CAMPAGNA ELETTORALE ALL'INSEGNA DELLA
PAURA
LA PARTECIPAZIONE
DELLE DONNE ALLE ELEZIONI AFGHANE DEL SETTEMBRE 2005. L'INDAGINE DI HUMAN RIGHTS
WATCH DOCUMENTA RISCHI E POSSIBILI CORRETTIVI DI UNA COMPETIZIONE SLEALE E TRAGICAMENTE
AFFRETTATA
Settembre 2005. A cura di G.G.
Il documento di HRW è stato pubblicato a metà agosto, proprio mentre in Afghanistan iniziava formalmente il periodo di campagna elettorale per l'elezione della Camera Bassa del Parlamento (la Wolesi Jirga) e dei Consigli Provinciali.
Le liste elettorali sono ormai definitivamente approvate: 51 candidature femminili tra le poche presentate, sono state ritirate, senza motivazioni ufficiali. E molti nomi di comandanti delle milizie armate che erano stati cancellati perché non soddisfacevano le esigenze richieste dalle legge elettorale, sono ritornati misteriosamente nelle liste dei candidati.
Sulla carta, alle donne sono riservati minimo il 25% dei seggi in entrambe le consultazioni, ma le candidature femminili non coprono più del 12% delle liste per il Parlamento e dell'8% per i Consigli Provinciali. In questi ultimi infatti i problemi di sicurezza sono ancora più schiaccianti, specie nelle provincie lontane da Kabul, sia nelle zone del sud e del sudest dove le forze vicine ai talebani cercano di boicottare il processo elettorale provocando scontri armati, sia a nord e in tutte le aree in mano ai signori della guerra che hanno aiutato gli Usa a rovesciare il regime dei talebani e che hanno ottenuto in cambio il controllo del territorio.
Questi ultimi, benchè molti loro esponenti nei diversi livelli della gerarchia siano indicati quali responsabili di crimini contro l'umanità e in particolare di violazioni gravissime dei diritti umani delle donne, detengono infatti le principali cariche politiche e amministrative e si servono della loro influenza, oltre che delle milizie mai smantellate, delle reti di delinquenza locale e dei proventi della coltivazione e commercio dell'oppio, per imporre la propria candidatura e assicurarsi il voto della popolazione locale.
La mancanza di sicurezza rischia di compromettere l'intero processo elettorale, malgrado l'ostinata opposizione della base. E' difficile anche coltivare illusioni, per chi deve calcolare ogni giorno fino a che punto possa spingersi per fare in modo che le minacce e le intimidazioni di cui è fatto segno non si concretizzino definitivamente.
"Io non ho alcuna richiesta da fare al governo. So che il governo non può fare nulla. Le nostre richieste rimarranno senza risposta. Le elezioni a Takhar non saranno leali, le serrature delle urne elettorali sono tutte di plastica. Loro possono facilmente romperle e le schede con i voti possono essere sostituite", ha dichiarato ad HRW una candidata al Consiglio Provinciale.
E' una prospettiva realistica, eppure la semplice scelta di candidarsi rappresenta da sola una sfida dirompente ed eversiva di tutto il sistema. Indotte ancora a restare relegate in casa, a non esprimere opinioni, a non mostrarsi in pubblico, a dipendere da un parente maschio per ogni necessità di spostamento, prive di mezzi economici adeguati, le candidate si trovano a fronteggiare ostacoli quasi insormontabili: fare campagna elettorale comporta uscire di casa, parlare in pubblico, mostrare il volto e magari diffondere le proprie fotografie, sempre che si possano sostenere le spese per la propaganda. Viaggiare, specie nelle aree rurali di ogni provincia, è oltremodo rischioso e farlo senza scorta armata può essere fatale. Il lungo elenco di minacce, aggressioni, pesanti pressioni - dalle molestie telefoniche, alle intimidazioni da parte di uomini armati per strada, agli attacchi dinamitardi alla propria casa, al licenziamento dal posto di lavoro, alle sassate, al ferimento con armi da fuoco e alle minacce di morte - tracciano un panorama disperato delle possibilità di realizzare una campagna elettorale e un voto che abbia qualche parvenza di democrazia. "La sicurezza è diversa per uomini e donne. I candidati uomini hanno messo le loro foto ovunque nei bazar. Le donne candidate non possono farlo, perché hanno paura. Qualcuno può arrivare di notte e ucciderle. Può succedere qualsiasi cosa. I signori della guerra governano. Possono fare quello che vogliono. "I comandanti hanno un sacco di fucili", ha detto una candidata di Kandahar il 27 luglio scorso.
Negli ultimi sei mesi, la violenza sembra incontrastata. Dal marzo ad agosto del 2005 sono state uccise più di 700 persone. Il 10 agosto, ad esempio, una contadina è stata assassinata dai talebani perché accusata di essere "una spia degli americani". In questo contesto anche semplicemente registrarsi nelle liste elettorali ed andare a votare può essere troppo rischioso. In alcune provincie infatti la percentuale delle donne votanti nella consultazione presidenziale dello scorso anno è stata irrisoria: le donne erano il 2% dei votanti in Uruzgan, il 7% in Helmand, l'11% in Zabul, il 22% a Kandahar. E i numeri nascondono realtà ben peggiori: "Un uomo anziano ha votato per tutta la sua famiglia. Ha votato con 12 tessere", ha denunciato una osservatrice alle elezioni nella provincia di Kandahar.
