DONNE IN NERO CON RAWA
E HAWCA
LA
VOCE DELLE DONNE LIBERE NEL CUORE DELL'AFGHANISTAN
maggio 2002, da DAWN, 29/04/02;
traduzione di Laura Pucci
Nell'ottobre del 1999, durante la marcia per la Pace Perugia-Assisi, le Donne in Nero, che in quell'occasione tenevano anche il loro seminario nazionale, incontrano per la prima volta Orzala Ashraf, afghana, venuta in Italia per partecipare all'ONU dei Popoli; una giovane donna che, con la sua associazione (HAWCA - Humanitarian Assistance for the Women and Children of Afghanistan), aveva deciso di lavorare per la sua gente.
Nel novembre 1999 arriva in Italia Huma della RAWA (Revolutionary Association of Women of Afghanistan) anche lei giovanissima e anche lei con tante storie da raccontare. Nasce così l'incontro delle Donne in Nero con le donne afghane, un tenero filo che nel tempo si è rinforzato tanto da permetterci oggi di potervi raccontare la storia della nostra pratica politica con loro.La dolorosa voce delle donne afghane che sopportavano la tragica oppressione del regime talebano, che impediva loro tutto, anche di curarsi, non poteva essere lasciata disattesa. Cominciammo a sostenere il processo di emancipazione e di empowerment delle donne afghane democratiche sia politicamente, cercando di dare visibilità alle loro richieste politiche in occidente e sensibilizzando l'opinione pubblica, sia attraverso la solidarietà, promuovendo una raccolta fondi per finanziare le loro attività.
Fu Luisa Morgantini, Donna in Nero ed europarlamentare, a fare il primo gesto politico nell'ottobre del '99, quando indossò al Parlamento Europeo il burqua che Orzala ci aveva regalato; durante la sessione plenaria lesse commossa una denuncia delle atrocità commesse dal regime dei talebani e chiese che quel governo non venisse riconosciuto dall'Unione Europea.
Dal 1999 a oggi abbiamo continuato a denunciare la situazione inumana in cui vivevano le donne ma anche gli uomini afghani sotto il regime fondamentalista talebano e abbiamo chiesto alle istituzioni di disconoscere quel governo, abbiamo portato le donne di entrambe le associazioni più volte in Italia per dare voce alle loro denunce. Le donne di RAWA e HAWCA erano meravigliate di trovare tanta solidarietà.
Per loro abbiamo raccolto fondi attraverso due campagne. La prima, Io donna dietro il burqa, è partita nel gennaio 2000 con lo scopo di finanziare scuole di alfabetizzazione e igiene di base per le donne in Afghanistan e per le profughe in Pakistan. L'istruzione, in un paese in cui la percentuale d'analfabetismo è dell'87% (e durante il regime dei talebani alle donne era vietato ogni tipo di attività, non solo il diritto all'istruzione), è fondamentale per garantire una speranza in un futuro diverso. Inoltre, nonostante i divieti e le minacce di morte a cui erano sottoposte durante il regime dei talebani, è stato, ed è tuttora, importantissimo per le donne dell'Afghanistan incontrarsi per confrontarsi, raccontarsi le loro storie, sostenersi a vicenda ricreando un minimo di socialità.
Dopo l'11 settembre davanti alla richiesta di aiuto e alla tragedia che si moltiplicava, abbiamo deciso di avviare una nuova campagna di raccolta fondi e aiuti, allargata al mantenimento delle scuole per i bambini/e, alla distribuzione di cibo vestiti e per garantire assistenza sanitaria.
Il nome della campagna (NAFAS/Respiro), sintetizza il significato nostro piccolo contributo. La campagna è partita a novembre del 2001 e ad oggi sono stati raccolti circa 205 milioni di lire, di cui 150 milioni sono già stati inviati alle due associazioni. Le spese che ha comportato finora la campagna NAFAS (ospitalità alle donne afghane nei loro viaggi in Italia e gestione in senso stretto) ammontano a circa 10.000.000 di lire.
L'HAWCA, con i soldi inviati, ha già aperto un "Centro di alfabetizzazione per le donne" a Kabul con una decina di classi nelle quali donne adulte e giovani ragazze che non rientrano nell'età scolare hanno la possibilità di studiare. E stanno aprendo altri 10 corsi di alfabetizzazione a Mazar-e-Sharif e uno a Nengarhar.Allo stesso tempo non abbiamo mai dimenticato la pratica della costruzione di una politica internazionale delle donne che parte dalla diplomazia dal basso come testimonianza ed esperienza. Invitando le donne della RAWA e dell'HAWCA in Italia, noi Donne in Nero abbiamo lavorato per far conoscere la situazione delle donne afghane alle istituzioni come alle persone comuni: noi stesse, dopo averle incontrate in Pakistan e in Afghanistan, ci siamo fatte testimoni. La nostra pratica di politica, infatti, si esprime anche visitando i luoghi difficili del conflitto per rinforzare le relazioni con donne che lavorano per la pace e per la democrazia.
