LE DONNE AFGHANE SOFFRONO ANCORA.
DIRITTI: NONOSTANTE LE PRESSIONI OCCIDENTALI, MOLTE LEGGI NON SONO CAMBIATE DALL'EPOCA DEI TALEBANI E LE CARCERI SI RIEMPIONO DI NUOVO


settembre 2002, dal Sun Jurnal - 27 luglio 2002.
traduzione di Giovanna Gagliardo

Kabul, Afghanistan - Avvolte in coperte e sciarpe variopinte, le sei detenute stanno schiacciate alle pareti di una cella della prigione femminile di Kabul.
Marzia, di 28 anni, non è riuscita ad ottenere il divorzio dal marito cinquantacinquenne, che l'ha tenuta chiusa a chiave in una stanzetta umida con i piedi incatenati per un mese.
Nilofar, di 16 anni, e Fariba, di 19, si sono innamorate dei loro vicini di casa e hanno cercato di scappare con loro. Quando Fariba si è rifiutata di sposare un cugino, il padre ha minacciato di farla a pezzi e consegnarli al cugino. Questi da parte sua le ha mandato un messaggio dicendole che l'avrebbe ammazzata non appena avrebbe messo piede fuori dal carcere.
Il 13 novembre, dopo che i talebani hanno lasciato Kabul, le carceri femminili si sono svuotate. Ma negli ultimi sei mesi hanno iniziato a riempirsi di nuovo, e per gli stessi crimini che venivano puniti durante l'era dei talebani. Delle 29 detenute, la maggior parte è stata arrestata perché ha tentato di fuggire con il ragazzo che amava o per aver abbandonato la propria casa, sei sono accusate di adulterio, una di omicidio ed una di furto. Nonostante le pressioni occidentali per una maggiore attenzione ai diritti delle donne in Afghanistan, molte leggi che riguardano le donne non sono cambiate, ed esiste poca chiarezza sull'intento della normativa. In Afghanistan vige un duplice sistema legale, che prevede la sharia, o legge islamica, e alcune parti del codice civile che esisteva prima del 1966, quando i talebani hanno assunto il controllo del Paese dando alle fiamme tutte le leggi contemporanee, gli archivi ed i libri legali. In base alla sharia la parola di un uomo vale due volte quella di una donna. Convincere un tribunale che una donna è stata picchiata dal marito o violentata, e riuscire ad ottenere un divorzio è difficile.
Una donna o una ragazza che denuncia un caso di violenza sessuale ma non riesce a provare di aver opposto resistenza può rischiare l'accusa di fornicazione. Rana, investigatrice quarantenne della polizia, che ricopriva questa posizione anche durante il regime dei talebani, sostiene che lo stupro è fisicamente impossibile e che quindi il reato non può esistere. Rana è responsabile delle indagini relative a tutti i crimini che coinvolgono le donne. Sbirciando attraverso delle lenti spesse, cerchiate di nero, paragona lo stupro ad un ago col filo.
"E' possibile forzare il filo attraverso la cruna se l'ago non sta fermo?", chiede, suggerendo che nessun uomo potrebbe costringere una donna a fare sesso se questa opponesse davvero resistenza
Secondo Sherin Aqa Manawee, vice della corte suprema dell'Afghanistan, la sharia ammette il diritto di uomini e donne a scegliere il proprio sposo, se non sono già fidanzati - e il padre della donna non ha alcun diritto legale di intervenire.
Ma raramente le cose vanno così. La legge contrasta con l'antica tradizione afghana secondo la quale le famiglie scelgono lo sposo o la sposa. Le donne e le ragazze che fuggono dalla casa del padre, dal marito o da altri parenti maschi vengono arrestate e portate in prigione, dove rimangono a languire fino a quando vengono reclamate da un parente maschio.
Martin Lau, un esperto dell'islam presso la London's School of Oriental and African Studies afferma che alcuni reati - come il diritto d'onore, per il quale un parente di sesso maschile può uccidere una donna della propria famiglia colpevole di aver disonorato la famiglia - sono più una questione di tradizione che di legge.
"E' una consuetudine, non si tratta di legge islamica. Non c'è alcun punto nella legge islamica che riconosca ad un uomo tradito il diritto di farsi giustizia con le proprie mani".
La detenzione delle donne che scappano via da casa fa parte di una cultura che le tratta come dei minori, le loro vite governate dai parenti maschi. Secondo la legge applicata dai talebani e ancora ampiamente in vigore, una donna deve essere rappresentata dal suo tutore maschio o dal marito in tutti i procedimenti legali. In un Paese dove i rapporti all'interno del clan giocano un ruolo fondamentale, una donna deve contare sui propri parenti maschi per portare avanti la sua causa con la polizia ed i funzionari del tribunale. Per le donne afghane, il sistema legale è opaco e terrificante.
