kabul, c'è un sindacato di insegnanti dove si impegnano diverse donne.

Tu sai che il governo italiano è stato incaricato, con gli accordi di Bonn, di sostenere la riforma del sistema giudiziario afghano. Cosa pensi che dovremmo esigere che il nostro governo faccia?

E' difficile per noi verificare un qualche miglioramento nel sistema giudiziario. Anzi, quello che vediamo è che non esiste giustizia per la gente, che nessuno provvede a fare giustizia. I criminali non sono affatto perseguiti. Tutti sanno cosa accade ma c'è totale impunità per chi è al potere. Ad esempio, il secondo vicepresidente di Karzai, Kalili, si dedica al traffico di droga, insieme ai suoi parenti; qualcuno era stato arrestato, ma è stato subito rilasciato e continuano indisturbati. Il capo della giustizia, Hadi Shinwari, è un fondamentalista molto pericoloso, eppure ricopre quella carica. Per la gente comune, invece, ci sono arresti arbitrari e niente diritti. La corruzione è ovunque, è l'unica regola. I finanziamenti che arrivano dall'estero e passano attraverso il governo, fanno una brutta fine. Per riformare il sistema giudiziario bisognerebbe innanzitutto esigere che i poteri dello Stato, giudiziario, legislativo, esecutivo, fossero ben distinti; al contrario, essi sono nelle mani degli stessi soggetti.

Tu studi legge, come pensi di usare le tue competenze al servizio delle donne?

Non credo che lavorerò come avvocato, ma continuerò a dedicarmi a tempo pieno all'attività politica. Infatti con le leggi che abbiamo in Afghanistan, c'è ben poco da fare per la protezione legale delle donne. Le leggi devono essere completamente riscritte, e per arrivare a questo obiettivo è necessario un lungo lavoro politico per affermare i diritti delle donne che la legge oggi non riconosce affatto. La Costituzione afferma in un suo articolo che le donne e gli uomini hanno uguali diritti, ma subordina tutto alla sacra legge dell'Islam e permette che si giudichi in base alla sharia. I fondamentalisti premono in questa direzione. Ci sono cioè alcuni elementi della Costituzione che potremmo usare a nostro favore, ma i capi, i giudici, dicono che la loro costituzione è il Corano. Che fare? Cerchiamo delle soluzioni anche guardando alle femministe di altri paesi con situazioni analoghe alla nostra, come il Pakistan. Ad esempio, per noi è un esempio Asma Jahangir, una famosa esperta di diritto, presidente della Commissione per i Diritti Umani del Pakistan.

Qual è secondo te la priorità rispetto alla giustizia e cosa può fare la comunità internazionale?

Ci sono almeno un migliaio di criminali, colpevoli di gravissimi delitti contro l'umanità, che ancora spadroneggiano per l'Afghanistan. Mille assassini fuori dai piedi, con una bella condanna, e l'Afghanistan già starebbe molto meglio! Vogliamo che una corte penale internazionale li processi, dal momento che il nostro sistema giudiziario non è in grado di farlo.