In quanto pacifiste non violente non abbiamo mai creduto che l'attacco militare USA in Afghanistan servisse veramente a instaurare un regime democratico e a ristabilire nel paese i diritti umani, in particolare i diritti delle donne. Pensiamo invece che le donne sono state le prime vittime dei fondamentalisti jehadi e talebani e continueranno a esserlo fino a quando queste forze avranno potere politico e militare all'interno dell'Afghanistan.
Le Donne in Nero collaborano con le associazioni di donne RAWA e HAWCA perché hanno condiviso con loro l'idea dei principi di democrazia, di uguaglianza dei diritti tra i sessi e contro ogni tipo di fondamentalismo estremista e di guerra. La RAWA è un'associazione politica che opera tuttora in clandestinità: le loro incessanti denunce di criminali di guerra, di cui molti sono oggi membri autorevoli del governo a interim, mettono a rischio la loro incolumità. L'HAWCA è un'organizzazione non governativa di assistenza umanitaria e a partire dalla caduta del regime talebano ha potuto agire alla luce del sole. Entrambe le associazioni lavorano con afghane/i di diversi strati sociali e cercano di sensibilizzare, soprattutto attraverso le loro azioni, a un messaggio di democrazia, di uguaglianza e di pace tutti coloro con cui riescono a entrare in contatto.A seguito dell'attacco militare USA in Afghanistan tutt'oggi ancora in corso nonostante il silenzio dei media è stata organizzata una delegazione informale (diplomazia dal basso) che si è recata in Pakistan a novembre. Su iniziativa di Luisa Morgantini e delle Donne in Nero, donne italiane, parlamentari e rappresentanti di associazioni hanno testimoniato con la loro presenza la solidarietà tra donne, costruendo ponti e superando le linee che segnano i confini dei luoghi difficili. L'incontro è stato anche occasione di avviare uno scambio sulla visione politica riguardo all'attacco militare americano. Le donne della RAWA avevano sperato che l'intervento militare potesse sancire la fine del regime talebano e la fine dell'oppressione del popolo afghano, ma ben presto le speranze si sono dissolte sotto la polvere dei bombardamenti indiscriminati.
Gli USA avevano garantito che avrebbero colpito solo postazioni "militari" ma, come sempre, le cose sono andate diversamente: oggetto dei bombardamenti sono stati sedi di ospedali, sedi delle Nazioni Unite per lo sminamento, interi villaggi contadini rasi al suolo e così via. Migliaia sono state le vittime civili.
La RAWA si auspicava inoltre l'intervento di una forza multilaterale sotto l'egida delle Nazioni Unite per il disarmo dei fondamentalisti afghani.
La RAWA critica l'attuale governo ad interim di Karzaj, imposto da accordi tra Stati Uniti e i suoi alleati (tra cui l'Italia), il fronte mujahidin dell'Alleanza del Nord e le altre fazioni fondamentaliste divise su base etnica; sono questi gli stessi criminali che tra 1992 e 1996 hanno scatenato una sanguinosa guerra civile che ha visto la distruzione del paese e più di 60.000 morti, che hanno rapito e violentato migliaia di donne e che non esiteranno a scatenare una nuova interminabile guerra civile per assicurarsi il controllo del paese e il potere.
L'HAWCA benché non si sia espressa in maniera pubblica, ha sempre sostenuto di essere contraria all'attacco USA perché ha colpito di nuovo il popolo afghano innocente e oppresso da 23 anni di guerra.Per l'8 Marzo le Donne in Nero hanno organizzato un'altra delegazione di 16 donne che si è mossa con il proposito di festeggiare con le nostre amiche il primo 8 marzo dalla fine del regime talebano a Peshawar, città Pakistan con la più alta concentrazione di profughi afghani, e a Kabul. La delegazione si è divisa in due gruppi. Siamo tornate da Kabul e da Peshawar in Italia con il loro appello alla giustizia, perché senza questa non sarà possibile costruire un futuro di pace in Afghanistan. L'Afghanistan è un paese completamente devastato, costellato di macerie e di mine, con una popolazione ridotta alla fame, alla prostituzione, che continua a essere percorso dalle scorribande delle milizie al soldo dei vari signori della guerra che si contendono il territorio. Le donne per strada indossano ancora il burqua e se lo tolgono solo nei luoghi chiusi, sanno che il loro futuro è incerto, privo di sicurezze, hanno paura e il burqua è solo un fragile scudo contro la violenza e le minacce dei fondamentalismi.
Le donne dell'HAWCA ci hanno raccontato che i profughi afghani, malgrado la situazione di insicurezza, ora cercano di rientrare in Afghanistan perché l'UNHCR ha promesso loro di dargli delle scorte alimentari e un piccolo aiuto monetario (circa 100$). Ci hanno detto dell'atteso arrivo del re Zahir Sha (oggi già in Afghanistan) in cui tanta gente spera, perché convinta che sia l'unica persona capace di portare la pace nel loro paese, perché non si è macchiato di atrocità quando era a capo del governo ed è, malgrado la sua carica di re (che non vuole riassumere), l'unico rappresentante della società civile, colta e democratica che non ha accettato compromessi col fondamentalismo.
