ALLE DONNE AFGHANE
CI LEGA UNA STRADA COMUNE
INTERVENTO
DI LUISA MORGANTINI ALLA PLENARIA DEL PARLAMENTO EUROPEO DEL 13
DICEMBRE 2001
gennaio 2002, da Luisa Morgantini.
"Continuo a vedere morti: il nostro è un paese cimitero. Noi continuiamo a esistere per liberarci dal terrorismo, dai signori delle guerre, anche dagli USA, che hanno creato Bin Laden e i talebani e per combatterli e ucciderli bombardano anche noi." Fatima parla al telefono da Kabul, che non ha mai lasciato, non è una profuga, è una dirigente del RAWA.
Dice che le strade di Kabul sono tornate ad essere popolate, i mercati sono pieni ma non ci sono soldi e le vedove continuano a vivere di carità, i bambini vanno nelle immondizie. Tutti hanno ancora paura. Qualche donna si è tolta o sollevata il burka, qualche uomo si è rasato, le musiche hanno ricominciato a suonare ma c'è la paura di punizioni e di vendette. Per questo, dice Fatima - e io sono d'accordo con lei - dovrebbe esserci una forza delle Nazioni Unite senza russi, americani, inglesi ma con contingenti di altri paesi: una forza multietnica e multireligiosa che operi per disarmare i gruppi militari.
Dei diritti delle donne afghane ne parlano tutti. Ottima cosa, purché le donne non vengano ancora una volta utilizzate per dare legittimità ad azioni di guerra. Per anni, donne afghane e anche europee hanno denunciato ad un occidente sordo la condizione di oppressione e di violenza del regime dei talebani. La guerra non è finita; non possiamo fingere e parlare solo di futuro e di ricostruzione. Sono stati fatti passi importanti per la presenza delle donne nella formazione del governo, ma non basta e non è finita.
Dobbiamo sostenere quelle donne democratiche che hanno una visione laica della costituzione e che, pur non negando le proprie identità, superano le divisioni etniche e tribali Molte di noi si sono incontrate con loro; insieme abbiamo - ne hanno parlato altrie parlamentari - elaborato rivendicazioni, ma abbiamo anche messo in gioco le nostre responsabilità.
Le mine che dilaniano i corpi sono prodotte dalle fabbriche occidentali; le cluster bomb, gettate a migliaia in questi giorni e rimaste inesplose, sono prodotte dalle nostre fabbriche; nostri i brevetti perversi che disegnano le mine a forma di farfalla o di bambola; nostre le cluster bomb gialle e carine, dello stesso colore dei sacchetti del cibo buttato dagli aerei. Alle donne afghane ci lega una strada comune, quella per la libertà e la giustizia per tutti e tutte. La risoluzione che votiamo oggi e l'emendamento Fraisse non dovranno restare parole morte, sulla carta, ma diventare pratica reale.