In quest'ultimo mese prima delle elezioni, cioè drammaticamente in ritardo, si è intensificata la campagna per ottenere nuove registrazioni di elettrici, ma in alcune aree - sempre a causa della mancanza di sicurezza - è quasi impossibile reclutare scrutatrici donne per realizzare le elezioni e la scarsità di personale femminile sarà un ulteriore grave ostacolo per le donne che volessero recarsi a votare. E' in ritardo anche il lavoro di informazione ed "educazione civica" rivolto alle donne, ancora (secondo dati Unicef) analfabete all'86%. La difficoltà di accesso alle informazioni è comunque un ostacolo condiviso da tutte le donne, comprese le candidate, che restano spesso all'oscuro persino delle procedure elettorali, tagliate fuori dai luoghi istituzionali e dagli apparati dei partiti nelle cui liste sono candidate.
Quasi tutte le candidature femminili risultano indipendenti nelle liste dei partiti, anche se talvolta sono stati al contrario i dirigenti fondamentalisti dei partiti più influenti ad aver sollecitato la loro iscrizione per coprire le quote riservate alle donne. I partiti escludono in realtà le donne in modo sistematico da tutte le posizioni di potere e utilizzano le candidature femminili in modo apertamente strumentale.
Questi partiti contano sui propri apparati di controllo militare, politico e mafioso per assicurare l'elezione dei loro uomini e ottenere una legittimazione al potere conquistato senza il consenso della popolazione.
"Io non ho raccomandazioni per la comunità internazionale, perché la comunità internazionale sostiene i signori della guerra, non sta dalla nostra parte, con la gente. Due anni fa avevamo davvero speranza, adesso la gente ha perso la speranza. I poveri sono diventati più poveri e i ricchi sono diventati più ricchi. La comunità internazionale dovrebbe fare altre cose per fermare il terrorismo. Se costruissero ospedali, strade e scuole per la popolazione, la popolazione non lascerebbe che i terroristi li distruggessero. La comunità internazionale ha sostenuto i terroristi e ha indebolito la gente." Questo ha dichiarato una candidata indipendente di Herat, e secondo HRW questa percezione è condivisa da molte donne, "frustrate dall'inadeguata presenza di truppe di peacekeeping, dal lento procedere del disarmo delle milizie, e dal continuo sostegno internazionale ai signori della guerra che collaborano con le attività contro-insurrezionali". "Mentre i talebani cercano di distruggere le elezioni e i signori della guerra di dominarle, essi sono simili nelle loro tattiche di violenza e le loro intimidazioni possono essere controllate solo attraverso l'imposizione del ruolo della legge - che in Afghanistan richiede cooperazione di truppe internazionali" osserva HRW. Come sostiene una candidata di Kunduz, "le elezioni dovrebbero avere luogo dopo il disarmo totale". Infatti "adesso che i signori della guerra sono di nuovo nella lista dei candidati, è duro avere speranza. I comandanti hanno soldi, comprano i loro voti, promettono cose alla gente, e soprattutto hanno potere ed influenza. E' ancora il potere delle armi".
Anche per questo perseguire penalmente i responsabili di 25 anni di crimini di guerra è una esigenza da cui non si può prescindere per mettere fine agli abusi presenti. Molte donne intervistate da HRW hanno rivelato i nomi di comandanti implicati in crimini di guerra che ora minacciano i candidati rivali nelle loro province, e riferiscono di aggressioni da esse stesse subite e denunciate invano alle autorità competenti. Riferiscono anche sulla corruzione che gli stessi comandanti esercitano persino sui dipendenti della Commissione Elettorale (Joint Electoral Management Body) inducendoli a fare campagna elettorale per loro, e non rispettando le regole stabilite dalla legge elettorale; minacciando di licenziamento i dipendenti delle pubbliche amministrazioni locali nel caso non li votino, e abusando in ogni modo del proprio potere.
Tuttavia, le segnalazioni inoltrate anche formalmente per denunciare violenze e irregolarità non hanno sortito alcun effetto visibile: candidati impresentabili non sono stati cancellati o, a dozzine, sono stati addirittura reintegrati nelle liste, e le persone che si sono esposte denunciandoli non hanno ricevuto alcuna informazione sulle procedure di indagine eventualmente attivate per accertare i fatti e le responsabilità.
L'impunità resta quindi il principale ostacolo alla partecipazione delle donne al processo elettorale, è lo scoglio sul quale naufraga ogni illusione di democrazia. Il disarmo, la prima misura indispensabile. E nell'emergenza di questo ultimo mese, ecco quanto si può e si deve esigere dalla comunità internazionale: la presenza di forze internazionali di interposizione come l'Isaf non limitate a Kabul ma estese a tutto il territorio; la presenza di osservatori internazionali fin nelle più remote province; risorse per finanziare gli spostamenti e la scorta delle candidate durante la campagna elettorale e durante le elezioni; immediate indagini ad ogni denuncia di violenza contro candidate, anche formulate telefonicamente, e risorse per garantire prontamente condizioni di sicurezza; esclusione dal processo elettorale dei candidati che minacciano o eseguono violenze ai danni di candidate o personale elettorale.
Il documento di HRW è disponibile in inglese nella versione integrale sul sito www.hrw.org