Le donne della RAWA ci hanno palato delle difficoltà che devono affrontare nell'operare in clandestinità in Afghanistan, i loro timori sulla formazione della Loja Jirga, l'assemblea dei saggi che si riunirà in giugno per decidere il futuro governo del paese.
Vi parteciperanno molte fazioni di fondamentalisti che vogliono continuare a gestire il potere come sempre hanno fatto. RAWA, a questo proposito, ha ribadito la denuncia che fa ormai da mesi: "fuori i criminali dell'Alleanza del Nord e gli altri fondamentalisti che attualmente si trovano al governo" **.La RAWA chiede che alcuni di questi assassini siano giudicati da un tribunale internazionale sui crimini di guerra per la loro fama di massacratori, per aver depredato i beni nazionali e le ricchezze archeologiche, per aver commesso le peggiori atrocità ai danni della popolazione afghana.
"Questi sono coloro che prima ancora dei talebani hanno dichiarato che la democrazia e le elezioni sono pratiche blasfeme, concetti eretici; con una dichiarazione congiunta di tutti i partiti della jihad hanno imposto il velo, insieme ad altre vergognose restrizioni alle donne.
La gente di tutto il mondo deve sapere che il numero delle violenze su donne e bambine dai 7 ai 70 anni commesse dall'Alleanza del Nord è superiore a quello perpetrato dai talebani."
Il 5 marzo 2002 RAWA ha firmato un protocollo di intesa con il Governo Basco per chiedere l'istituzione di un tribunale internazionale che giudichi le atrocità commesse dai vari criminali di guerra in Afghanistan a partire dagli anni '80. Chiedono di essere sostenute durante la 58ª sessione della Commissione dei Diritti Umani per tutto ciò che riguarda la violazione dei diritti umani in Afghanistan non solo perpetrati dai Talebani ma anche dall'Alleanza del Nord dopo l'invasione sovietica.
Chiediamo a tutte le donne e gli uomini democratici, alle associazioni, alle istituzioni, ai partiti, ai sindacati di unirsi a questa richiesta per la giustizia e per la democrazia e di sottoscrivere l'appello che sarà poi consegnato al rappresentante delle Nazioni Unite.
È importante continuare a raccogliere amplificare la voce delle coraggiose donne afghane affinché chi decide i destini del mondo, sappia che esiste una opinione pubblica attenta, che non dimentica e che non si lascia ingannare dall'apparato e dai cerimoniali di una democrazia fittizia.** A titolo di esempio:
Haji Muhammed Muhaqqiq, Ministro della Pianificazione, è uno dei leader del Hezb-i Wahdat (Partito Islamico di Unità) le cui forze armate furono accusate dalla Croce Rossa Internazionale di violenze contro donne e adolescenti, esecuzioni di massa, torture e sequestri.
Yunus Qanuni, Ministro degli Interni, difende la pena di morte dettata dalla sharia, e nel 1992 dichiarò che le esecuzioni pubbliche servono per stabilire l'ordine e la pace.
Abdullah Abdullah e Mohammad Fahim, rispettivamente Ministro degli Affari Esteri e della Difesa, ricoprivano gli stessi incarichi nel governo dei mujahidin che ordinò alle donne di coprirsi con il burqua nel 1992, proibirono le trasmissioni radiofoniche musicali e licenziarono le donne che lavoravano nella Televisione Nazionale.Riteniamo fondamentale che la nostra attenzione, continuamente sollecitata da sempre nuovi scenari di conflitto, non perda la tensione che nei primi mesi di guerra, come anche prima dell'11 settembre, ci ha fatto stringere un vincolo di solidarietà umana e politica con le donne afghane.
Continueremo a sostenere le due associazioni attraverso la Campagna NAFAS per finanziare le loro attività avviate già da tempo che non sono semplicemente umanitarie: ogni bambino che riceve istruzione è un'arma in meno in Afghanistan.
Nelle scuole dove si educano all'uguaglianza bambini e bambine si fa un lavoro molto più profondo della semplice alfabetizzazione. Nelle scuole per donne adulte dove si impara a leggere e a scrivere si impara anche a prendere coscienza di se stesse e a sviluppare un processo di empowerment all'interno della società che sarà irreversibile.
Noi Donne in Nero crediamo che, a differenza della cooperazione internazionale, la politica non possa prescindere dal lavoro umanitario se si vuole sviluppare un processo di crescita della democrazia in un paese; ecco perché chiunque dona soldi alla campagna Nafas sa che i soldi non serviranno solo a puro scopo umanitario ma a costruire il futuro di un pezzo di società afghana
Da settembre saranno disponibili dei materiali che potranno essere messi a disposizione su tutta Italia:
- dossier Afghanisan
- mostra fotografica sull'Afghanistan dagli anni '70 e ai nostri giorni
- mostra di disegni dei bambini/e afghani per le scuole
- due video sulla situazione in Pakistan e uno della delegazione del marzo 2002
Donne in Nero da tutta Italia sono disponibili a partecipare a conferenze sul tema, inoltre verranno invitate delle donne afghane per parlare in prima persona.