DOVE SONO LE DONNE?
UN TEMA DA DIBATTERE.
L'AFGHANISTAN,
ED IN PARTICOLARE LE DONNE, HA BISOGNO DI UN MASSICCIO APPORTO
DI AIUTI UMANITARI E IL DISARMO SIA DEI TALEBANI CHE DELL'ALLEANZA
DEL NORD, SEGUITE DA ELEZIONI DEMOCRATICHE
novembre 2001, da Nation Magazine
22/10/2001 di Kathe Pollitt. Traduzione di C. Magni
Esiste un popolo più derelitto sulla terra delle donne dell'Afghanistan? Come se povertà, fame, malattia, siccità, città distrutte ed enorme crisi di rifugiati non bastassero, sotto il dominio dei Talebani le donne non possono lavorare, non possono recarsi a scuola, virtualmente non hanno alcuna cura sanitaria, non possono uscire di casa senza scorta maschile, vengono picchiate per strada se scostano il burqa obbligatorio persino per sedare un attacco di tosse. Le folli disposizioni dei Talebani hanno qualcosa della minuzia ossessiva degli statuti nazisti contro gli ebrei: niente tacchi alti (dal lussurioso tacchettio!), niente calzini bianchi (bianco è il colore della bandiera), vetri delle finestre che devono essere verniciate, cosicché nessun passante possa scorgere la temuta figura femminile celarsi in casa (questo particolare rigore, insieme al burqa, ha comportato un forte incremento dell'osteomalacia, una malattia ossea causata da malnutrizione e carenza di luce solare).Sino all'undici settembre, questa situazione ha sollevato modesta attenzione in occidente - molto meno della distruzione delle statue giganti dei Buddha di Bamyian. La "sinistra" è spesso accusata di "relativismo morale" e di un'indolenza "post-moderna" al giudizio, ma la nozione che la condizione della donna afghana sia un problema di cultura e tradizione e non materia da valutare per gli occidentali, era ampiamente diffusa fra tutti gli schieramenti politici.
Adesso, finalmente, il mondo presta attenzione ai Talebani, i cui giorni possono davvero dirsi contati ora che i loro sostenitori esteri - Arabia Saudita, Emirati Arabi, Pakistan - stanno ritirando il loro appoggio. La connessione tra fanatismo religioso e l'oppressione della donna è evidente (ed è applicabile non solo all'Islam - indicatemi una delle grandi religioni in cui l'inferiorità delle donne e il volere di Dio di porre loro e la loro sessualità pericolosa e infamante sotto il controllo maschile, non sia un tema centrale originario). Così come lo è la connessione di entrambi con terrorismo, guerra e atrocità. Non è un caso che così tanti giovani fondamentalisti islamici siano stati allevati in scuole religiose solo maschili, o che i video di Osama bin Laden per il reclutamento delle truppe, contengano donne occidentali in bikini come simboli del nemico.
Ma se il fondamentalismo richiede la repressione della donna, offrendo a disperati uomini senza futuro la soddisfazione psicologica e pratica di una superiorità istantanea su metà della razza umana, l'emancipazione della donna potrebbe essere la chiave per superarlo. Dove le donne hanno istruzione, cure sanitarie e diritti individuali; dove hanno potere politico, sociale ed economico - dove possono scegliere cosa indossare, chi sposare, come vivere - c'è una potente potenzialità per laicità, democrazia e diritti umani: quale madre istruita ed impegnata nella vita pubblica vorrebbe che la propria figlia fosse un'illetterata bimba meccanica, confinata fra le quattro mura della casa di suo marito, con nessun altro con cui parlare eccetto le altre mogli del coniuge?
I diritti delle donne sono cruciali per tutto ciò a cui si suppone tenga l'occidente: mortalità infantile (fra i bambini afghani, uno su quattro muore prima dei cinque anni), democrazia politica, libertà individuale, uguaglianza al cospetto della legge - per non citare la sicurezza personale. Ma dove sono le donne nel dibattito sull'Afghanistan, sul Medio Oriente e sul resto del mondo musulmano? Non si sente molto al riguardo delle decisioni politiche che colpiranno le donne, o su cosa vogliono. Gli uomini hanno armi e governi. Chi chiede alle donne dell'Arabia Saudita, nostro alleato, cosa provano verso le limitazioni stile-talebani alla loro libertà? Nel caso dell'Afghanistan, l'Alleanza del Nord si presenta ora all'occidente come amica delle donne. In un resoconto del New York Times ci si meravigliava dei limitatissimi permessi rilasciati alle donne nei territori in mano all'Alleanza del Nord per studiare e lavorare e indossare una copertura meno ristrettiva del burqa; si sfiorava inoltre il fatto che molti signori della guerra dell'Alleanza del Nord, sono essi stessi combattenti religiosi che non solo posero considerevoli limitazioni alle donne, quando detennero il potere fra il '92 e il '96, ma sospinsero il paese nella guerra civile, segnando un record di omicidi di massa motivati etnicamente, di stupri e d'altre atrocità, lasciando la popolazione così esausta che la promessa di ordine e legge da parte dei Talebani venne salutata come un sollievo. Tutto ciò è documentato sul sito di Human Rights Watch (www.hrw.org).
Ora più che mai, la Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (RAWA - Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane), che si oppone sia ai Talebani che all'Alleanza del Nord, in quanto violenti, illegittimi, misogini e antidemocratici, merita attenzione e sostegno. "Quel che ha bisogno l'Afghanistan non è una guerra" mi ha detto Tahmeena Faryel, rappresentante RAWA, attualmente in visita negli USA, "ma un massiccio apporto di aiuti umanitari e il disarmo sia dei Talebani che dell'Alleanza del Nord, seguite da elezioni democratiche. A noi non serve un altro governo religioso" ha affermato "lo abbiamo già avuto!" Le donne di RAWA sono un modello d'eroismo diverso che non un signore della guerra con un kalashnikov: in Afghanistan rischiano la vita dirigendo scuole segrete per ragazze, consegnando aiuti medici, documentando e filmando le atrocità dei Talebani. In Pakistan, hanno manifestato contro il fondamentalismo nelle città "talebanizzate" di Peshawar e Quetta. Molte persone, come le vittime dell'attacco al WTC, necessitano del nostro sostegno; così pure quelle afghane che stanno cercando di portare la ragione e la pace al loro miserevole paese. Per fare una donazione a RAWA, vedi www.rawa.org.