Marzia ha trascorso otto mesi in prigione perché ha chiesto il divorzio. Un mese fa è stata rilasciata in attesa del processo, ma potrebbe essere rispedita da suo marito se il tribunale le negasse il divorzio.
Adesso vive con un parente, uno zio di 95 anni.
E' stata sposata due volte. Il primo marito ha sposato una donna più giovane, ha divorziato da lei, e le ha preso la figlia di due mesi. Da allora Marzia non ha mai più rivisto la bambina.
A 18 anni un negoziante che aveva 27 anni più di lei l'ha presa come seconda moglie, ma il matrimonio non è mai stato consumato: "Mi ha detto di non avermi sposata per avere bambini. Voleva che lavorassi per la sua prima moglie".
Parecchi anni più tardi, quando Kabul era governata dal fondamentalismo islamico di Burhanuddin Rabbani, Marzia cercò di ottenere il divorzio. Ma il marito le negò il suo consenso e la fece restare in prigione per 18 mesi. Otto mesi fa Marzia ha nuovamente chiesto il divorzio, dopo che il marito, che lei dice è spesso arrabbiato e violento, l'ha incatenata in una stanza buia ed umida.
"Avevo fame e sete. L'altra moglie mi ha portato qualcosa di nascosto. La rispetto molto, come una madre."
Quando il marito ha nuovamente rifiutato di concederle il divorzio, è scappata. Ma lui è andato dalle autorità e l'ha fatta arrestare una seconda volta. Rana, l'investigatrice, ha corroborato la versione di Marzia dicendo che il marito, il negoziante, è una figura eminente con buone amicizie. Dopo la prima volta che Marzia è stata costretta a ritornare a casa, il marito la picchiava molto spesso, "quasi ogni giorno".
"E non ho mai litigato con lui. Non gli ho mai risposto malamente. Non ho mai gridato perché avevo paura. Mi sentivo colpevole. Mi vergognavo. Avevo molta paura che mi avrebbe ucciso".
Tre anni fa il marito le ha rotto tre costole con una bottiglia di Coca Cola piena perché aveva messo dello yogurt fresco in una terrina invece di lasciarlo in una borsa in un luogo fresco. Un'altra volta l'ha colpita con il manico di una pala.
Secondo Manawee, che ha 35 anni e ha iniziato a lavorare alla corte suprema dopo la caduta dei talebani, ottenere un divorzio potrebbe essere difficile.
"Non vedete la situazione in occidente? Lì ci sono molti più casi di divorzio che non in Afghanistan. Non vogliamo ripetere le esperienze negative che ci sono all'estero".
Le ragazze e le giovani donne detenute a Kabul per essere fuggite con l'uomo che amavano hanno tutta la spavalderia ed il coraggio delle eroine dei romanzi rosa ma appaiono timide. Nilofar, che proviene dalla provinciale Ghorband, abbassa la testa e si nasconde dietro ad un lungo scialle blu quando racconta la storia del suo amore per Anjamuddin, un autista ventenne che abitava nella casa accanto alla sua. Sostiene di essere determinata a non sposare il cugino scelto da suo padre. "Mia madre si è sposata con un parente, e non ha avuto una bella vita. Pure mia sorella ha sposato un parente di mio padre, e neanche lei è felice".
La coppia si è conosciuta vedendosi al di sopra di un muro di delimitazione, e si parlava ogni notte, bisbigliando per due ore attraverso il muro. Alla fine sono scappati, ma hanno trascorso insieme soltanto nove ore prima che fossero arrestati nella casa di un parente.
"So che per la famiglia è uno scandalo, ma non mi pento per nessun motivo. Io lo voglio sposare", ci aveva detto Nilofar ad aprile, mentre era ancora rinchiusa nella sua cella. Secondo Rana la famiglia non avrebbe mai acconsentito a questo matrimonio, ed esisteva anche il rischio che il parente rifiutato la potesse uccidere una volta uscita di prigione.
Ho chiesto a Nilofar se intendesse diventare una brava moglie e madre, o se avesse anche altri programmi, ma non le è stata data la possibilità di rispondere.
"E cosa potrebbe fare?" E' intervenuta Rana, sorpresa per la domanda "Non è istruita. Cosa può fare se non la donna di casa?"
Alla fine la donna più anziana ha avuto ragione. Durante la detenzione la volontà di Nilofar è venuta meno, e la ragazza si è piegata alla richiesta del padre di rinunciare al ragazzo che amava per sposare il cugino che non ama. Non appena ha acconsentito, un mese fa, è stata liberata.