I RIFUGIATI DIMENTICATI
ABBANDONATI PER DECADI, 2 MILIONI DI AFGHANI LOTTANO PER LA SPRAVVIVENZA IN PAKISTAN


febbraio 2002, di Michael Kamber. Traduzione di Laura Pucci

E' quasi mezzanotte a Peshawar, una piccola città nel nord-ovest del Pakistan e Adrogal Gul sta stendendo la coperta per prepararsi il letto. Il suo materasso è una lastra di cemento al riparo di un cumulo di rifiuti in un lurido parcheggio vicino alla Moschea Bianca della città. Il marciapiede è freddo, la sua coperta fine e forse è una fortuna, giacché è rifugio di parassiti che lasciano segni della grandezza di un nickel. Circa quaranta uomini coprono i marciapiedi all'intorno. Come Adrogal, quasi tutti sono rifugiati afghani. Se Adrogal è fortunato, non dormirà a lungo. La maggior parte delle notti i camion arrivano intorno alle due del mattino, con i clacson quale ruvida sveglia del mattino. Gli autisti offrono turni lunghi e pochi soldi; se scelti, i lavoranti sgobberanno fino alle 7, caricando sacchi di cereali o ghiaia e pietre o pezzi per l'elettronica. La paga per 17 ore di duro lavoro? 50 rupie ovvero 82 cent. Adrogal porge una mano così gonfia e callosa da assomigliare ad un piccolo guanto da baseball, poi racconta la sua tragedia. "Sono arrivato in Pakistan da bambino, nelle braccia di mia madre" dice. A parte due brevi soggiorni in Afghanistan, egli ha vissuto tutti i suoi 22 anni in Pakistan, per lo più in campi per i rifugiati e accampamenti abusivi. Non ha ancora una cittadinanza. In effetti, non ha certificato di nascita o documenti di nessun genere.Ufficialmente Adrogal non esiste. E' ciò che il Pakistano chiama "un rifugiato illegale". Un tempo suo padre aveva un piccolo negozio dove comprava e rivendeva avanzi di carta e ossa e pezzi di corda che legioni di ragazzi qui raccolgono dal fosso. Anche ad Adrogal piacerebbe avere un piccolo negozio, e sebbene non abbia idea di come raggiungerla, qualche notte pensa a questa vita migliore mentre sta steso sulla nuda terra. Per due decenni, il Pakistan ha visto ondate di rifugiati arrivare dall'Afghanistan. Negli anni '80 fuggivano i Sovietici, agli inizi dei 90 i mujahidin; nel 96 dai Talebani. Oggi fuggono dai bombardamenti americani. L'Alto Commissariato ONU per i rifugiati ha tirato su tendopoli per accogliere quest'ultimo gruppo, il cui numero potrebbe raggiungere le centinaia di migliaia, e le organizzazioni umanitarie stanno raccogliendo disperatamente decine di milioni di dollari per pagarne l'assistenza. Tuttavia non un dollaro è destinato ai rifugiati afghani dimenticati, quei due milioni di espatriati che si stima già risiedano in Pakistan. "Il mio capo si è esaltato all'idea di tutti quei soldi che stanno arrivando per aiutare i nuovi rifugiati" ­ riferisce un funzionario ONU. Le ho chiesto "E i vecchi rifugiati?" Mi ha risposto:"Dimenticatene". Una minuscola percentuale di quegli afghani ­ mercanti, insegnanti e altri professionisti ­ è riuscita ad entrare a far parte dei ceti alti del Pakistan, ma la grande maggioranza vive in baraccopoli, in capanne di fango e grotte. I loro bambini soffrono di malnutrizione, quasi tutti sono analfabeti. In un paese dove il pakistano medio guadagna un dollaro e mezzo al giorno, gli afghani sono i più poveri tra i poveri, confinati ad una situazione di quasi permanente emarginazione. Quanto ai Pakistani, venti anni trascorsi a spendere risorse scarse per gli stranieri hanno messo a dura prova i loro impulsi caritatevoli. "Non riusciamo nemmeno a nutrire la nostra gente, come potremmo nutrire due milioni di afghani?" è il ritornello che più spesso si ode. E così gli afghani sono maltrattati e malaccolti nel paese che li ospita e incapaci di ritornare ad una madrepatria devastata da 22 anni di guerra, coperta con una distesa di dieci milioni, questa la cifra stimata, di mine antiuomo. Sebbene traumatizzati dall'esodo, molti dei nuovi rifugiati se la caveranno meglio dei loro concittadini che sono stati qui per anni. Una volta registrati presso l'Alto Commissariato ONU per i rifugiati, i nuovi arrivati riceveranno razioni di cibo, scuole, assistenza medica e un piccolo stipendio. Quelli che non riusciranno a registrarsi, le migliaia che superano il confine pakistano spesso chiuso usando le rotte dei contrabbandieri, semplicemente "spariranno" nel vasto sottobosco degli afghani che già vivono qui.